Recensione di ‘Il Tabarro’, ‘Suor Angelica’, ‘Gianni Schicchi’ di Puccini in scena al Verdi di Trieste
Il successo ha arriso ad entrambe le compagnie del Trittico pucciano a Trieste, ma certamente i due cambi, perché di così poco si trattava, hanno offerto visioni diverse ed equilibri vocali differenti nelle due opzioni.
Lo spettacolo, in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna, si conferma di grandissima potenza narrativa. L’idea registica di Pier Francesco Maestrini è realmente coinvolgente, ad ogni visione più ricca di spunti e riferimenti.
Sicuramente rende meglio con in scena personalità magnetiche forti, ma in ogni caso non ha cedimenti, tempi morti, incertezze e, superata la sorpresa, l’osservatore può farsi incantare dall’attenzione dimostrata per ogni particolare dal team di collaboratori preziosi di Maestrini: lo scenografo Nicolas Boni, la costumista Stefania Scaraggi ed il determinante Light designer Daniele Naldi.
Il Maestro Francesco Ivan Ciampa si conferma bacchetta attenta alle voci. Qualche piccolo scivolo dell’orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi, non ha danneggiato una prova positiva su tutti e tre gli atti e particolarmente brillante nell’ultimo, così irto di difficoltà .
Suggestivi gli interventi del Coro, guidato con competenza da Paolo Longo.
Vedendo alle voci, è necessario riesaminare gli interi cast, perché i cambi hanno prodotto situazioni vocali e narrative differenti.
‘Il Tabarro’ vedeva l’entrata in campo sia del Michele di Giuseppe Altomare che della Giorgetta di Marta Torbidoni.
Altomare cesella un uomo sofferente, provato. Se Burdenko dava corpo ad un personaggio forte, probabilmente violento, una specie di marito/ padrone, dalla vocalità ricca e decisa, con acuti potentissimi e movimenti imperiosi, nella seconda compagnia troviamo un barcaiolo che la vita ha sfilato, che uccide alla fine non perché è stato tradito dalla moglie, ma perché si sente imbrogliato dalla vita, pensa che sia ora di alzare la testa dopo essersi piegato a tante ingiustizie, a tanti soprusi. Non abbiamo idea se sia una delle tantissime citazioni del regista od un caso, ma certo cogliere l’affinità fra la figura di Michele e gli autoritratti di Van Gogh toglie il fiato: entrambi reagiscono male alla propria vita, dopo che son stati strappati dal mondo dei loro affetti, proprio come girasoli messi in un vaso.
Di grande valore la Giorgetta di Marta Torbidoni, che dimostra una grande sicurezza nel registro superiore, giustamente tagliente, ma riesce a trovare anche quella dimensione più sensuale e malinconica che, secondo noi, era sfuggita alla signora Maslova.
Amplissima la tavolozza dei colori, sicuri gli acuti, notevoli i fiati, regala una donna che ancora non sembra essersi arresa, che spera, che crede nell’amore.
Questa caratterizzazione permette a Mikheil Sheshaberidze di dare ancora più credibilità al suo Luigi.
In effetti nella recita cui abbiamo assistito il tenore, in continua crescita , è ulteriormente emerso per bellezza dello strumento vocale, per potenza e per capacità di controllo degli acuti.
Le note alte arrivavano nitide, con un suono puro, limpido, ma anche forti come sciabolate. La componente sensuale finalmente ha preso forma: Giorgetta fugge da un uomo segnato dalla sofferenza per cercare la sicurezza di un abbraccio virile baldanzoso, irruente, senza paura.
Sheshaberidze ha affrontato le tante difficoltà del ruolo con sicurezza e grande padronanza scenica e ci ha regalato alcuni dei momenti più intensi della serata.
I cambi dei pesi vocali e dei tagli interpretativi della terna dei protagonisti ha consentito anche ad alcuni dei comprimari di mettersi maggiormente in luce.
Sicuramente è uscita con maggior vigore la prova di Fulvio Valenti , che senza la presenza vocalmente prevaricatrice di Burdenko ha potuto far apprezzare le finezze di un canto attento, con note basse dai colori caldi ed ambrati, acuti sicuri e potenti, ma soprattutto una capacità interpretativa degna del suo Maestro, il grande e troppo poco ricordato Vincenzo Sagona.
Potente Frugola è stata Chiara Mogini, che ha trovato un’intesa con la vocalità della Torbidoni che ha migliorato la resa di entrambi i personaggi ed ha permesso al mezzosoprano di mettere in risalto ancor meglio le sfumature interpretative del personaggio più delicato della vicenda.
Si confermano di spessore le rese di Pierluigi D’Aloia e di Aziza Omarova, .
‘Suor Angelica’ ha visto nel ruolo della protagonista ancora Marta Torbidoni, che coraggiosamente interpreta di seguito due personaggi lontanissimi, sia dal punto di vista interpretativo che vocale.
