“Fratellina” al Teatro India dal 13 al 18 febbraio 2024, lo spettacolo della compagnia Scimone e Sframeli, Premio “Le maschere 2023”, migliore novità italiana.
Quando ci si approccia a uno spettacolo pluripremiato come nel caso di “Fratellina” in scena al Teatro India, dal 13 al 18 febbraio 2024, l’aspettativa sale forte, se poi la messa in scena è a carico della compagnia Scimone e Sframeli, il cui stato di grazia nel mondo del teatro contemporaneo è oramai abitudine consolidata, l’aspettativa si inerpica ancora di più rischiando inevitabilmente di venirne delusi. Ebbene, non è questo il caso, anzi, oramai Scimone e Sframeli hanno innestato radici solide sotto le assi dei palchi che calcano, tanto da riuscire a sentirne il respiro della musa Talia, che si fa ampio dinanzi ad ogni loro messa in scena. “Fratellina” è una boccata d’aria, fin dalla scenografia, due letti verdi, a castello, simmetrici, delle strutture di ferro leggere entro le quali si gioca tutta la messa in scena. Affatto banale, perché è all’interno delle stesse fragili gabbie che i quattro personaggi si muovono, le gabbie immaginarie in cui ognuno di loro si è richiuso per cercare di stare/o non stare al mondo. I quattro raccontano, senza alcuna soluzione la loro istanza di solitudine, non si assolvono, né si risolvono; lasciando al pubblico tutte le domande da porsi, forse l’unico fine che il teatro dovrebbe darsi. In “Fratellina” Nic e Nac, i due protagonisti, aprono la scena su una mattina, dove poter trovare forse una realtà nuova, dove riuscire, forse, a liberarsi dalle cose, da ogni cosa, per poter essere finalmente persone. Un passaggio che può avvenire solo dichiarando di non voler più nulla, l’unico desiderio è una povertà assoluta che possa liberarli da ogni limite ed aprirli probabilmente a nuova vita. Non a caso i nomi dei personaggi Nic e Nac (indossati da Spiro Scimone e Francesco Sframeli) derivano dall’espressione siciliana "Chi nicchi e nacchi" che significa "Che cosa c'entra?", quasi a sottolineare la domanda continua e elementare che ognuno di loro si pone ripetutamente.
Un “Cosa c’entra?” che potrebbe essere un: “E quindi?”, un: “E allora?”, o semplicemente un: “Perchè?”. Inizialmente a dare risposta a queste domande pare debbano essere i due personaggi a destra della scenografia Sorellina (Giulia Weber) e Fratellino (Gianluca Casale), che invece poi ci sorprendono raccontando una storia tutta loro, dove emerge sempre più il surrealismo beckettiano del duo siculo. Fratellino è preoccupato per suo cognato, che da uomo generoso qual è ha regalato tutti i suoi vestiti in giro, per questo ha subito la punizione di essere stato chiuso nel suo armadio, armadio poi portato via da un rigattiere di mobili usati. Fratellino è preoccupato per suo cognato, ma anche per le sorti della sua Sorellina che ha perso il marito. E’ in questo legame di sentimenti puri e autentici, seppur “ingabbiati” in uno spazio circoscritto dalla scena che si gioca una partita di dialoghi surreali nei quali però emerge l’empatia tra i personaggi e la continua insoddisfazione di non essere compresi da un mondo esterno in cui nulla è così puro e autentico. L’esterno è così feroce da prevedere nei quattro la necessità di scandire e ripetere con fraseggi e parole costanti il bisogno di tenersi distanti da tutto ciò che è fuori da lì e che non piace. E lo stare in contatto con questa delicatezza di sentimenti rende tutto più gentile e tenue, i personaggi dichiarano: “Noi, adesso, come grazia, vorremmo avere un semplice tocco…vorremmo avere un tocco leggero, come una carezza”. La sofferenza, lo stato d’ansia e il sentimento di delusione dei quattro protagonisti di “Fratellina”, lasciano spesso spazio al sorriso e all’ironia, fino alla fine della scena, nella quale appare finalmente l’armadio ritrovato; non sappiamo se dentro vi è il cognato perduto, ma sappiamo che sarà proprio quell’armadio a farsi rifugio ancora più stretto per i quattro personaggi, che ci si chiuderanno dentro, in cerca di un contatto ancora più profondo. “Fratellina” ci è parso quindi un grido silenzioso all’attenzione da portare giornalmente a tutti coloro che non sanno parlare, né chiedere, che cercano semplicemente carezze e un luogo sicuro dove stare. Piena di spessore e malinconia la frase citata da uno dei personaggi che forse racchiude il senso profondo di questa strepitosa messa in scena: “E’ nella distanza, coltivando e proteggendo l’illusione, che posso stare sereno, mentre invece, nella realtà, se mi avvicino a qualcuno, io, non posso più stare sereno…nella realtà, per stare sereno, io, mi devo allontanare, mi devo sempre più allontanare”.
Una stare in vita possibile quindi, solo mettendo in pratica una giusta distanza che permetta di coltivare l’illusione.
Barbara Chiappa
15 febbraio 2024
informazioni
“Fratellina”
Di Spiro Scimone
Regia Francesco Sframeli
con Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Gianluca Cesale, Giulia Weber
Tratto da Soli al Mondo, presentazione di Jean-Paul Manganaro
Produzione Teatro Metastasio di Prato, Associazione Culturale Scimone Sframeli
in collaborazione con Istituzione Teatro Comunale Cagli