Venerdì, 21 Febbraio 2025
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Un ‘Elisir’ carico d’Amore al ‘Mario del Monaco’ di Treviso

Recensione di ‘Elisir d’Amore’ al ‘Mario del Monaco’ di Treviso

 

Al Teatro Comunale ‘Mario Del Monaco’ di Treviso, ‘Elisir d’Amore’ chiude una stagione lirica contrassegnata da una serie di continui sold-out e da ampli consensi di  critica.

Merito di una politica culturale attenta, firmata dal direttore artistico Stefano Canazza, che ha saputo unire titoli amati e qualità, giovani voci e veri leoni del palcoscenico, in uno scambio di energie ed esperienza che ha entusiasmato la platea  e che conferma il profondo legame fra la marca trevigiana ed il melodramma.

Essere un teatro di tradizione vuol dire portare avanti degli obiettivi di qualità, cercando di offrire ai cantanti più giovani occasioni di lancio, permettere ai talenti emergenti di consolidare repertorio ed esperienza , portare avanti una chiara azione educativa mirata al territorio. Treviso  è riuscito ad aggiungere un ulteriore punto di forza: la presenza  nel cartellone di grandi artisti che troppo spesso sono trascurati dai cartelloni delle fondazioni italiane. In questo caso ci riferiamo alla  bacchetta gloriosa di Tiziano Severini, che guida le fila di questo ‘Elisir d’Amore’, che può contare su scene e costumi di  Gianmaurizio Fercioni, autore di un agile allestimento dai richiami tradizionali, con elementi dipinti che rimandano all’allestimento del 1832, piacevoli  da vedere e funzionali  alla regia, ironica ma mai sguaiata, di Bepi Morassi, che lavora sugli interpreti con impegno, tratteggiando dei personaggi interessanti, con alcuni momenti di grande suggestione ed altri decisamente leggeri. Curiosa l’idea di introdurre nella narrazione gli odori, che esplodono negli effluvi di ragù che raggiungono copiosi la  platea durante la festa prenuziale e piacevole il gioco fra palcoscenico e sala, che porta ad un certo punto le coriste nei palchi e Dulcamara in platea.

Si gioca continuamente fra teatro e metateatro, fra Ottocento e contemporaneità, fra vita e messa in scena, ma alla fine quello che ne risulta è uno spettacolo che funziona e diverte e non è poco, perché l’edizione è quella integrale, senza i tagli di tradizione. Due atti, per quasi tre ore di spettacolo, sono una sfida anche da punto di vista narrativo, ma complice la bravura scenica dei cantanti che hanno saputo gestire molto bene l’impegno, la rappresentazione è stata una sequenza riuscita di momenti piacevoli, senza cali di tensione o cedimenti narrativi.

Di grande personalità la direzione di Severini, direttore sicuro e preparato, la cui presenza più frequente sui cartelloni nostrani non potrebbe che far bene ai teatri.

Nella varietà delle possibili letture, il Maestro, alla guida della affidabile ORFV, Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, ha scelto una visione matura della vicenda, a tratti quasi malinconica. Più che i virtuosismi vocali, comunque ben presenti e valorizzati, emerge una visione della storia un po’ disincantata, a tratti perfino cinica, con tempi musicali  ampi che la rendono più drammatica. Uno sguardo oggettivo al mondo, che per fortuna, ancora una volta,  viene salvato dall’Amore,  che non è scontato e neanche risultato di un elisir balordo,  ma il frutto di  un viaggio  nella consapevolezza, nel coraggio di vivere la poesia delle giornate, incuranti di giudizi e frasi fatte . Una interpretazione non così consueta,  che il pubblico dimostra di apprezzare molto.

Buona la resa, anche scenica, del Coro Lirico Veneto, diretto da Matteo Valbusa.

Dal punti di vista vocale, il cast riunito dal teatro era decisamente interessante.

Judith Maria Duerr, Giannetta, deve lavorare per  imparare a gestire meglio lo strumento ed i volumi vocali, per evitare che il centro possente vada ad alleggerirsi vistosamente al salire di registro ed a scolorire sulle agilità, ma mostra colori interessanti, bella presenza scenica e notevoli potenzialità.

William Hernandez è un divertente Belcore, che man mano che il lavoro va avanti si fa sempre più sicuro e smagliante. La baldanza vocale è un buon supporto per descrivere questo vanaglorioso militare, impettito e pieno di sé, un po’ galletto ed un po’ rockstar,  incapace di cogliere lo spessore dei sentimenti di Adina e le sfumature del mondo. Il baritono costaricano è molto bravo nel costruire il personaggio senza forzare gli effetti, riuscendo ad essere divertente senza scivolare mai nel grottesco o nella maniera. Sembra  quasi una di quelle raffinate caricature firmate Daumier, che univano sorriso e riflessione, specchio di un Ottocento più attento che frivolo.

Daniel Giulianini è il dottor Dulcamara. Voce potente, acuti sicuri, fiati amplissimi, disegna un cinico figuro, spietato ma tanto divertente. Nonostante la vastità della parte ed i ritmi serrati, la tenuta vocale è encomiabile, anche quando canta in sala, con l’orchestra alle spalle. Una prova notevole che ci induce a sperare di riascoltarlo presto.

Arriviamo ai due protagonisti.

