Recensione dello spettacolo Il cappello di paglia di Firenze in scena al Teatro Goldoni di Livorno il 17 e 19 febbraio 2017
Dopo il debutto al Teatro Verdi di Pisa, una serata tra opera lirica e cinema è arrivata al Teatro Goldoni di Livorno con la farsa musicale Il cappello di paglia di Firenze, basata sull’omonima commedia di Labiche e Michel, con la regia di Lorenzo Maria Mucci e le musiche del celebre Nino Rota. La scelta di come è stato allestito lo spettacolo, si deve alla passione del regista per il cinema comico muto ed in particolare al film Un chapeau de paille d’Italie (1927) diretto da René Clair.
La trama può ricordare una commedia di Goldoni o di Molière. L’azione si svolge a Parigi nella prima metà dell’800: è il giorno delle nozze tra i giovani Fadinard ed Elena. Rientrato in casa, il giovane racconta allo zio Vézinet di essere andato nel bosco a cavalcare, ma che il destriero aveva mangiato un cappello di paglia appeso a un albero. Il copricapo apparteneva a una giovane donna, Anaide, che si trovava nel bosco in dolce compagnia del militare Emilio. Una volta uscito lo zio, i due irrompono in casa di Fadinard pretendendo di riavere il cappello (ignari del disastro che ha fatto il cavallo). Quando il giovane racconta l’accaduto alla coppia, la donna è terrorizzata, perché non avrà il coraggio di presentarsi dal sospettoso marito Beaupertis senza quel cappello. Da qui inizia una serie di tentativi, senza alcun risultato, per trovare in tutta Parigi un copricapo identico a quello di Anaide: prima in una modisteria, poi a casa di una baronessa, successivamente in casa di Beaupertis. A causa di tutto questo il matrimonio viene rimandato, ed il suocero Nonacourt insieme a tutti gli invitati (il coro) segue Fadinard di posto in posto, all’insaputa di quest’ultimo. La situazione alla fine è risolta grazie allo zio Vézinet che, come regalo di nozze, ha comprato un cappello di paglia di Firenze: i due si possono finalmente sposare e Anaide può tornare dal marito.
Il cast di questa messinscena è composto da cantanti tutti abbastanza giovani, provenienti da un importante progetto toscano, LTL OperaStudio, in cerca di nuovi talenti per l’opera lirica. Nel numeroso cast si sono distinti: Andrea Fermi (Fadinard), Veio Torcigliani (Nonancourt), Caterina Poggini (Anaide) e Alessandra Masini (la Baronessa).
La scenografia è stata creata da Emanuele Sinisi: uno studio cinematografico dei primi del ‘900 in cui si gira un film di fine ‘800 e proprio in questo, si nota l’omaggio al grande regista francese Clair, essendo il suo film Un chapeau de paille d’Italie girato nel 1927, ma ambientato alla fine dell’Ottocento. Sul palcoscenico, trasformato in uno studio cinematografico, vengono portati in scena diversi elementi, per ricreare l’ambiente richiesto dal libretto dell’opera tra cui: una tenda e delle sedie per la casa di Fadinard, un tavolo con nastri e cappelli per il negozio di modiste, una garitta per la piazza.
Nell’ultimo atto, il libretto richiede che nella piazza ci siano tuoni, lampi e pioggia. I primi due sono stati realizzati grazie alle luci curate da Michele Della Mea, per l’altro effetto, mentre i personaggi avevano degli ombrelli aperti, su Livorno si è abbattuto il diluvio, che si è sentito benissimo anche dentro il teatro e ciò ha reso la scena ancor più realistica.
I costumi, creati da Massimo Poli, hanno un taglio di fine ottocento e quindi adeguati alla scenografia. Gli abiti sono specchio delle varie classi sociali: le modiste sono vestite in modo abbastanza semplice, per le nozze dei classici indumenti per l’occasione, fino ad arrivare ad un abbigliamento più elegante per la scena in casa della baronessa.
Lo spettacolo andrà in scena anche il 4 e 5 marzo al Teatro del Giglio di Lucca.
Gabriele Isetto
19 febbraio 2017