Recensione di ‘Ariadne auf Naxos’, in scena a Trieste dal 16 al 25 febbraio 2024
Il teatro Verdi propone al suo pubblico un titolo di Strauss assente dalle scene triestina da un ventennio ‘Ariadne auf Naxos’, diretto da Enrico Calesso , da quest’anno direttore stabile del teatro. Si tratta di un titolo complesso da mettere in scena, sia per la difficoltà a trovare cantanti all’altezza della parte, sia per lo stuolo di interpreti, sia per la complessità della partitura.
Diciamo subito che lo spettacolo è riuscito, merita di essere visto ed ha offerto, nella recita cui abbiamo assistito, momenti di grande spessore musicale ed interpretativo.
Sicuramente il merito principale va a Calesso, profondo conoscitore della produzione musicale di area tedesca, che riesce a dirigere l’Orchestra con mano sicura, gesto elegante, tempi appropriati, offrendo una lettura affascinante della complessa composizione, che scorre con raffinatezza nelle due ore dello spettacolo, coinvolgendo lo spettatore nelle trame musicali, evitando forzature ed inutili sottolineature ed esaltando il senso profondo del lavoro di Strauss, profondamente amaro e lucidamente disincantato.
Certamente la riuscita è legata in modo marcato alla bravura degli interpreti.
Su tutti si staglia Simone Schneider, soprano dalla carriera internazionale prestigiosa, ma raramente presente sulle scene italiane.
La sua Arianna è di rara intensità, per capacità di utilizzare di volta in volta in giusto registro interpretativo, per il gusto del teatro, il garbo nel rendere il carattere della primadonna ed il pathos del personaggio.
Ma soprattutto per le capacità vocali.
Un registro ricchissimo di colori, una estensione ampia, un volume possente e mai strabordante, filati raffinatissimi, acuti stentorei e di magnifico nitore, rendono la sua prova una di quelle occasioni da ricordare, il piacere di dire ‘io c’ero’.
Speriamo che il teatro le offra presto nuove occasioni per esibirsi, per riuscire a godere di tanta bravura e finezza esecutiva.
Accanto a lei una piacevole Zerbinetta cantata da Liudmila Lokaichuk, soprano russo interessantissimo, al suo debutto in Italia.
Il ruolo è molto complesso vocalmente, ma viene risolto senza difficoltà, riuscendo, oltretutto, a far emergere una componente umana del personaggio, troppo spesso risolto con virtuosismi spettacolari e poco altro.
Zerbinetta non è, nell’interpretazione della Lokaichuk, una soubrettina superficiale che spara note stratosferiche, ma una giovane donna, che riesce a dare senso alle parole, anche quelle apparentemente meno ricche di valore, che tinge d’esperienza e di verità un canto che rimane funambolico, che vive il contrasto generazionale ed il conflitto con un mondo che, l’opera fu composta nel 1910, procede ciecamente a passi rapidi verso il baratro della Grande Guerra.
Marcello Rosiello è un imponente Maestro di Musica. Ironico e divertente, con una maglia che ad ogni acuto scopre la pancia, riesce a far sorridere senza mancare neanche una nota e divenendo la cerniera fondamentale della vicenda, tanto che il regista lo colloca in scena anche nel secondo atto.
A lui spetta la mediazione fra il padrone, di cui tutti parlano ma che nessuno ha l’onore di vedere ed il Compositore, interpretato da Sophie Haagen, anche lei all’esordio in Italia.
Si tratta di un mezzosoprano dall’interessante materiale vocale, che, nella recita cui abbiamo assistito, in alcuni momenti sembra non riuscire a governare nel migliore dei modi. Alcuni suoni risultano aspri ed alle volte il colore è più chiaro di quello che ci si aspetta. Va detto, però, che la cantante era alla terza replica in tre giorni e certo, per una parte così onerosa, non si trattava di impegno da poco. Ad avvalorare questa considerazione va sottolineato sia che comunque la sua è stata una prova ampliamente positiva, sia che alcuni passaggi sono risultati di grande suggestione ed intensità e questo motiva grandi aspettative verso il proseguo della sua carriera.
Grossi dubbi, invece, sulla prestazione del tenore/Bacco.
Heiko Borner è un tenore prettamente wagneriano, ma che ha in repertorio anche ‘Otello’ di Verdi.
Questo curriculum spinge a dire che in questa occasione fosse fuori forma vocalmente, perché la voce spesso non arrivava in sala, gli acuti erano difficoltosi e mancavano, anche a causa di costumi che parevano infierire, sia l’aspetto romantico che quello eroico.
I ruoli che normalmente vengono definiti secondari, per uno spettacolo come questo sono fondamentali e va riconosciuto al teatro il merito di aver saputo trovare artisti all’altezza del ruolo, brillanti vocalmente e sicuri scenicamente.
A cominciare dal trio delle voci femminili: Olga Dyadiv (Naiade), Chiara Notarnicola (Echo), Eleonora Vacchi (Driade).
La Dyadiv ha mostrato una voce che sta evolvendo verso una più marcata corposità, un centro interessante ed acuti potenti. La sua interpretazione scenica è stata gustosissima, ironica, divertente, mai sopra le righe.
Chiara Notarnicola è stata elegante, posata ed estremamente appropriata vocalmente.
La Vacchi, certamente non aiutata da un costume decisamente insolito, ha saputo mantenere una misura ed un garbo apprezzatissimi, che hanno messo in risalto un potenziale vocale moltointeressante.
Le tre cantanti hanno saputo, certamente grazie al lavoro di Calasso, coordinarsi con bravura nei pezzi di insieme, regalando momenti di struggente suggestione e facendo risaltare, giustamente, il peso di questi ruoli nella narrazione complessiva.
