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Eravamo sei ‘Animali da bar’: quando la vita si affronta con una vodka in mano

Recensione dello spettacolo ‘Animali da bar’ in scena al Piccolo Eliseo dall’11 al 22 gennaio 2017

Ci sono uno scrittore alcolizzato che deve buttare giù un libro sulla Grande Guerra, una donna ucraina che affitta l’utero a una coppia di coniugi italiani, un buddhista inetto che subisce violenze dalla moglie, un imprenditore di un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia, un ladro di appartamenti paranoico e un vecchio malato e razzista: questi sono i protagonisti di “Animali da bar”, spettacolo firmato dalla compagnia Carrozzeria Orfeo che sta facendo il giro dei teatri italiani riscuotendo non poco successo.

I sei personaggi messi in scena da Beatrice Schiros, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi, Massimiliano Setti e Gabriele Di Luca, che ne firmano anche regia e testo, insieme alla voce fuori campo del ‘vecchiardo’ Alessandro Haber, dipingono bene il paesaggio urbano che può trovarsi all’interno di un qualsiasi bar di città o periferia oggigiorno. Fin da subito questi ‘animali notturni’ appaiono fin troppo simili a coloro che sono seduti in platea: disperatamente bisognosi di affetto e di attenzioni, desiderosi di essere importanti agli occhi degli altri e di ricoprire un ruolo sul grande palcoscenico della vita, queste sei creature sono legate tra loro da un filo invisibile che si chiama speranza. Ognuno di loro, infatti, si augura che accada qualcosa che possa cambiare la propria vita in positivo, riscattandoli: probabilmente è questa ‘sete’ dell’anima che spinge il corpo ad avvicinarsi al bancone del bar a chiedere da bere.

Questo microcosmo del bar riproduce efficacemente il macrocosmo della vita quotidiana di ciascuno di noi: ogni personaggio sembra incarnare un lato diverso dell’essere umano che, alla fine, deve arrendersi ai cliché o alla dura realtà della vita che, troppo spesso, costringe le persone a diventare ciò che non vorrebbero mai, ovvero la versione peggiore di se stessi. E se il buddhista riesce a rappresentare il lato positivo della vita perché vede sempre il bicchiere mezzo pieno, dovrà alla fine arrendersi anche lui alla pazzia e alle assurdità della natura umana lasciando che il suo lato più nascosto, forse il più vero e genuino, si manifesti deludendo così la donna che porta in grembo suo figlio. Una donna che è stata già segnata dalle brutture di questo mondo al punto da non stupirsi più di niente, ma che nonostante tutto riesce ancora a trovare dell’ironia, seppur noir, in ciò che le accade senza piangersi addosso, come invece fa Sciacallo, il ladro paranoico la cui ossessione è quella di riscattarsi agli occhi di chi lo ha deriso ed essere accettato per quello che è. Nonostante la dura società imponga regole e comportamenti a volte assurdi per continuare a farne parte, c’è chi accetta le regole del gioco come l’imprenditore di pompe funebri che ha le idee ben chiare e sa dove vuole arrivare per ottenere successo, mentre a chi del successo non importa niente è proprio il giovane scrittore che, attraverso la sua disillusione e il suo cinismo, riesce a vedere le cose per quelle che sono e a dar loro il proprio nome senza aver paura di pronunciare parole come fallimento, pessimismo e morte. Ed è così l’unico tra loro che sembra uscire dal giogo della vita come un vincitore sconfitto perché consapevole come pochi di come la ruota giri male.

Anche in quest’ultimo spettacolo, la poetica che contraddistingue la compagnia si evince dall’atmosfera di grottesca ironia e di sarcasmo presente in ogni battuta del testo. Un testo scritto davvero molto bene e che ha saputo catturare il pubblico del Piccolo Eliseo per tutta l’ora e mezza di messinscena perché descrive in modo schietto e sincero il malessere che affligge da sempre l’animo umano e che tende a prevalere quando la speranza di un mondo migliore si riduce a una piccola fiammella.

La costante ricerca di sviluppare testi profondamente legati a tematiche della contemporaneità è il tratto tipico dei lavori di Carrozzeria Orfeo, per cui l’emotività, l’immediatezza e il rapporto con il pubblico non smettono di rappresentare elementi di un’importanza fondamentale. ‘Animali da bar’ nasce proprio da un’attenta osservazione della realtà, che ha spinto attori e regista a esplorare diversi territori di scrittura, recitazione e messa in scena, trovando ispirazione e portando sul palco storie di cronaca del nostro tempo.

I cinque attori che vediamo esibirsi dimostrano di saper padroneggiare la scena teatrale e i suoi ritmi veloci con i dialoghi botta e risposta, e di saper entrare profondamente nei loro personaggi al punto da diventare loro in tutto e per tutto: così Beatrice Schiros appare talmente credibile nel ruolo di Mirka che ci si chiede se non sia davvero ucraina, o Gabriele Di Luca se non abbia preso troppo sul serio il proprio personaggio. Bravura ed efficacia nella messinscena fanno sì che la pièce piaccia e appassioni il pubblico in sala, curioso di sapere se la sceneggiatura ha avuto pietà di queste sei voci e sarà un lieto fine ad attenderli oppure se nemmeno nella finzione della realtà sia possibile sfuggire a un’amara sorpresa.

 

Diana Della Mura

16 gennaio 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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