Recensione dello spettacolo Bedda Maki in scena al Teatro de’ Servi dal 31 gennaio al 19 febbraio 2017
“Si potrebbe definire una commedia virtuosistica perché riesce in circa un’ora e trenta a condensare una grande quantità di tematiche contemporanee senza mai annoiare né incepparsi in riflessioni saccenti”. Con queste parole la giuria della IV edizione del concorso Una commedia in cerca di autore® ha motivato la premiazione del testo Bedda Maki: come reSUSHItare il ristorante e vivere felici di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano. E non si può che essere d’accordo.
L’opera, attualmente in scena al Teatro de’ Servi di Roma e sapientemente diretta da Roberto Marafante, racconta con la giusta dose di ironia le vicende di un siciliano qualunque, Toni, e del suo ristorante, La Tonnara di Toni appunto, che, dopo aver sfamato e soddisfatto per anni gli appetiti e gli stili di vita dei milanesi, sembra non andare più bene. Ai milanesi, al figlio Calogero e alla stessa Maria, cameriera fedele da oltre quindici anni.
Centomila euro di debiti, tre rette da pagare all’università privata del figlio e neanche l’ombra di un cliente all’orizzonte: è questo lo scenario presente e futuro che Toni (Franco Mirabella) palesa a Maria (Caterina Gramaglia) e al pubblico in sala non appena si alza il sipario. E poco importa se il suo è il tonno di Trapani, “che più buono non ce n’è”, o se la parmigiana si fa con le melanzane fritte e non con quelle grigliate: qualcosa è cambiato, i tempi sono cambiati, Milano è cambiata. E guai a non essere alla moda (a Milano poi). Street food, fusion e macrobiotico: sono queste le parole d’ordine da cui ripartire per risollevare le sorti del ristorante “rinnovare il brand e cambiare marketing”.
Del resto come ricorda Calogero (Lorenzo Parrotto) a suo padre “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, a partire dal nome del locale. Ed ecco che tra diverbi generazionali, divergenze socio-culturali e culinarie basta il tempo del primo atto per arrivare ad un compromesso: Bedda Maki.
Risultato della fusione di due Paesi e culture differenti e di sapori e tradizioni molto distanti fra loro, l’esperimento siculo-nipponico a base di riso, tonno, pistacchio, zafferano e ovviamente melanzane fritte sembra annullare, almeno in apparenza, le resistenze di un uomo orgoglioso e legato al passato, alla tradizione e al menu come Toni. Riuscirà, però, a convincere anche il palato del critico e famoso food blogger Yannis Beretta (Arturo Scognamiglio)? Solo un hashtag potrà dirlo. Nell’attesa non resta che assistere ad un’esilarante commedia nella commedia che premia le doti canore e interpretative della Gramaglia, nelle vesti di una vedova geisha di Hokkaido, fa ulteriormente apprezzare il talento del giovane, ma non inesperto Parrotto, ora libero di dare sfogo alla sua arte e di ritrovare il legame con le sue origini, mentre svela i sentimenti nascosti di Toni (e conferma un Mirabella sempre più credibile nel ruolo del “fidanzato” geloso) e le reali intenzioni di Yannis (oltre che la bravura di Scognamiglio). Sul palcoscenico, insieme ai “fantastici quattro”, anche la ventiseienne Roberta Azzarone, catanese nella realtà, milanese e piuttosto snob sulla scena.
Agli attori, al regista e soprattutto ai due giovani autori della pièce va l’applauso del pubblico e il merito per una commedia che “con una scrittura sapientemente comica e fluida, vola leggera sui problemi mai risolti tra il nostro Nord e il nostro Sud, sulla crisi delle attività commerciali, sulla cucina italiana DOC, sulla spasmodica ricerca del nuovo ‘a tutti i costi’, sull’improbabile culto del mondo degli chef e molto altro”.
Concetta Prencipe
6 febbraio 2017