Simpatici scenicamente ed appropriati vocalmente i ‘quattro boys’: Christian Colla ( Brighella), Grugen Baveyan (Arlecchino), Mathias Frey (Scaramuccio) e Vladimir Sazdovski( Truffaldino), che uniscono ad una buona prestazione nel canto delle notevoli capacità sceniche.
Lussuose le caratterizzazioni in scena.
Il lacchè, così palesemente compiaciuto e pavone, è ben delineato da Francesco Samuele Venuti, giovane basso dalla voce potente e dalle notevoli potenzialità.
Andrea Galli era un divertente Maestro di ballo, vistoso in un costume arancione e sfacciato, volutamente, nei movimenti.
Un lusso far esibire nella parte del parruccaio un talento come il sempre bravo Dario Giorgelè. Nonostante la brevità del ruolo , il basso-baritono, che ricordiamo magnifico Pappageno, vestito con una gonna imbarazzante e truccato più di una drag queen, riesce a diventare il suo personaggio rilevante: accoglie il pubblico in platea, si offre di pettinare i presenti, sale sul palcoscenico ed acconcia tutti i protagonisti. Al di là della costruzione pittoresca, l’amara considerazione di una sorte comune, insensibile a che si sia osservatori o protagonisti, che avrebbe portato al conflitto, la consapevolezza di come nei momenti drammatici si cerchi l’effimero, invece che trovare una qualche soluzione concreta.
Gli fa da contraltare l’ufficiale pusillanime e capriccioso di Gianluca Sorrentino.
Buono il contributo dell’attore Peter Harl come maggiordomo.
Veniamo quindi alla parte visiva.
Piacevolissime le scene di Gary Mc Cann, che disegna anche i costumi.
Riuscite le luci di Howard Hudson che bene sostengono la regia di Paul Curran, ripresa con attenzione cura da Oscar Cecchi, che affronta lo spettacolo con misura e gusto del teatro.
Riesce ad essere ironico senza essere mai grossolano, confeziona alcuni momenti di grande suggestione, pastella dei passaggi ironici e disincantati , ma alcune situazioni non sono sempre di facile interpretazione.
Non è chiaro perché a metà della rappresentazione la scena neoclassica sparisca. Non è successo nulla che motivi il cambio e se il senso delle colonne era di citare la finzione, i fantasmi di un passato che si vende sempre migliore di quello che realmente è stato, se simboleggiava la tranquillità delle sicurezze apparenti, francamente cosa sia cambiato nel corso della rappresentazione per motivare la scomparsa della struttura, ci è sfuggito.
Se il Maestro di musica in qualche modo è il centro dell’azione del prologo, nella visione del regista scozzese il nodo della rappresentazione successiva sembrerebbe essere Bacco.
In effetti quando appare la sua ombra la suggestione è notevole, almeno dal punto di vista visivo.
Quando arriva vestito con una specie di cappotto decorato a frutta e verdura ed una ghirlanda floreale in testa, francamente la suggestione è meno centrata.
Forse se avessimo, come nel figurino pubblicato sul libretto, un cantante dal fisico scultoreo, potremmo anche pensare che funzioni.
In questo caso più che un Bacco sensuale coperto di fronde, avevamo una strana creatura multicolore che contrastava vistosamente con l’eleganza di Arianna, che era stata abbandonata a Nasso con sontuose vesti di velluto blu e la corona.
Ma l’apoteosi è stata quando, tolta la giacca ed il copricapo, un po’ per gli abiti scuri, un po’ per la parrucca, davanti a noi ha preso forma un epigono di Antonio Albanese ed abbiamo visto allontanarsi, davanti ai nostri occhi increduli un accoppiata che più che Bacco ed Arianna sembrava formata dalla Regina Elisabetta e Cetto Laqualunque.
Che, francamente, se è effetto voluto è un modo geniale di raccontare con disincanto la morale dell’opera.
Altrimenti una chiusura non all’altezza del resto dello spettacolo, che comunque merita di essere visto.
Alla fina entusiasmo, acclamazioni, applausi del pubblico presente, purtroppo non numeroso come l’occasione avrebbe meritato.
Gianluca Macovez
21 febbraio 2024
informazioni
ARIADNE AUF NAXOS
musica di Richard Strauss
libretto di Hugo von Hofmannsthal
Maestro Concertatore e Direttore ENRICO CALESSO
Regia PAUL CURRAN
Ripresa da OSCAR CECCHI
Scene e costumi GARY MC CANN
Light designer HOWARD HUDSON
Assistente alla regia ROBERTO BONORA
Assistente alle scene GLORIA BOLCHINI
Assistente ai costumi GABRIELLA INGRAM
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Bologna in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Personaggi e interpreti
La primadonna / Arianna SIMONE SCHNEIDER
Il tenore / Bacco HEIKO BÖRNER
Zerbinetta LIUDMILA LOKAICHUK
Il maestro di musica MARCELLO ROSIELLO
Compositore SOPHIE HAAGEN
Brighella CHRISTIAN COLLIA
Najade OLGA DYADIV
Echo CHIARA NOTARNICOLA
Driade ELEONORA VACCHI
Arlecchino GURGEN BAVEYAN
Il maestro di ballo ANDREA GALLI
Il maggiordomo PETER HARL
Scaramuccio MATHIAS FREY
Truffaldino VLADIMIR SAZDOVSKI
Un lacchè FRANCESCO SAMUELE VENUTI
Un parruccaio DARIO GIORGELÈ
Un ufficiale GIANLUCA SORRENTINO
ORCHESTRA E TECNICI DELLA FONDAZIONE TEATRO LIRICO GIUSEPPE VERDI DI TRIESTE