Recensione di ‘Aida’ al teatro Mariinsky di San Pietroburgo, il 7 febbraio 2025
Dopo il successo ottenuto con ‘Rigoletto’ , il regista Giancarlo Del Monaco ritorna al teatro Mariinsky di San Pietroburgo con una ‘Aida’ dagli esiti trionfali.
Pare proprio che per il Maestro valga il detto ‘nemo profeta in patria’ : da troppi anni il suo nome è assente dai cartelloni italiani, mentre all’estero i suoi allestimenti , caratterizzati da grande personalità e da una coraggiosa capacità di rinnovarsi, sono sempre apprezzatissimi.
Certo siamo davanti ad un uomo di grande carattere, poco incline al compromesso, ma anche ad un artista di grande cultura, dall’esperienza vastissima, che ha una formazione enciclopedica, capace di allestimenti che hanno segnato un ‘epoca felice del melodramma in Italia, nato in una famiglia che ha dato moltissimo all’Opera del Novecento.
Una persona che ha sempre messo la faccia, sia nei successi che nelle contestazioni, ma che con il passare degli anni sembra essere stato allontanato dalle scene italiane, pur senza essere coinvolto in nessuno scandalo, nessuna contestazione clamorosa, senza avere mai cercato un’affiliazione partitica o facile pubblicità cavalcando polemiche o mode effimere.
La recentissima ‘Aida’ di San Pietroburgo è stata grandissimo successo di critica e di pubblico, tanto che il teatro ha già pianificato ben due riprese dello spettacolo. Merito del buon cast, ma certamente l’apporto registico è stato fondamentale: il racconto si dipana in un Egitto tradizionale, disegnato dalle scene di Antonio Romero, costruito nella pietra lavica, ricco di simboli, mai scontato, attento, puntuale, elegantemente misurato.
Già dal preludio, diretto con grande personalità dal Maestro Valery Gergiev, si viene presi da un racconto coinvolgente, accompagnato dalla metafora visiva di un paesaggio fra le nebbie, giocate sui toni del blu, dalle quali appaiono, per pochi momenti, le piramidi. In definitiva l’incontro fra i cieli azzurri di Aida ed il potere di Amneris, la scelta fra amore e ricchezza. In due minuti e con grande misura ecco introdotti gli estremi fra i quali si articolerà la sostanza della narrazione.
Lo spettacolo scorre velocissimo: non ci sono tempi morti per i cambi di scena e conclusa la prima scena, subitaneo si alza il siparietto e siamo in un ambiente sontuoso, piacevolmente tradizionale. Che dimostra ancora una volta che questo regista non è mai né scontato, nè ama le categorie prevedibili: dopo un ‘Rigoletto’ dall’ambientazione abbastanza moderna, ecco che propone una visione opulenta e storica dell’Egitto verdiano.
La sala del Palazzo del re a Menfi è costruita seguendo un asse centrale di simmetria. Un grande pannello monocromo, a geroglifici scolpiti , sullo sfondo, ciclopiche statue ai lati e delle mura al boccascena chiudono la scena, che all’apparire del Re si apre, trasformandosi a vista: le pareti scorrono, le statue si girano, il tutto con grande sintonia con i tempi orchestrali.
Suggestivo il gioco dei colori: la prima scena è giocata sui toni delle terre e dei blu, mentre l’entrata del monarca è ampliata dall’oro dei costumi, delle armi, delle maschere.
Il ‘Ritorna vincitor’ è cantato dalla schiava etiope con alle spalle un grande pannello scolpito, con gigantesche figure di faraoni, che si solleva veloce per spostare l’azione nel Tempio di Vulcano a Menfi.
Di grande bellezza i movimenti di una ballerina dalle grandi ali d’oro, chiamata a sacralizzare Radames, fin troppo imponente fisicamente e ben gestito dal regista che riduce al massimo i suoi movimenti.
