Giovedì, 21 Novembre 2024
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Emilia, una storia d’amore, di colpe ed errori

Recensione dello spettacolo Emilia in scena al Teatro Argentina dal 25 marzo al 23 aprile 2017

Emilia

 

Emilia è la storia di ogni donna. La vittima prescelta dell'uomo, della società, dell'omertà, dell'indifferenza. È il capro espiatorio che ognuno vorrebbe avere a portata di mano, l' "oggetto" disposto a sacrificare per espiare le proprie colpe e le proprie perdite, accantonandolo, al termine, nel cassetto dei ricordi. Solo che, in questa storia, l'unica a conservare e a vivere di ricordi è proprio Emilia.


È lei a raccontarci la storia, "la storia di cinque personaggi in cerca d'amore" come l'ha definita Giulia Lazzarini che ne interpreta il personaggio, e lo fa alternando passato e presente attraverso il filtro della memoria.
I protagonisti avanzano sulla scena a poco a poco, uno ad uno. Il palcoscenico è in penombra, un ring di coperte e casse di un trasloco. Lo spazio scenico la dice già tutta: ci troviamo in un ambiente che – di regola – segna l'inizio di un percorso nuovo, ma questa volta è l'inverso; niente sta al proprio posto, nulla sta in piedi, tutti si perdono nei meandri di scatole vuote, pareti divisorie, silenzi e frasi non dette, bugie e ricordi. Ma quanto possono essere aderenti alla realtà i ricordi?
Emilia (Giulia Lazzarini) è stata la tata di Walter (Sergio Romano). Dopo tanti anni di lontananza i due si incontrano per caso e Walter, ormai uomo in carriera, la invita nella sua nuova casa per presentarla alla sua famiglia. Qui Emilia conosce Carolina (Pia Lanciotti), moglie di Walter e il di lei figlio Leo (Josafat Vagni) avuto dal precedente matrimonio con Gabriel (Paolo Mazzarelli). All'apparenza tutto sembra perfetto, Walter ha una moglie e un figlio che lo adorano ma, attraverso i ricordi di Emilia, a mano a mano si scoprono delle crepe in quel tranquillo habitat familiare. Durante la serata la tata comincia a raccontare di Walter bambino, di quanto fosse difficile da ragazzino, dei suoi genitori e del rapporto di costui con loro, con i suoi compagni e le altre persone. Emilia è una donna minuta e delicata, anche la sua voce, i suoi gesti, il suo amore è un amore puro e delicato, tutto ciò che le rimane e le è rimasto della sua vita passata sono solo i ricordi di cui molti, in verità, (specie quelli meno piacevoli) edulcorati dal tempo e dagli affetti. Emilia non è in grado di far del male nemmeno ad una mosca, per questo quando racconta lo fa con l'innocenza tipica dei bambini ignari di quanto sta per accadere loro intorno. Non sa che i ricordi, che Walter con gli anni ha tentato di cancellare, sono mine sparse su un terreno già bombardato e pronto ad esplodere di nuovo. Emilia se ne renderà conto solo quando è troppo tardi e, semmai una "via di fuga" dalla prigione dei ricordi che si era costruita c'era mai stata, alla fine ne resterà completamente catturata, distrutta, ovattata, condannando se stessa al carcere eterno per essersi macchiata del più grande peccato umano: l'amore.
Quella di Emilia, a primo impatto, potrebbe essere definita come la storia di un ricordo o di tutte quelle persone che dedicano la loro vita a prendersi cura di una famiglia. "Cosa ne è di loro nel momento in cui c'è n'è più bisogno? Cosa resta nelle loro vite, qual è la responsabilità nei loro confronti? Emilia parla di loro, dello "staccamento" tra persone che a volte cerchiamo di placare con uno smalto di solidarietà superficiale. Ecco, il personaggio di Emilia ha bisogno di prendersi cura degli altri. È ciò che la mantiene in vita" scrive Claudio Tolcachir nelle note di regia. Il drammaturgo, regista e attore argentino, nel mettere in scena questo testo ha preso spunto proprio da un suo ricordo, della volta in cui – in occasione del compleanno del fratello – andò a prendere in macchina la donna che per tutta l'infanzia era stata la loro bambinaia, e di quanto fosse rimasto colpito dagli aneddoti che quest'ultima gli raccontasse tramite la forza della reminiscenza avvolti di un amore intatto.
In realtà, analizzandolo a fondo, il testo di Emilia è un testo che parla di amore e molto altro. È un racconto struggente, violento, tenero e doloroso, anche tenebroso per certi aspetti che offre tantissimi spunti di riflessione, ma che lascia anche un grandissimo vuoto dentro. È un testo che ti prende e violenta l'anima, che ti sbatte contro un muro senza che te ne accorgi grazie anche ad un cast d'eccezione composto da cinque eccellentissimi attori che ben hanno saputo mantenere alta e forte la tensione (in sala non s'è udito nessun brusìo).
All'inizio tutto è moderato, calmo, ogni scena si svolge nella quiete – effetto voluto soprattutto dai monologhi di Emilia –, la protagonista non alza mai la voce, sembra passare inosservata agli occhi dei personaggi che agiscono davanti e dietro di lei e, quando meno te lo aspetti, la includono nei loro dialoghi. Se questo è ciò che contraddistingue Emilia da Walter, Leo, Carolina e Gabriel (che, assieme a Emilia, interviene in due monologhi) – tanto da rendere ancora più apprezzabile e fragile il personaggio – l'unico risvolto negativo resta quello di creare incomprensioni dal punto di vista dell'audio. Gli spettatori infatti, soprattutto quelli delle ultime file, hanno avuto non poche difficoltà a seguire l'intreccio della vicenda (tanto più che gli attori non erano microfonati).
Dettaglio questo, forse, voluto dal regista visto il tema delicato dello spettacolo che, ad eccezione di quest'unica pecca, resta assolutamente da vedere.

 

Costanza Carla Iannacone

31 marzo 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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