Recensione dello spettacolo Le Muse Orfane in scena al Teatro Argot dal 31 gennaio al 19 febbraio 2017
Una famiglia non si sceglie, nasci e te la ritrovi intorno che ti sorride, afferma lo scrittore Luciano De Crescenzo. Nel testo di Michel Marc Bouchard, Le Muse Orfane, al contrario quella che si para davanti agli occhi dello spettatore è una famiglia solo apparente, scomposta; ciò che lega i quattro fratelli protagonisti di questo dramma è solo un vincolo di sangue, senza il quale non avrebbero più nulla in comune.
Caterina (Antonella Attili), Martina (Stefania Micheli), Isabella (Elodie Treccani) e Luca (Paolo Zuccari) hanno perso la loro madre quando erano piccoli, da allora ognuno cerca di tirare avanti nella vita come meglio può. Caterina, la maggiore, è rimasta a vivere nella casa paterna insieme alla sorella più piccola Isabella, Martina ha scelto la carriera militare come suo padre (morto in guerra) emigrando in America e Luca è alle prese con un romanzo che scrive da vent’anni e che ancora non riesce a pubblicare. Ognuno di loro ha una particolarità: Martina è lesbica, Isabella agli occhi di tutti è additata come ritardata, Caterina ha sostituito la figura materna prendendosi cura di Isabella e Luca vive in cattività tra le pagine del suo libro e il ricordo della madre indossando i suoi abiti.
È sabato santo e Caterina è intenta a mettere ordine nella valigia contenente i vestiti della genitrice quando ecco che arriva Isabella che ha fatto appena ritorno dal paese dove è andata a comprare l’agnello per il pranzo di Pasqua. Ad un tratto la sorella maggiore le dice di uscire di nuovo per portare la valigia al parroco ma la ragazza si rifiuta. Comincia così un piccolo diverbio tra le due che sfocia in una più ampia discussione con l’arrivo di Luca il quale, come Isabella, non vuole disfarsi della valigia. Questi accusa la sorella maggiore di trattare Isabella come una deficiente, Caterina si difende dicendogli che tutto ciò che ha fatto per lei lo ha fatto per il suo bene. Intanto anche Martina fa ritorno dall’America convinta di aver preso una licenza per presenziare al funerale del fratello, in realtà si tratta solo di una bugia messa in piedi da Isabella che approfitta dell’occasione di avere i fratelli riuniti per accusarli di averle mentito: la loro madre, che da sempre le avevano fatto credere morta, è viva e sta venendo lì da loro. Il momento così straordinario di essere di nuovo tutti assieme dopo tanti anni diventa per i quattro fratelli occasione di confronto e di verità. Margherita Capuano, la loro madre, non è morta ma li ha abbandonati per seguire uno straniero spagnolo di cui si era invaghita durante la guerra. Questo suo atto snaturato però ha generato dei traumi nei figli a cui ognuno ha cercato di rifuggire in maniera diversa divenendo vittime non solo della solitudine per la grave perdita subita, ma anche vittima dei pregiudizi della gente del paese chiusa e conservatrice, che vive la diversità e la libertà come un affronto.
Michel Marc Bouchard, uno degli autori di punta del teatro canadese, s’interroga senza censure e pregiudizi sulla più grande fatalità della vita: la nostra famiglia, la nostra genesi. Quella di Bouchard non è una famiglia felice, ognuno cerca il sorriso e la propria felicità come, dove e quando vuole anche se questa il più delle volte può far paura. Caterina, Martina, Isabella e Luca sono esseri pieni di contraddizioni e fragilità, anelano all’amore ma si sottraggono ad esso (persino tra loro non riescono ad abbracciarsi o a lanciarsi in manifestazioni d’affetto), odiano ed amano al tempo stesso la loro madre, si rifiutano come fratelli eppure si cercano perché hanno bisogno l’uno dell’altro per compensare il vuoto che li circonda, dentro e fuori le mura di casa.
Le Muse Orfane è un continuo tendersi la mano l’un l’altro, le anime si cercano, si incontrano e si scontrano, i conflitti familiari esplodono in urla, lamenti, canzoni e ricordi, ma non restano metafore a sé stanti. Tutto sul palco prende voce e corpo: la disperazione, la rabbia, le paure, i sogni.
Ad un certo punto gli attori scambiano i loro ruoli per impersonificare la madre, l’amante, il padre, scelta condivisibilissima ma che può creare confusione agli occhi e alla mente di chi assiste alla scena, in specie durante l’atto finale quando Isabella si presenta ai figli nelle vesti della madre per rivelare loro l’ultima e sconcertante verità sulle muse orfane, quelle muse che da anni ispirano il romanzo di Luca tutto preso ad immaginare che ne è stato della vita di Margherita e che ne è stato della loro di vita.
Costanza Carla Iannacone
2 febbraio 2017