Venerdì, 01 Novembre 2024
$ £

Lo sguardo oltre il fango – La ragazza n°65738, amore, amicizia e orrore ad Auschwitz

Recensione de Lo sguardo oltre il fango – La ragazza n°65738 in scena al Sala Uno dal 28 febbraio al 5 marzo 2017

Lo sguardo oltre il fango – La ragazza n°65738 è il nuovo spettacolo di Simone Martino e Lorenzo Cioce, un dramma musicale che racconta la storia di un’affettuosa amicizia nata tra due bambini all’interno di un campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale.

 

Ziva (Margherita Rebeggiani) è una ragazza ebrea polacca di undici anni, deportata con la sua famiglia. Peter (Gabriele Trucchi) è un suo coetaneo tedesco, figlio del comandante delle SS in servizio nel lager. Tra i due nasce una forte sintonia che si trasforma in amore e annienta ogni differenza e lascia spazio solo al sogno di una vita condivisa fra disperazione e uno sguardo verso il futuro.

Intorno a loro e con loro si muovono altri personaggi: Gabriel, fratello di Ziva, anche lui detenuto nel lager; la famiglia, spaccata, di Peter; Anna, amica di Ziva nel campo e con cui lavora occupandosi di rammendare le divise dei reclusi; un tenente agli ordini del padre di Peter; un tutore, bambini ariani e altri prigionieri.

Affrontare un tema così forte e drammatico è sempre difficile e pericoloso: la ricostruzione deve essere più che mai precisa e aderente ai fatti; si devono evitare anacronismi o errori storici; bisogna avvicinare e raccontare l’argomento con enorme rispetto senza cadere in spettacolarizzazioni o manipolazioni sensazionalistiche.

Simone Martino e Lorenzo Cioce riescono pienamente in questo, scrivendo uno spettacolo tragicamente vero perché atrocemente fedele alla realtà, grave per il tema trattato, ma non pesante o noioso, riuscendo a stimolare la riflessione e scatenando forti emozioni.

Nei due atti viviamo un percorso che ci porterà a conoscere i personaggi nelle loro caratteristiche personali salienti per poi introdurci alle loro relazioni in cui troveremo commoventi amicizie e crudeli sodalizi, affetti strappati, dolori laceranti, disperazione, ma anche speranza, orgoglio e presa di coscienza.

Entreremo nel mondo di questi personaggi e, grazie ai loro grandi interpreti, vivremo lo strazio della deportazione, il dolore della separazione, sentiremo la fame e il dolore delle ferite, non solo quelle fisiche, ma soprattutto  quelle dell’animo.

Testo, musiche e liriche sono sapientemente allineate in un tutto omogeneo: non c’è un elemento espressivo che prevarichi sull’altro, ma c’è compenetrazione di diversi linguaggi.

Anche il cast è stato scelto con l’intenzione di creare un rapporto equilibrato tra canto e recitazione, privilegiando un approccio minimalista che dia spazio ai moti dell’animo più che puntare sulla semplice esibizione di belle voci (e c’è da dire che le voci sono bellissime). 

La partitura musicale è veicolata attraverso la leggerezza del suono di un pianoforte e di tre archi suonati dal vivo: un violino, una viola e un contrabbasso.

Il cast è composto da dodici bravissimi artisti che restituiscono forte tutta la tensione emotiva dei dei personaggi e la drammaticità della storia senza, però, eccedere, in toni cupi.

La regia di Giovanni Deanna è lucida e vera: non nasconde e non fa sconti ed è anch’essa indirizzata verso una potente espressione emozionale.

Completano l’allestimento i costumi di Rita Pagano, accuratamente creati su modelli originali con tanto di gradi  sulle mostrine e divise dei reclusi dipinte a mano, così come dipinto a mano è lo stendardo nazista, e le scene di Fabrizio del Prete.

La scenografia è divisa su tre campi di azione, tre spazi confinanti e che confluiscono l’uno nell’altro: in primo piano il salotto e la cucina dei Köller in cui si dipanano le dinamiche familiari. Subito dopo c’è quella che agli occhi di Peter sembra, vista dalla finestra, una fattoria, ma in realtà è il campo di concentramento: ci sono i pali, il filo spinato e i lampioni così come erano a quel tempo ad Auschwitz. 

In fondo, il cancello, su cui campeggia la famosa scritta Arbeit Macht Frei (il lavoro rende liberi) rivolta verso l’esterno: lo spettatore, infatti, la leggerà da dietro, rendendosi conto di trovarsi anch’egli all’interno del campo. 

Oltre, la libertà, tanto sognata, tanto desiderata. Oltre quel cancello va lo sguardo dei reclusi, lo sguardo oltre il fango.

Da segnalare, a fine spettacolo, la commozione generale della gente in platea, segno della presa che lo spettacolo ha avuto sul pubblico.

 

Flaminio Boni

3 marzo 2017

 

informazioni

Lo sguardo oltre il fango – La ragazza n°65738

Musiche Simone Martino 

Libretto Lorenzo Cioce e Simone Martino

Regia Giovanni Deanna

Supervisione artistica Andrea Palotto 

CAST:
ZIVA Żeleński: Margherita Rebeggiani
PETER KÖLLER: Gabriele Trucchi
COLONNELLO HANS KÖLLER:  Paolo Gatti
ILDE KÖLLER: Sharon Alessandri
HITLER/KRAMER: Giovanni De Filippi
GABRIEL Żeleński: Michelangelo Nari
AGNESE: Giulia Di Turi
TENENTE SCHWARZ: Michele Albini
ANNA: Julie Ciccarelli
Elsa: Chiara Del Francia

Bastian: Lorenzo Bernardini

E CON Barbara Pieruccetti  nel ruolo di  ADA KÖLLER

ARCHI DAL VIVO

  • Violino: Giada Nugnes
  • Viola: Benedetta D’Anghera
  • ContRabbasso: Marco Carbone

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori