Domenica, 08 Settembre 2024
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"Esterino" e l'amarezza comica del diventare adulti

Recensione dello spettacolo Esterino, in scena dal 2 al 12 maggio al teatro 7 OFF-ROMA di Roma

 

C'è un tempo e uno spazio in cui tutti vorremmo tornare, non solo per nutrire la malinconia dei ricordi, ma perché sappiamo che in quel tempo e in quello spazio risiede in qualche modo la costruzione del nostro essere adulti. "Esterino" in scena dal 2 al 12 maggio al teatro 7 OFF-ROMA di Roma ci invita comicamente a perlustrare quel luogo e quel tempo e lo fa attraverso una comicità scoppiettante. La cifra comica non è nuova a Marco Rinaldi, scrittore di questa brillante commedia che vi invitiamo a vedere per regalarvi una serata di sane risate; eppure la comicità dell'autore affonda sempre in un'introspezione dell'animo umano che lascia una punta di amaro inaspettato su una colata di dolcezza e umorismo. A curare la regia dello spettacolo è Paolo Vanacore, che si affianca a Rinaldi ancora una volta, dopo la regia de Il Grande Grabski” riproponendo alcuni stilemi assai riusciti e già utilizzati nello spettacolo precedente e che a questo punto ne fanno marchio di fabbrica di questo duo ormai rodato. E chissà che non ci sia una volontà sottesa di tracciare una linea di collegamento tra i due lavori. 

Esterino è un bambino di otto anni interpretato dall'esuberante Antonello Pascale, che ha un rapporto speciale con il nonno, il quale racconta al nipote delle sue vicissitudini in Africa, lo ascolta, gli parla; forse l’unico di una famiglia che guarda caso non appare mai in scena. Un rapporto speciale che viene a mancare con la morte del nonno, della quale per un buffo gioco di equivoci il nipote si sentirà responsabile, o lo fanno sentire così! Da qui partirà un dialogo notturno tra nipote e nonno, che apparirà in sogno al piccolo mantenendo in vita il rapporto fra i due. Quando Esterino racconterà ai genitori di questi incontri notturni, loro preoccupati, decideranno di far iniziare al bambino una terapia con uno psicologo/psicanalista/psicoterapeuta (così si definisce lui stesso), che cercherà di mantenersi il paziente il più a lungo possibile per sostenere le spese giornaliere. L'incontro con il dott. Bellachioma, interpretato magistralmente da Roberto D’Alessandro, sarà fondamentale nello sviluppo di Esterino al pari della presenza del nonno. Interessante la scenografia che propone tre spazi differenti nei quali si collocano i tre momenti dell'essere di Esterino, l'Io, l'Es e il Super-io; ossia il bambino reale, il bambino che sogna e infine quello che riflette su di sé. Su “I tre bambini”, non a caso, si fonderà la teoria ipotizzata dallo scaltro psicologo/psicanalista/psicoterapeuta, teoria ovviamente di freudiana memoria  e che il medico cercherà di declinare a Esterino con apparente poco successo. In un gioco di intrecci tra le tre parti della scena e le tre parti del sé, capiterà anche che il nonno incontrerà in sogno il dottore risvegliando in lui anche i suoi vissuti irrisolti, dove guarda caso c’è ancora una volta un nonno molto amato.

Ottima la scelta di lasciare spazio alle peculiarità degli attori, l’accento calabro del dott. Bellachioma, il napoletano di Esterino, i modi di dire e i vezzi di Nonno Lello (un fantastico Riccardo Bàrbera), ci sembrano costruiti esattamente sugli attori; insomma ci pare un bel lavoro di “canovaccio” tipico della migliore tradizione comica della commedia dell’arte italiana. Seppure questo spettacolo di primo acchito può apparire una critica alla psicanalisi, a noi invece pare evidente la riconoscenza che l’autore porta alla scienza che indaga nell’animo umano, raggiungendo però a una soluzione semplice dopo essersi affidati ad un viaggio tortuoso nell’Io. Nell’ultima scena Esterino oramai grande, anche lui psicologo/psicanalista/psicoterapeuta, che si rivende con i suoi pazienti la teoria del suo mentore dott. Bellachioma, porta ai piedi un paio di pantofole con il pelo, a ricordo caratterizzante del nonno che le indossava sempre. Quando a Nonno Lello veniva chiesto: “Perché le porti?”, lui rispondeva semplicemente “Perché sono comode”. Insomma Esterino cresciuto sceglie di indossare qualcosa che non solo è un ricordo, ma è anche comodo. E non è a questo che dovrebbe servire indagare in noi stessi? Ad imparare ad  indossare una calzata comoda con cui attraversare la vita. 

 

 

Barbara Chiappa

4 maggio 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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