Domenica, 24 Novembre 2024
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Una minuziosa Casa di bambola di cui si intravede il meccanismo

Recensione dello spettacolo Casa di bambola in scena al Teatro Vascello dal 26 gennaio al 5 febbraio 2017

Quante donne nella loro vita sono state Nora Helmer? Sicuramente troppe. Sono vittime di se stesse e di un legame che non ha nulla a che vedere con l’amore perché basato su deresponsabilizzazione, comodità, assenza di decisione: in questo modo evitano le possibili conseguenze che ogni scelta implica, comprese le occasioni di crescita interiore. Una gabbia dorata di premure superficiali e dialoghi artificiali, dove l’obiettivo è ferire il meno possibile e non provare dolore a propria volta: un modellino stereotipato di esistenza domestica a cui l’arguto titolo Casa di bambola fa giustamente riferimento.

Qui, infatti, tutto è finto:  l’allegria, la cura, la spensieratezza, i desideri, forse persino i baci. Avrà questa casetta così ingombrante, sebbene costruita idealmente a misura di giocattolo, fondamenta talmente robuste da resistere all’impatto con la realtà?

Sin dal suo esordio il testo e capolavoro di Henrik Ibsen ha scandalizzato, fatto discutere e immedesimare: tanto che a più di 100 anni dalla sua prima rappresentazione non ha perso nulla della propria carica interrogativa. L’adattamento portato in scena al Teatro Vascello, curato e prodotto dall’Associazione Teatrale Pistoiese, ha nelle potenti e visionarie scenografie di Giorgio Gori il suo massimo punto di forza: un interno elegantemente raffinato eppure inquietante, distorto com’è da alcune prospettive irreali e allucinate. È qui che vivono i signori Helmer: da un lato l’irrequieta, prolissa, garrente Nora (Valentina Sperlì) dall’altro il pratico, fintamente accomodante e inutilmente premuroso Torvald (Roberto Valerio). A separarli una cascata di parole che, in realtà, non vogliono dir nulla: lui la tratta come fosse una bambina, al massimo la madre dei suoi 3 figli, mai come una donna. Lei, dietro la superficialità dei suoi impegni, si occupa in gran segreto di fronteggiare ciò per cui non ha minimamente mezzi materiali o strumenti spirituali. A mettere in crisi questo fragilissimo - eppure funzionale - equilibrio congiureranno la prospettiva di una promozione a direttore di banca di Torvald; l’arrivo della Signora Linde (Carlotta Viscovo), ritrovata amica di Nora tornata dal passato; la malattia del Dottor Rank (Massimo Grigò), fraterno amico degli Helmer; il disonesto Krogstad (Michele Nani), un collega che rischia di essere licenziato da colui che a breve diverrà il suo nuovo capo.

Sicuramente i tratti e la fisicità nervosa di Valentina Sperlì rappresentano una tela ideale su cui dipingere la figura di una donna mai cresciuta, infantilmente ostinata a difendere la sua esistenza posticcia ma troppo sensibile per ignorarne le estreme conseguenze: il suo istrionismo, dunque, gioca un ruolo chiave nella riuscita della rappresentazione. Lo stesso, purtroppo, non può dirsi di Roberto Valerio: sebbene ottimo come adattatore e regista - lo dimostrano i tagli funzionali al testo originale e la disturbante lezione di danza impartita a Nora - nel ruolo di Torvald tende a strafare con il corpo e le intonazioni, fino a giungere a un finale talmente macchiettistico da sfiorare l’involontaria comicità. Un autentico peccato se si pensa all’immensa cura con cui è stato costruito e messo in scena lo spettacolo: i dettagliatissimi costumi di Lucia Mariani, le già citate scenografie di Giorgio Gori, il bel gioco di luci di Emiliano Pona fanno passare in secondo piano certe piccolissime inesattezze, come la mancanza di un ago in mano della Signora Linde mentre rammenda un abito. Ben più vistoso, invece, è quel forzato parossismo del protagonista che finisce con lo spezzare l’incanto scenico di un’altrimenti perfetta Casa di bambola, svelandone il meccanismo attoriale: gli ingranaggi in bella vista non rovinano certo un bel gioco, ma ne fanno svanire la magia.

 

Cristian Pandolfino

29 gennaio 2017

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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