Recensione dello spettacolo Trappola per topi al Teatro Quirino di Roma dal 19 novembre al 1° dicembre 2024
Di din – di din – di din. Di din – di din – di din. Un motivetto, canticchiato in maniera ridondante, che risuona con inquietudine dalle note acute di un pianoforte in lontananza. Cinque sconosciuti (Christopher Wren, la Signora Boyle, la Signorina Casewell, il Signor Paravicini e il Maggiore Metcalf), ospiti inconsueti che si ritrovano a trascorrere la notte in una locanda appena aperta nei pressi della campagna inglese, la Locanda del Cacciatore (dove tutto l’intreccio si srotola), e una coppia di giovani sposi, Mollie e Giles Ralston, i titolari. Una tempesta di neve, che fiocca densa e fitta e non lascia alcuna via di fuga agli avventori della Locanda, e che offre, allo stesso tempo, a un visitatore misterioso rimasto con la macchina in panne, il Sig. Paravicini, unico ospite giunto alla pensione per caso, l’alibi per chiedere ristoro e alloggio per la notte. E, infine, l’ombra di un delitto, annunciato per radio, che si espande come una macchia d’olio che unge di insidioso sospetto tutti i clienti della Locanda, fino a insinuarsi, subdolo, persino nelle maglie smagliate dei due giovani amanti. Un intrico che solamente il Sergente Trotter della polizia di Scotland Yard, interpretato da Ettore Bassi, giunto alla Locanda sfidando le intemperie, proverà a risolvere. Chi sono davvero Mollie e Giles? Si conoscono fino a potersi fidare l’uno dell’altro? E chi sono questi ospiti così inusuali? Perché hanno scelto di trascorrere la notte proprio alla Locanda dei Cacciatori? E che rapporti hanno con il tragico delitto avvenuto nella notte nel quartiere londinese di Paddington?
Trappola per Topi, di Agata Christie, per la regia di Giorgio Gallione e l’adattamento di Edoardo Erba, giunto alla terza stagione, approda a Roma, dopo altri appuntamenti in giro per l’Italia, calcando il prestigioso palcoscenico del Teatro Quirino dal 19 novembre e fino al 01 dicembre. Il regista, drammaturgo, raccoglie la sfida e, in maniera quasi ossequiosa, mette in scena una rappresentazione fedele all’originale, un classico del giallo poliziesco anglosassone, entrato nella storia del Guinnes dei primati per essere stato rappresentato nello stesso teatro ininterrottamente, con una sola pausa tra il 2020 e il 2021, dal momento della sua prima messa in scena, nel 1952. L’unica eccentricità è rappresenta dall’ambientazione, con la scenografia a cura di Luigi Ferrigno, che il regista ha cercato, probabilmente senza troppo successo, di rendere più attuale, e la scelta dei costumi, curati da Francesca Marselli, pensati ad hoc su ogni singolo personaggio e in grado di caratterizzarlo senza tuttavia rinchiuderlo nei cliché di un immaginario tipicamente inglese dell’epoca. Tutti gli ingredienti di The Mousetrap, e più in generale dei racconti della giallista, sono presenti e ben evidenti nella regia di Gallione: un delitto; un luogo chiuso e isolato, che rappresenta l’unica ambientazione dove l’intreccio e i personaggi prendono vita e forma; un mistero da risolvere; il momento del disvelamento. La pièce, della durata di poco oltre due ore con un unico intervallo, mantiene un ritmo del plot incalzante, grazie all’interpretazione degli attori che si avvicendano sul palco senza mai lasciarlo del tutto spoglio, e a un attento lavoro di regia, luci e fotografia e alla scelta delle musiche e delle sonorità, che sottolineano i momenti cruciali, accompagnando lo spettatore e richiamandolo a una costante attenzione. Eppure, infine, la sensazione è che qualcosa strida, una sbavatura che stona. Pur rispettando il ritmo scenico e riconosciuta la bravura indiscussa delle attrici e degli attori protagonisti, lo spettacolo, in maniera quasi colpevole, manca la capacità di generare suspence, di incollare sulla sedia la platea che, ancora ignara dei fatti, segua la trama con bramosia e una vena sottile di inquietudine fino a sobbalzare al momento del manifestarsi della verità, del disvelamento del mistero, del riconoscimento del reo confesso. Alcune battute, centrali nello svolgimento del plot, vengono urlate in maniera esagerata più che drammatizzate con criterio, perdendo di fatto pregnanza e lo humor noir, sebbene presente in alcuni casi, in altri si trasforma in un’ironia quasi grottesca, ottenendo il risultato opposto, di una commedia che scivola via senza colpi di scena e scossoni sensazionali. Lo sforzo registico e l’autorevolezza del cast rimangono indiscussi e del giallo dei Guinnes rimane il dubbio, che striscia in platea sin dai primi atti scenici, che in fin dei conti ognuno di noi è sconosciuto all’altro e persino a se stesso e che se fidarsi è bene, non fidarsi rimane l’unica via per salvarsi, perché niente, in fin dei conti, è come appare. Di din – di din – di din. Di din – di din – di din.
Francesca Sposaro
2 dicembre 2024
informazione
di Agatha Christie
traduzione e adattamento Edoardo Erba
con
Claudia Campagnola, Dario Merlini, Stefano Annoni, Maria Lauria Marco Casazza, Matteo Palazzo, Raffaella Anzalone scene Luigi Ferrigno
costumi Francesca Marsella
musiche Paolo Silvestri
luci Antonio Molinaro
regia GIORGIO GALLIONE