Molto suggestiva la soluzione trovata, con le masse immobili come geroglifici e l’azione delegata alla sola danzatrice.
Alla fine un ulteriore siparietto con geroglifici dorati ed una grande piuma, che si solleva per portarci nelle stanze si Amneris: un tripudio di colori, con grandi possenti colonne rosse, il triclinio su cui è distesa la principessa ed uno stuolo di ancelle che si muovono con moto flessuoso. Efficaci le coreografie di Emil Faski, rese più originali dalla presenza di un gigantesco pitone.
Interessanti le luci, ideate da Yevgeny Podezdnikov, che fanno emergere la figura di Amneris, che incontra Aida in uno spazio riservato, ottima soluzione per rendere ancora più intimo il dialogo fra le due donne.
La scena della Marcia trionfale è realmente un tripudio: di statue gigantesche che si muovono in scena, di porte che si spalancano, di masse corali, un centinaio di coristi diretti da Konstantin Rylov, cui si aggiungono i sontuosi i sacerdoti vestiti di leopardo, il suggestivo ingresso dell’esercito, una massa enorme di guerrieri con degli scudi che riprendono la scultura africana. Segue il balletto con il racconto della guerra affidato, nello stile della scuola russa, con grande grande atletismo, ritmi serrati, figure eseguite con precisione. Forse se i gonnellini , disegnati come tutti gli altri bei costumi da Gabriela Salaverri, fossero stati un po’ più corti, avrebbero reso ancora più coinvolgente la narrazione e sottolineato una componente fisica dell’azione.
L’apparizione in scena di Radames è grandiosa: davanti a quasi duecento persone in scena, il condottiero arriva su in ciclopico carro alato, trainato dagli etiopi.
Certamente un effetto di grande opulenza, realizzato con il giusto senso della misura. Non c’è frivola oleografia, decoro inutile, ostentazione, ma una grande suggestione narrativa, autentico teatro, intelligente e funzionale alla storia di Verdi.
La prima parte della scena alle porte di Tebe è essenziale, avvolta nel buio. L’entrata di Amneris con Ramfis, luminosissimi, è di respiro quasi metafisico ed al momento in cui i due escono, seguiti dagli armigeri, il buio si squarcia per diventare la riva del Nilo.
Si riafferma il concetto dei due mondi. L’opulenza di Amneris, l’essenzialità di Aida. Apparire o essere? Il successo o l’amore?
Nell’oscurità le rive del grande fiume, sia nel drammatico incontro fra Aida ed il padre, che quello con il condottiero vincitore, che con i suoi abiti oro sembra l’unico sole per Aida.
Suggestivo il duetto fra i due amanti, che riescono a trovare, pur con qualche asperità, le tinte adatte a descrivere affetto e complicità, , mentre particolarmente acceso si fa lo scontro con Amonastro, con i due amanti inginocchiati , sovrastati dal re etiope ed Amneris che entra in scena accompagnata dai sacerdoti che con le loro tuniche luminose feriscono l’oscurità.
Il viaggio proposto da Del Monaco ha epilogo nel quarto atto, Amneris, bellissima nell’abito di cielo, è devastata e vorrebbe salvare Radames. Ormai si gioca di sensazioni, di sentimenti : la scena è spoglia, perché non ci sarà ricchezza, neanche potenza politica che potranno la principessa, chiamata a giocarsi la carta umana, ad implorare come donna e sperare di essere ascoltata e capita.
Magistrale lo sguardo con cui si rivolge al condottiero prigioniero, oggetto del suo desiderio, sensuale il percorrere le forme del suo corpo. Per quanto, però, si giochi tutte tutte le sue armi , alla fine è sola, finalmente cosciente delle conseguenze della sua denuncia. Implora pietà a quei sacerdoti che sfilano algidi: non serve a nulla ed ecco che il dolore prende forma, raccontato con credibile strazio e sottolineato dall’apparizione, firmata come tutte le proiezioni da Dmitry Ivanchenko, di un gigantesco sguardo, che inclemente appare in cielo, descrizione del destino che è sopra gli uomini e del quale la principessa egizia prende coscienza.
