Recensione dello spettacolo La Regina di ghiaccio - il musical, in scena al Teatro Brancaccio dal 9 al 26 marzo 2017
Quando si parla di musical, in genere, la prima reazione è quella di euforia. Seguono poi l'aspettativa, il divertimento, l'adrenalina, specialmente quando si ha a che fare con musical con protagonisti del calibro di Lorella Cuccarini, la cui verve è ormai – oltre ad essere nota a tutti – una garanzia. Peccato che questa volta con La Regina di ghiaccio non abbia funzionato.
A distanza di tre anni, dopo lo strepitoso successo di Rapunzel, la showgirl, attrice e ballerina italiana più amata e apprezzata dal pubblico è tornata a teatro con il musical La Regina di ghiaccio, liberamente ispirato alla Turandot di Giacomo Puccini, il cui debutto si è svolto ieri al Teatro Brancaccio e proseguirà la sua messa in scena fino al 26 marzo.
Protagonista indiscussa dello spettacolo è, appunto, Lorella Cuccarini che veste i panni della (malefica) principessa Turandot. Il testo è stato riadattato in chiave fantastica in maniera tale che la rappresentazione possa essere fruibile anche per i più piccini (pur se la storia è più matura rispetto a Rapunzel), la versione del musical vede infatti l'inserimento di tre figure inedite, ovvero le ancelle della Regina: Tormenta (Valentina Ferrari), Nebbia (Silvia Scartozzoni) e Gelida (Federica Buda). Il resto non si discosta molto dall'opera del compositore toscano.
Turandot, figlia dell'Imperatore (Paolo Barillari), sposerà il pretendente che risolverà tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti, chi non saprà risolverli verrà decapitato. Molti sono i giovani che accorrono per sposare la bella Turandot, accecati dal fascino della principessa, pur tuttavia costretti ad indossare una maschera per non incrociare il suo sguardo. La fanciulla è a sua volta vittima di un incantesimo scagliato dalle tre ancelle; soprannominata La Regina di ghiaccio la stessa non sembra essere in grado di amare, il suo corpo, così come il suo cuore, è gelido, fino a quando un giorno non giunge nel regno uno sconosciuto, il Principe Calaf (Pietro Pignatelli), l'unico che è riuscito fino a quel momento a scaldare e sciogliere il cuore di Turandot. Calaf decide allora di tentare anche lui la risoluzione dei tre enigmi, nonostante i tre ministri del regno, Ping (Giancarlo Teodori), Pong (Jonathan Guerrero) e Pang (Adonà Mamo) tentino di dissuaderlo dall'intento.
Calaf riesce a risolvere uno dopo l'altro gli enigmi e la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero. Ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora a Calaf e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena di odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il patto è accettato.
Quel che accade in seguito non può che finire nel migliore dei modi. Turandot riconosce in Calaf, Principe di Persia, tempo addietro spodestato con la sua famiglia dal trono, l'Amore e, pertanto, abbandonate le ultime remore, si concede a lui come sua sposa.
Senza nulla togliere alla regia, alle scenografie, ai costumi, trucco e parrucco, e pur apprezzando la bravura dei ballerini, il cast artistico e le musiche (eccezionale il brano Nessun dorma rivisitato in chiave pop, grazie all'estro di Davide Magnabosco), purtroppo La Regina di ghiaccio non soddisfa appieno le aspettative (almeno non quanto Rapunzel). Ci si aspettava più scenografia e più "effetto sorpresa" da un musical con Lorella Cuccarini, così come con i balletti (a differenza del precedente dove la showgirl danzava spesso assieme ai ballerini).
La Cuccarini non balla, canta semmai; sfoggia costumi favolosi ma la pièce prosegue lenta, a tratti monotona, senza tanti colpi di scen(ografi)a. Colpa forse della prima stampa nazionale che ha causato una fila per i biglietti che si spingeva fino fuori l'ingresso del teatro, ragion per cui l'inizio dello spettacolo è slittato alle 21.30 e si è concluso alle 23.47, accompagnato da un'organizzazione un po' confusa e da una fetta di pubblico (adulti e non) che ha poco gradito la performance.
Non solo. C'è da considerare anche la curiosità, l'emozione, il piacere stesso dell'attesa di ritornare a vedere la Cuccarini, che ha fatto sì che ieri sera la gente si riversasse a teatro carica di chissà quali fervori. Probabilmente il desiderio di vederla ballare sul palco (trascinati a danzare e a saltare a loro volta dalla sua stessa energia), rimasto poi inesaudito, ha generato negli spettatori un senso di delusione. Sicuro è che il tenore di un testo come Turandot, in questo caso, ha giocato in maniera molto svantaggiosa prima ancora per il lavoro e l'impegno della regia e di tutto il cast, e successivamente per il pubblico che lo si avvertiva "affaticato" nel passaggio tra una scena e l'altra, facendo difficoltà a seguire l'intera vicenda alle prese con uno spettacolo che non decolla e di cui la fine sembra sempre troppo lontana.
Costanza Carla Iannacone
10 marzo 2017