Giovedì, 21 Novembre 2024
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Giro di vite (e valzer di fantasmi) al Teatro Trastevere

Recensione dello spettacolo Giro di Vite in scena al Teatro Trastevere dal 7 al 12 febbraio 2017

Resta un mistero insoluto il fascino di raccontarsi storie di fantasmi, che il più delle volte avviene attorno ad un focolare. Sono storie dettate dall’inconscio, dalla fantasia, dalle apparenze, dalle paure… Ѐ quello che fa un gruppo di amici la Vigilia di Natale. Se poi è un bambino ad essere coinvolto nello spaventoso fenomeno, l’effetto è quello di un giro di vite. Se poi i bambini sono due...

 

È così che ha inizio Giro di vite, in scena al Teatro Trastevere ancora per qualche giorno per la regia di Vittoria Citerni di Siena, tratto dall’omonimo racconto dello scrittore statunitense Henry James.

La sala è completamente buia. All’apertura del sipario un uomo accende un fiammifero per fumare una sigaretta. Il suo nome è Douglas (Alessandro Giova), il narratore della vicenda cui stiamo per assistere. Già dalle sue parole trapela un che di spaventoso, oscuro, terrificante, e man mano che accende candele e candelabri comincia il racconto alternando la sua entrata e uscita sul palco con gli altri attori ed interpreti della storia. 

Siamo alla fine dell’Ottocento. Una giovane istitutrice (Laura Nasoni) risponde ad un’offerta di lavoro da parte di un ricco uomo d’affari di Londra. Il lavoro consisterà nel prendersi cura dei due nipoti dell’uomo, Miles (Gabriele Scopel) di nove anni e Flora (Sofia Mongelli) di otto, rimasti orfani e consegnati alle cure dello zio. La sede di lavoro si trova nella dimora di Bly, dove l’istitutrice conosce e stringe amicizia con la signorina Groose (Paola Bardellini), governante tutto fare che ha preso in mano le redini della situazione a seguito della scomparsa della vecchia istitutrice morta in circostanze misteriose. L’istitutrice accetta l’incarico, nonostante la curiosa condizione impostale dall’uomo: qualunque cosa succeda, lui non vuole essere contattato per nessun motivo ed ogni obbligo a Bly deve essere risolto da lei. Qui la donna fa la conoscenza di Flora e qualche giorno dopo di Miles, espulso dal collegio per un fatto increscioso. I due bambini sono adorabili, educati e di buone maniere, oltre che dotati di una intelligenza e di una ricettività fuori dal comune, ragion per cui per l’istitutrice risulta semplice affezionarsi a loro. Tuttavia, nei giorni a seguire la quiete a Bly viene turbata da alcune sinistre apparizioni che riguardano un uomo con i baffi ed i capelli rossi, ed una donna dal viso bianchissimo e vestita a lutto. Dopo essersi confidata con la signorina Groose, l’istitutrice scopre che le due figure corrispondono a quelle di Miss Jessel (Marilina Marino), colei che l’aveva preceduta nell’incarico di istitutrice dei ragazzi, e di Peter Quint (Luca De’ Pauli), maggiordomo e suo amante, anche lui morto in circostanze misteriose. Dopo i primi momenti di sgomento, la giovane donna, sostenuta moralmente dalla governante, decide di farsi coraggio ed affrontare le terrificanti apparizioni senza creare disturbo al suo datore di lavoro, proteggendo così Miles e Flora, convinta che siano loro i bersagli dei due fantasmi. In realtà i due bambini sembra sappiano molto di più di ciò che succede, e siano in realtà complici e non vittime di Peter Quint e di Miss Jessel… ma sarà davvero così? O è tutta una suggestione, una paranoia o una messa in scena?

Giro di vite diretto da Vittoria Citerni di Siena è uno spettacolo che mette i brividi, incute paura e tiene sempre sull’attenti. La scelta di mandare avanti le scene quasi sempre al buio si rivela un eccellente escamotage, così come la scelta delle musiche di sottofondo (curate da Pier Paolo Lucca), che accompagnano le battute degli attori, diventa un ottimo espediente per tenere alta la suspence tra il pubblico. Ne sono prova i sussulti, le urla di spavento – mischiate a quelle degli interpreti che hanno reso magistralmente le atmosfere cupe del momento – il continuo saltare sulle poltrone ad ogni passaggio o scia degli attori che, al buio, si mescolano con gli spettatori rendendo l’ambientazione più lugubre e satura di morte. Una nota d’apprezzamento va anche ai costumi di scena, curati da Simone Luciani, al trucco (Rossella Valensisi) e agli assistenti al trucco (Altea Lippman e Valentina Cinque), senza i quali lo spettacolo non avrebbe avuto i suoi “effetti speciali”, che hanno saputo coniugarsi sapientemente col gioco di luci e ombre offrendo ai personaggi un aspetto più tetro e spiazzante. 

Spiazzante come è il finale di questa storia, o racconto, o fantasia, spiazzante come la bravura di Gabriele Scopel che, nelle vesti di Miles, riesce a trattenere il mistero del suo personaggio fino alle ultime battute allineandosi col Miles dell’opera di Henry James. D’altronde, la chiave della storia resta proprio lui, e all’uscita dal teatro viene spontaneo chiedersi: che sia stata tutta una finzione invece che la realtà?

 

Costanza Carla Iannacone  

12 febbraio 2017

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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