Che sicuramente si sono trovati ad affrontare una parte decisamente più ponderosa di quella tradizionalmente portata in scena.

Riaprire i tagli è stato decisamente molto saggio, perché ha dato l’occasione di apprezzare per intero il lavoro di Donizetti, ma anche ai due cantanti di mettere in risalto i loro rilevanti talenti.

Giulia Mazzola ha vinto nel 2021 il premio Toti del Monte e questo le ha aperto, meritatamente, in più occasioni, le porte del teatro Comunale trevigiano.

La sua Adina non indugia in trilli e virtuosismi pirotecnici, ma è una donna intensa, autentica, che dà il meglio di sé nei momenti di commozione. Se all’inizio, nell’aria ‘ Della crudele Isotta’, sembra trattenersi, con il dipanarsi delle vicende fa sfoggio di una vasta tavolozza, un centro interessantissimo e notevoli potenzialità che le consentono di gestire senza affanno una parte decisamente ampia e ponderosa. Importante che in futuro individui il giusto repertorio per una voce importante come la sua ed offra al suo strumento i tempi giusti per maturare e mettere in evidenza quelle doti che già fin d’ora lo rendono luminoso.

Chiudiamo con Nemorino: Liparit Avetisyan. Il tenore armeno, per quel che ci è dato di conoscere, nonostante abbia trionfato nei principali  teatri di tutto il mondo, è alla seconda esibizione importante in Italia, dopo una ‘Boheme’ torinese di qualche anno fa.

Grande  onore, quindi, al teatro ‘Mario Del Monaco’ che è riuscito a proporlo in questa occasione, offrendo al suo pubblico una delle tante perle che caratterizzano da sempre i suoi cartelloni.

Nonostante la scarsa frequentazione del Belpaese,  Avetisyan vanta una dizione magnifica, brilla per il  lavoro  attento su ogni parola del testo, che rende  con il giusto trasporto. Quello che canta non è mai, neanche per un attimo, semplice suono o vuoto virtuosismo, ma racconto coinvolgente, poesia sonora.

Commuove da subito, già nel primo duetto con Adina: ‘Una parola, o Adina... Chiedi all'aura lusinghiera’. Vediamo  un ragazzotto vestito in modo vistoso e dai modi semplici, ma ascoltiamo un uomo innamorato, realmente coinvolto, timido, delicato, ma ebbro di sentimento per una fanciulla un po’ sdegnosa.

La voce si inerpica senza fatica verso le note più alte, che regala con la naturalezza di chi è autenticamente bravo. Non cerca  quelle mezzevoci forzate che hanno infarcito il repertorio di troppi tenori, non rincorre facili applausi, ma sa rapire il teatro, che segue le sua arie in un silenzio assoluto, quasi trattenendo il respiro per non perdersi nessuna delle sfumature che vengono messe in campo, fino ad una realmente preziosa esecuzione di  ‘Una furtiva lagrima’, salutata da una franca e meritata esplosione di applausi da parte del pubblico entusiasta.

Prima di chiudere, anche una nota sul clima del teatro trevigiano. In quel teatro si respira la sensazione della festa, si viene accolti da un sorriso, c’è spazio per ascoltare le domande di chi viene da lontano e per veder salutare gli abbonati più fedeli. Tutti attenti al pubblico, cortesi, pronti a fornire informazioni, suggerimenti. Non è poco. Perché sempre più spesso si ha la sensazione che i teatri ‘si parlino addosso’, diventino spazi autoreferenziali, nei quali si programma e si decide malgrado il pubblico. È un fiorire di polemiche, un tessere di trame , in rincorrersi di commenti velenosi. Fa bene entrare, invece, in veri Luoghi della musica, in spazi dove chi canta è rispettato e chi ascolta è coccolato. Se ‘Teatro di tradizione’ vuol dire ‘teatro all’altezza della sua tradizione’, allora il ‘Del Monaco’ è un Vero, Autentico, Teatro di Tradizione.

Non a caso la replica di domenica è stata chiusa da oltre dieci minuti di applausi, infinite chiamate al proscenio per tutti,  acclamazioni per soprano, tenore, direttore e regista, commenti entusiastici all’uscita da parte di un pubblico sorridente e soddisfatto.

Non abbiamo visto scorrere fiumi d’Elisir, ma certo tanto Amore la musica.

 

Gianluca Macovez

18 febbraio 2025

 

informazioni

Teatro Comunale ‘Mario Del Monaco’, Treviso

‘Elisir d’Amore’

Melodramma giocoso in due atti di Gaetano Donizetti    libretto Felice Romani

direttore d’Orchestra Tiziano Severini

con ORFV – Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
e Coro Lirico Veneto
diretto da Matteo Valbusa


regia Bepi Morassi
movimenti coreografici e assistente alla regia Barbara Pessina
scene e costumi Gianmaurizio Fercioni
calzature C.T.C. Pedrazzoli
allestimento, scene e costumi del Teatro La Fenice di Venezia

Personaggi e interpreti

Adina
Giulia Mazzola

Nemorino
Liparit Avetisyan

Il Dottor Dulcamara
Daniel Giulianini

Belcore
William Hernandez

Giannetta
Judith Maria Duerr


produzione Comune di Treviso - Teatro Mario Del Monaco, Comune di Rovigo
in collaborazione con Teatro La Fenice di Venezia

Treviso, 16 febbraio 2025

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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