Una tomba di parole schiaccia Radames nel quarto atto.
Immagine intensa e carica di suggestioni, che chiude uno spettacolo applauditissimo, intenso e profondo, vincente sia nell’aspetto visivo e drammaturgico che in quello prettamente musicale , che ha la sua morale nel reiterato invito alla Pace, che Amneris reitera più volte, con coraggiosa convinzione.
Valery Gergiev è direttore sensibile e minuzioso, che riesce ad interpretare con bravura la partitura, grazie all’inappuntabile Orchestra del Teatro Mariinsky ed alla sempre intensa prova delle masse del Coro dello stesso teatro.
Forse in qualche occasione, soprattutto nel primo atto, il suono appare un po' sovrabbondante, ma è una scelta narrativa che ha la sua ragione e che comunque non pregiudica la resa delle voci; sapiente l’equilibrio nella sontuosa Marcia trionfale e di forte impatto poetico la scena finale, rarefatta e struggente.
Dal punto di vista vocale la prova è decisamente positiva.
Le voci sono tutte sovietiche e poco presenti, a parte l’interprete di Amneris, nei cartelloni italiani, ma vantano una inappuntabile pronuncia e mostrano un bel lavoro sul significato della parola. Un piacere sentire tanta attenzione verso il testo di Ghislanzoni in un paese così lontano.
Adeguata la sacerdotessa di Valeria Lebedeva, in una parte non priva di insidie.
Dopo una suggestiva entrata, che racconta efficacemente di fatica e paura , il messaggero di Andrei Zorin, dalla voce potente anche se un po’ aspra, mostra una recitativa un po’ forzata, con un gesto che rimane fisso e che lo fa sembrare più a sobillatore di popolo che ad un obbediente soldato delle fedeli schiere egizie. Probabilmente un eccesso per troppo zelo dell’interprete, che comunque non inficia il valore della prova.
Il faraone , Vladimir Feliauer, brilla per eleganza in scena e di voce sicura, cha risulta di grande effetto nella pagina ‘Or di Vulcano al tempio’, in cui riece a non farsi coprire dalle potenti masse corali
Amonastro ha lo strumento di grande potenza di Vladislav Sulimsky.: ampio, sicuro, ricco di espressione, potente negli acuti.
Il baritono, prossimo Macbeth a Salisburgo, sa muoversi con bravura e rende credibile un personaggio che troppe volte abbiamo visto ridicolizzato in messe in scena che lo riducevano a figura marginale bozzettistica.
Potentissimo il duetto con la figlia sulla riva del Nilo. Ricchissima la voce, coinvolgente la recitazione, fino all’abiura finale, di strabordante violenza e di grandissima ricchezza vocale.
Ramfis, ben interpretato da Mikhail Petrenko, presente ormai irrinunciabile per la programmazione del Mariinsky si presenta con voce sicura dal bel colore centrale e con acuti solidi. Efficaci gli interventi sia all’inizio che nella scena del Tempio di Vulcano, dove risulta particolarmente convincente. Suggestivo l’incontro di voci con Radames.
Radames, il tenore Dmitry Shabetya, comincia cantando ‘ Se quel guerriero io fossi’ di spalle, atto certo coraggioso, fatto sposare perfettamente con il movimento musicale della pagina orchestrale.
La voce è interessante, anche se all’inizio i fiati coprono alcuni passaggi .
Siamo davanti ad un Radames dalle tante sfumature, capace di acuti potenti ma anche di mezze voci di grande suggestione.
