Recensione dello spettacolo Matti da slegare in scena al Teatro Vittoria dal 28 febbraio al 5 marzo 2017
Tornano a teatro i due comici più noti e apprezzati dal pubblico italiano, Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti, e lo fanno insieme a Gioele Dix, che firma la regia di questo spettacolo nato dalla penna dello scrittore norvegese Axel Hellstenius e già adattato per il grande schermo in ‘Elling’, pellicola che ha ricevuto una nomination all’Oscar nel 2001.
Solo assistendo alla messinscena però si può capire perché questa commedia val la pena di vederla: riadattata, oltre che diretta, dallo stesso Dix, la storia presenta al pubblico Giovanni ed Elia, due matti rinchiusi in una struttura psichiatrica ma in via di guarigione, tanto che sembrerebbero pronti a spiccare il volo e a tornare a vivere nel mondo reale. Con non pochi timori: Giovanni teme di non farcela a vivere da solo perché ha vissuto tutta la sua vita insieme alla madre cui era legato da un rapporto più che morboso, tanto che alla morte di quest’ultima inizia a dar di matto in quanto incapace di prendersi cura di se stesso e di rendersi indipendente; Elia d’altro canto è un uomo di 50 anni che ha sviluppato un rapporto particolare con il cibo e un’ossessione per le donne e il sesso, che purtroppo non ha mai sperimentato, per questo si consola ascoltando le storie inventate da Giovanni e sfogandosi con capocciate nel muro. Entrambi sono accumunati dall’essere stati vittima chi di genitori troppo inutilmente violenti e alcolizzati, e chi di genitori troppo possessivi che hanno impedito loro di crescere.
L’infanzia così trascorsa si è tradotta in deficit comportamentali che hanno portato entrambi a essere ospitati all’interno della stessa struttura psichiatrica. Dividendo la camera e facendo terapia con la stessa dottoressa, Giovanni ed Elia sono diventati amici e insieme sono migliorati al punto che la clinica decide di reinserirli nel mondo reale mandandoli a vivere in un appartamento: se riusciranno a dimostrare di sapersi integrare con il mondo circostante, potranno continuare a vivere la loro vita liberamente, altrimenti saranno rispediti in clinica. Inutile dire che entrambi troveranno non poche difficoltà a cavarsela da soli e a rapportarsi con gli altri, ma riusciranno a combattere pian piano timori e tic nervosi e a trovare il loro nuovo inizio nel mondo.
“Matti da slegare” si presenta come uno spettacolo comico ma non lo è del tutto, dato il tema delle malattie mentali, quindi si potrebbe definire una commedia dalle sfumature leggermente amare: i due protagonisti soffrono realmente delle proprie psicopatologie e in alcuni comportamenti sembrano rispecchiare un po’ tutti noi che, nonostante la sanità mentale, combattiamo contro i nostri mulini a vento quotidiani. Tra un tic e l’altro, si ride di gusto e anche tanto grazie all’innata verve comica del duo Covatta - Iacchetti, che si dimostra essere molto affiatato e in sintonia sul palco: le battute sono veloci e ritmate e il tempo scandito dai veloci e minimi cambi di scena, rende la messinscena vivace e per niente noiosa e così lo spettatore resta sempre attento a ciò che accade sul palco senza rischiare di annoiarsi. Il pregio del testo è quello di affrontare in scena un tema decisamente forte e importante quale quello delle malattie mentali, in modo leggero, frizzante e col sorriso sulle labbra perché l’intento della pièce è proprio quello di esorcizzare con la risata la difficile tematica della pazzia, e del matto che viene visto dagli altri come un diverso da allontanare e da emarginare, quando invece andrebbe aiutato e accettato così com’è, in quanto altro risultato dell’odierna società. Grazie a una escalation di risate e di riflessioni, i due protagonisti riescono a compiere un vero e proprio percorso mentale di crescita che li porterà a formare una improbabile famiglia allargata insieme all’assistente sociale e l’inquilina del piano di sopra, e impareranno ben presto a sfidare la realtà quotidiana trovando in essa la propria guarigione.
Diana Della Mura
3 marzo 2017