Recensione dello spettacolo Le Baccanti - Dionysus il dio nato due volte, in scena dal 7 al 19 febbraio 2017 presso il Teatro Vascello di Roma
Applausi a scena aperta per “Le baccanti” di Euripide. La scena del teatro Vascello si riempie di suggestioni ed echi viscerali, di luci fumose e gemiti che rimbombano nel ventre, risvegliando negli spettatori istinti antropologici sbiaditi nel corso dell’evoluzione ma che non esitano a surriscaldarsi di nuovo dinnanzi all’odore della nostra reale natura. Daniele Salvo si dedica alla messa in opera di un progetto ardito, e per questo a tratti ancora in fase acerba, non mancando però il bersaglio e proponendo al pubblico contemporaneo un testo antico, reso incredibilmente attuale dall’esponenziale valorizzazione data al carattere emozionale della tragedia euripidea.
L’impatto scenico, dunque, funziona, e gli spettatori ne rimangono furiosamente investiti, risentendo, peraltro ,di una recitazione che, piacendo o non piacendo, in ogni caso fa vibrare i polsi, senza contare la peculiare attenzione riservata all’allestimento scenografico e ai costumi, minuziosamente realizzati e di sconvolgente bellezza. Eppure, al termine dei due atti, qualcosa manca. L’idea che traspare, infatti, parrebbe ignorare le reali intenzioni dell’autore, il quale, celando sotto un velo di sopita didattica la storia delle origini dei culti dionisiaci, si scaglia altresì in una feroce invettiva al sistema religioso e alla miserevole condizione di sottomissione che gli uomini devono, loro malgrado, accettare per sopravvivere. L’allestimento, dal canto suo, sembra, dunque, anestetizzare i rimbombi di denuncia che pulsano nelle parole di Euripide, e si focalizza piuttosto sulla sensazionalità, sulla frenetica necessità di scatenare una reazione fisica e mentale, attenendosi con totale esclusività alla rappresentazione degli stati alterati della baccanti e facendo del loro vigoroso ed irrazionale furore il vero spettacolo. Salvo spezzetta i tasselli drammatici per arrivare alla base del mosaico, alla pietra nuda e fredda che mette poi al servizio di sé e degli atri attori, offrendo loro del prezioso materiale per risplendere come divinità. Ne risulta, insomma, un prodotto che, seppur ben fatto, appare altamente autoreferenziale, ricco di emozioni mostrate e non vissute e di un’energia che, se soprattutto nella prima parte è persino eccessiva ed impiegata in funzione di un solo svenevole gusto di compiacersi della propria interpretazione, verso la fine addirittura si sporca e si percepisce come una fretta drammaturgica nel compimento della vicenda; l’imponenza delle scene si perde, perché la forza di questo lavoro risiede altrove, tra gli attori e nella loro recitazione, curata ma, francamente, narcisistica.
Giuditta Maselli
20 febbraio 2017