Recensione dello spettacolo Torre Elettra, in scena al teatro Brancaccino di Roma dal 19 al 29 gennaio 2017
Al Teatro Brancaccino di Roma abbiamo assistito all’ultimo lavoro del giovane autore, regista e attore Giancarlo Nicoletti. Noto ormai al grande pubblico per la pluripremiata Trilogia del contemporanea, composta dai 3 capolavori Festa della Repubblica, Salvobuonfine e Kensinton Gardens, questa volta Nicoletti ci riprova con Torre Elettra.
Già il titolo ci lascia perplessi: che significato avrà l’accostamento di questi due termini? Torre ci fa pensare ai quartieri periferici di Roma ed Elettra è la protagonista di una delle tragedie di Sofocle, Euripide ed Eschilo, autori vissuti ai tempi Grecia classica. L’intuizione non viene smentita dalla visione dello spettacolo in cui le vicende del mito greco rivivono in una periferia romana non ben definita e vengono reinterpretati alla luce della sensibilità dell’ uomo contemporaneo. Ci accoglie una scenografia fatta di torri di scatoli allocati in una delle possibili “Torri” di Roma in un tempo futuro non altrettanto definito. A Torre Elettra si vivono i postumi di una terribile ribellione contro il governo che ha visto il disfacimento dello stato liberale e delle sue libertà democratiche. In questa atmosfera postrivoluzionaria, vige la legge del più forte. Qui si snodano le vicende di una famiglia che riecheggiano il mito di Elettra e suo fratello Oreste che uccidono Clitennestra e il suo amante Egisto che hanno causato la morte del marito di Clitennestra, adorato padre di Elettra. Odio e desiderio di vendetta serpeggiano in questo nucleo familiare alimentando soprattutto l’animo di Elettra che vive per vendicare il padre. Non è mai messo in discussione il concetto di vendetta personale a scapito del diritto nel senso occidentale del termine. Lo sviluppo delle vicende svelerà l’esistenza di legami torbidi tra i componenti familiari e alla fine, grazie ad una patologia infettiva chiamata Morbo di Tantalo, non sarà risparmiato nessuno.
Nel prosieguo dei capolavori precedenti, il testo di Nicoletti è drammatico e denso di tematiche interessanti, ne risulta una drammaturgia curata e ben riuscita. In essa viene sviscerata una serrata critica al concetto di stato e democrazia occidentale, giunti per certi versi al capolinea. L’interrogativo insistente che percorre tutta la pièce è se sia possibile ancora credere o affidarsi al funzionamento di una giustizia fino ad ora deludente. La risposta sembra essere solo la vendetta personale. A ciò si aggiungano i legami familiari non sani presenti nella famiglia della narrazione e ne viene fuori un quadro distopico in cui sembra non esserci possibilità di salvezza per nessuno.
Dunque un sottile filo conduttore sembra unire la storia dell’umanità dei tempi della Grecia antica ad oggi, in cui le conquiste democratiche sono profondamente in crisi. Una sensazione di angoscia, quindi, percorre tutta la rappresentazione e un clima asfissiante avvolge lo spettatore di fronte alle scene che scorrono lente al di fuori dello spazio e del tempo. La resa dei toni “tragici” è stata possibile grazie alla bravura di un cast ormai consolidato, i cui membri hanno già partecipato agli spettacoli riuniti nella Trilogia del contemporaneo, divenuto anche un libro edito da ChiPiùNeArt. Abbiamo ritrovato, infatti, Valentina Perrella in Alma, la novella Elettra, che pur cimentandosi in ruoli sempre diversi, riesce ogni volta a caratterizzare e a dare spessore ai suoi complessi personaggi femminili; Luciano Guerra nei panni di un Oreste meno definito dei personaggi greci,vche si presenta come un ignavo che non prende una posizione precisa all’interno del dramma familiare; Cristina Todaro che dà vita al ruolo della popolana Olimpia, compagna di Alma, esprimendo il sentire semplice ed immediato di una parte del popolo.
C’è poi Velia, la Clitennestra del 2000, interpretata da Liliana Massari con il suo novello Egisto, ovvero Matteo Montalto, ed infine Alessandro Giova nei panni di Valerio che rappresenta la figura dell’ intellettuale che ancora dà valore al concetto di democrazia occidentale, presentandosi agli antipodi del brutale e volgare Sergio, ovvero Egisto. La regia di Nicoletti si rivela, come sempre, attenta e meticolosa nei confronti di ciascun dettaglio, creando un apprezzabile risultato finale. Da vedere per riflettere sulla” società liquida” della realtà contemporanea.
Mena Zarelli
29 gennaio 2017