Il soprano marchigiano supera le difficoltà musicali con correttezza, ma la sensazione è che non riesca ad uscire dallo stereotipo dal personaggio, a portare in scena una donna vera, che trascini autenticamente lo spettatore dentro la sua storia.
La sensazione è di essere davanti ad una brava cantante che è piacevole ascoltare, che però deve ancora lavorare sul ruolo per riuscire ad emozionare quanto potrebbe.
Fortissima, all’opposto, la Zia Princessa di Chiara Mogini, che durante tutta la sua presenza in scena volge le spalle alla nipote, fredda e spietatamente determinata.
Il suono è imperioso, potente; gli acuti taglienti, spietati; i fiati sono sontuosi.
Il mezzosoprano riesce a costruire una donna che fa paura e che attanaglia la platea.
Valida la prova del largo gruppo di religiose: Federica Giansanti, convincente maestra delle novizie ; Giovanna Lanza, severa badessa; corrette le suore Irene Celle , Federica Sardella, Veronika Foia, Erica Zulikha Benato, Giulia Diomede; adeguate le cercatrici Aziza Omarova ed Alessandra Gambino, le Converse Anna Ciprian e Selma Pasternak e la novizia Tatiana Previati.
Come sempre bravi ed affidabili “I piccoli cantori della Città di Trieste” diretti dal M° Cristina Semeraro
Giuseppe Altomare offre una lettura interessante di ‘Gianni Schicchi’, uomo riflessivo, segnato dalla vita, mai scontato e mai caricaturale.
I colori che il baritono trova sono di grande fascino, graffiati dalla fatica e consci della conseguenza della scelta di falsificare il testamento. Una lettura intensa, resa con vocalità sicura e matura, acuti solidi e fiati sontuosi.
I nuovi equilibri sonori mettono ancor più in risalto la prova di Pierluigi d’Aloia, che brilla per bellezza vocale, luminosità degli acuti ed eleganza interpretativa.
Apprezzata la Lauretta di Sara Cortolezzis, che conquista la sala per eleganza vocale ed interpretativa .
Fulvio Valenti , ha costruito un Simone sontuoso, capace di note suggestive, acuti potenti e soprattutto di grande spessore scenico. Il passaggio dal ruolo drammatico a quello comico è convincente e dimostra il talento di un artista che meraviglia non trovi spazi più significativi nella programmazione nazionale.
Sempre affidabile Nicolò Ceriani, cantante dalla ricca vocalità che è un peccato ascoltare in una parte così ridotta, come quella di Marco e che speriamo di sentire presto in una parte che metta realmente in risalto un talento come il suo.
La Mogini, è Zita . Aspra ed insistente, costruisce una figura femminile dalla forte caratterizzazione, che chiude una terna veramente impegnativa che il mezzosoprano ha affrontato con bravura in tutte le recite.
Corretti e piacevoli: Erica Zulikha Benato, appropriata Ciesca;Enrico Iviglia, Gherardo dalla voce sicura e limpida; Irene Celle,sua moglie, adeguata vocalmente e spigliata scenicamente; Ilaria Zanetti, Gherardino, divertente bambino zombie.
Completano correttamente il cartellone: Antonino Giacobbe (Betto di Signa) ,Alessandro Busi (Spinelloccio/Ser Amantio), Giuliano Pellizon (Pinellino) e Damiano Locatelli (Guccio).
Il pubblico applaude, convintamente, tutti alla conclusione di ogni atto ed a fine spettacolo le acclamazioni sono molto lunghe e festose.
Certamente questo spettacolo è stato un grosso impegno per il teatro, ma ne è valsa la pena, visto il consenso unanime e convinto di tutto il pubblico.
Gianluca Macovez
4 marzo 2025
informazioni
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, 1 marzo 2025
STAGIONE LIRICA E DI BALLETTO 2024-25
IL TABARRO-SUOR ANGELICA-GIANNI SCHICCHI
di Giacomo Puccini
Maestro Concertatore e Direttore FRANCESCO IVAN CIAMPA
Regia PIER FRANCESCO MAESTRINI
Scene NICÓLAS BONI
Costumi STEFANIA SCARAGGI
Light designer DANIELE NALDI
Maestro del Coro PAOLO LONGO
NUOVO ALLESTIMENTO DELLA FONDAZIONE TEATRO LIRICO GIUSEPPE VERDI DI TRIESTE IN COPRODUZIONE CON LA FONDAZIONE TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
personaggi e interpreti principali
IL TABARRO
Michele GIUSEPPE ALTOMARE
Giorgietta MARTA TORBIDONI
Giorgietta OLGA MASLOVA
Luigi MIKHEIL SHESHABERIDZE
La Frugola CHIARA MOGINI
Il Tinca ENRICO IVIGLIA
Il Talpa FULVIO VALENTI
Un venditore di canzonette/Un amante PIERLUIGI D’ALOIA
Un’amante AZIZA OMAROVA
SUOR ANGELICA
Suor Angelica MARTA TORBIDONI
La badessa GIOVANNA LANZA
La maestra delle novizie FEDERICA GIANSANTI