Recensione dello spettacolo Ho paura torero in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano dall’8 al 23 marzo 2025
Nel 1986, quindi ancora in pieno regime Pinochet, a Santiago del Cile vive la Fata dell’angolo (Lino Guanciale): un anziano travestito che, circondato dalle sue vecchie canzoni, stoffe da cucire e fantasticherie omosessuali, quasi non si rende conto di ciò che accade intorno a lui. La Storia, però, bussa alla sua porta nei panni di Carlos (Francesco Centorame): un giovane studente universitario, militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez. Approfittando del desiderio suscitato nella fata e con la scusa di lasciare alcuni scatoloni di presunti libri nella sua abitazione, in pratica Carlos trasforma quella casa di ninnoli e vezzi in un covo di cospiratori dove riunirsi con i colleghi per rovesciare il dittatore. Forte del fatto che la proprietaria viva in un mondo tutto suo. Ma è davvero così? O la Fata dell’angolo ha scelto deliberatamente di anestetizzarsi di fronte agli orrori della vita passata e presente ma per amore, e un futuro, sarebbe pronta a rinunciare a tutto?
Dopo aver debuttato l’anno scorso e in attesa di essere ospitato presso il Teatro Bellini di Napoli prima e il Teatro Argentina di Roma poi, lo spettacolo Ho paura torero - tratto dall’omonimo libro di Pedro Lemebel per la regia Claudio Longhi - torna al Piccolo Teatro Grassi di Milano con tutto il suo carico di personaggi dolceamari, tragici eventi storici, spassosissime trovate. Una lunga - ben 185 minuti incluso intervallo - e fedelissima trasposizione scenica del romanzo, tanto da mantenerne persino la quasi totalità dei dialoghi in terza persona. Durante la quale non ci si annoia mai grazie a una macchina teatrale di incredibile precisione: di fronte allo spettatore scorrono e prendono forma i corpi di rivoluzionari, marchettari, travestiti, mujeres del desierto, speaker radiofonici, addirittura lo stesso Augusto Pinochet e la sua prolissa consorte, doña Lucia. Passando per gite in montagna e interni lussuosi, scontri politici e manifestazioni di protesta, rievocazioni infantili e attentati. Merito di un modo di fare teatro contemporaneo eppure artigianale, dove le innumerevoli invenzioni sceniche si fondono perfettamente con il mestiere dell’attore in un meccanismo incredibilmente preciso, fatto di sapienti proiezioni e cambi di costume velocissimi, apparizioni e sparizioni di ambienti incredibilmente fluide, capacità di essere al servizio dello spettacolo sempre e comunque.
In tutta questa ben ordinata baraonda si ha, però, la sensazione che qualcosa sia andato perduto: il processo psicologico e umano per cui la Fata dell’angolo inizia a disfarsi di tutte quelle strategie posticce con cui si è costruita, tagliata e cucita un nido artificiale su misura delle proprie illusioni, il percorso sentimentale per cui Carlos da giovane approfittatore – benché mosso da alti ideali – è disposto a ripensare se stesso dopo aver visto ciò di cui quel cuore frocio - Pedro Lemebel rivendica il valore politico del termine maricón - è capace. Ciò si deve, principalmente, a una resa dei due protagonisti che rimane piuttosto superficiale: più istrionico Lino Guanciale, meno intenso Francesco Centorame, entrambi però non riescono a tradurre fino in fondo la complessità di quell’amore impossibile la cui rinuncia è estrema prova di sé. Così come Diana Manea, Sara Putignano e Giulia Trivero, attrici di sicura capacità, il cui stile ronconiano per antonomasia artificioso, non permette allo spettatore di credere fino in fondo a ciò che vede e sente. Discorso opposto per Mario Pirrello, il cui Pinochet è capace di inquietare persino nei momenti più camp, Michele Dell’Utri perfetto come militare così come nelle vesti de La Rana madre di tutti i travestiti, l’eclettico Daniele Cavone Felicioni impegnato con diversi personaggi di cui La Lupe è quello decisamente indimenticabile.
La sala gremita conferma la bontà della produzione firmata da Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e dall’intelligente opera di comunicazione che ha portato in sala un pubblico estremamente eterogeneo. A fine spettacolo è stato previsto un incontro riservato a un gruppo scolastico con cui gli attori si sono fermati per rispondere a domande e condividere impressioni. Un ottimo modo per avvicinare le nuove generazioni al teatro: in un mondo dove l’intrattenimento è sempre più virtuale assistere a una messinscena che rimane uguale pur cambiando ogni sera è senz’altro un atto più significativo che mai.
Cristian Pandolfino
16 marzo 2025
Immagine
Masiar Pasquali
Informazioni
Piccolo Teatro Grassi di Milano
Ho paura torero
Di Pedro Lemebel
Traduzione: M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi
Trasposizione: teatrale Alejando Tantanian
Regia: Claudio Longhi
Scene: Guia Buzzi
Costumi: Gianluca Sbicca
Luci: Max Mugnai
Visual design: Riccardo Frati
Travestimenti musicali a cura di Davide Fasulo
Dramaturg: Lino Guanciale
Assistente alla regia: Giulia Sangiorgio
Con: Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Sara Putignano, Giulia Trivero
Produzione: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Dall’8 al 23 marzo 2025