Bello il costume iniziale, con una corazza di cuoio ben sagomata, con un cerchio dorato dipinto. In questo modo si riesce ad alleggerire e dare potenza e tonicità ad una figura che altrimenti risulterebbe pesante e poco credibile come aitante condottiero. Molto suggestivo il primo incontro con Ramfis, nel quale il tenore, grazie ad una indovinata idea registica canta in ginocchio, come domandasse il coraggio di affrontare le richieste della patria ed al tempo stesso conforto e perdono per l’amore vietato per una schiava. Ben eseguite le grandi pagine , nelle quali la voce riesce a superare con sicurezza le non poche difficoltà e di grande coinvolgimento l’ultimo atto, nel quale alla purezza del suono si coniuga una tavolozza dalle sfumature preziose.
Ekaterina Semenchuk è la cantante più conosciuta in Italia nel cast. La sua Amneris è elegante nelle movenze. Vocalmente sicura, con bassi di grande suggestione, ma anche una notevole facilità nel registro superiore. Nel lungo duetto con Aida nel secondo atto, dimostra notevole capacità espressiva, ricchezza vocale, facilità nei passaggi, acuti potenti e fiati di grande rilevanza.
La componente drammatica, autenticamente umana, esplode nella grande pagina del quarto atto, nel quale mette in mostra una gamma ricchissima di colori, passando con sicurezza dal registro più delicato e sensuale a quello aspramente drammatico.
Irina Churilova, specialista anche nel repertorio wagneriano, offre ad Aida la sua voce importante, ricca di colori e di armonici , opulenta negli acuti e nei fiati, ma capace anche di suggestivi filati. Decisamente riuscita la prova data in ‘Ritorna vincitor’, nella quale mette in evidenza una notevole impostazione tecnica, che le permette di non avere cedimenti nonostante canti, distesa, inginocchiata e l’ultima nota la fili camminando. La sua è una donna di carattere, come si vede nello scontro con Amneris, dove passa da una sfumatura all’altra con grande facilità. Certamente l’incontro fra le due donne è fra le pagine più riuscite di un allestimento di grande qualità ed è premessa suggestiva alla struggente ‘Pietà del mio soffrir’, che strappa l’applauso perfino in un teatro che si fa normalmente sentire solo alla fine degli atti.
‘O patria mia’ è cantata con ricchezza di mezzi, prediligendo, però, la componente drammatica a quella elegiaca, quasi a preannunciare i toni del duetto con il padre. Intenso il suo apporto nella scena finale, nella quale le voci dei due protagonisti trovano una preziosa sintonia ed una apprezzata complicità.
Alla fine applausi oceanici per tutti, con particolari ovazioni per il Maestro Gergiev ed il regista Giancarlo del Monaco, che in Russia, dove peraltro hanno celebrato suo padre Mario certamente con maggior entusiasmo ed attenzione di quanto accaduto in Italia, ha trovato una nuova patria.
Vedere tanti artisti che per sentirsi valorizzati devono lasciare il nostro paese dovrebbe far riflettere le istituzioni, che invece paiono indifferenti alla questione.
Gianluca Macovez
2 marzo 2025
informazioni
Stagione d’opera e balletto 2024-25, Teatro Mariinsky, San Pietroburgo
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Antonio Ghislanzoni
Direttore e concertatore: Valery Gergiev
Regia: Giancarlo del Monaco
Scene: Antonio Romero
costumi: Gabriela Salaverri
coreografo: Emil Faski
Lighting Designer: Yevgeny Podezdnikov
Video Designer: Dmitry Ivanchenko
direttore del coro: Konstantin Rylov
preparatore musicale: Yuri Kokko
Personaggi ed interpreti
Aida: Irina Churilova
Amneris: Ekaterina Semenchuk
Radames: Dmitry Shabetya
Amonasro: Vladislav Sulimsky
Ramfis: Mikhail Petrenko
Il Faraone: Vladimir Feliauer
Il messaggero: Andrej Zorin
Sacerdotessa : Valeria Lebedeva
Coro , Orchestra e corpo di ballo del teatro dell’Opera di Mariinsky
San Pietroburgo, Teatro Mariinsky ,7 febbraio 2025