Recensione di Fotofinish in scena al Teatro Vascello dal 19 al 31 dicembre 2023 con Antonio Rezza e Flavio Mastrella
Fotofinish, una delle produzioni più interessanti del duo Rezza-Mastrella, in 20 anni di repliche, ancora fa parlare di sé come agli esordi. La portata originale e rivoluzionaria di questa complessa performance, non si è esaurita nel tempo, ma nel contempo si presenta ancora come un prodotto poliedrico e difficilmente catalogabile che non risulta d’immediata fruizione, pertanto ancora fa interrogare pubblico e critica con la presenza di una platea trasversale di ogni età. Di certo il lavoro di Antonio Rezza con le scenografie di Flavia Mastrella, non vuole trasmettere contenuti e dare messaggi pedagogici. È ben lontano dai generi teatrali tradizionali: ci appare come la liberazione della loro creatività e della loro fantasia senza freni, che ci trasporta in una realtà inconsueta, fatta di atmosfere surreali e personaggi insoliti e/o deliranti che però mantengono intatta la loro lucidità.
Ciononostante non si sfugge a uno spietato ritratto della realtà contemporanea: in Fotofinish avviene una commistione di tematiche, politica, sanità, religione, guerra, il ruolo sulla scena mondiale degli Americani. Come tenere insieme argomenti così differenti? Il leit motiv ce lo offre il protagonista: un uomo che si sente talmente solo da immaginare di essere all’interno di uno studio fotografico dove lui è contemporaneamente il fotografo e il cliente. Ad ogni foto che scatta, è associato un personaggio: il politico, il medico/l’ammalato/la suora in ospedale, il poliziotto all’interno di un teatro di guerra, una donna, poi un omosessuale, poi un uomo che giunge alla follia per lo spietato tran tran di un’insensata vita quotidiana, dove ciò che conta è correre. Ma è il cane che appare nelle battute finali il personaggio più emblematico che offre un’ulteriore chiave di lettura agli spettatori, ricordandoci il protagonista della canzone di Rino Gaetano dal titolo Escluso il cane. La scena si dipana in una sorta di flusso di coscienza incontrollabile attraverso una serie di gag dall’ironia spietata, che non risparmia nessuno, ma il risultato è talmente esilarante che il coinvolgimento del pubblico è totale.
A fare da spalla, l’attore Ivan Bellavista nelle vesti di Armando che agisce senza parlare subendo, fustigando, supportando, aiutando i passaggi dell’esecuzione. Le scene si susseguono in modo frenetico e dinamico con l’ausilio delle creazioni artistiche di Flavia Mastrella che hanno svariate funzioni, tra cui quella di supportare l’interpretazione dei vari personaggi o fungono da oggetti funzionali alla rappresentazione. Ma un ruolo primario è rivestito non solo dalle battute taglienti, irreverenti, mordaci ma soprattutto dal corpo del protagonista che recita solo con pantaloncini e stivali bianchi, a tratti completamente nudo. La sua fisicità sprigiona energia inesauribile e dinamicità in un moto perpetuo che si ferma solo per pochi secondi. Non esistono limiti e confini su questo palcoscenico: il pubblico diventa coprotagonista ritrovandosi contro la sua volontà all’interno della narrazione. In questa generale apparente performance di nonsense, ci sembra di intravedere un fustigatore delle ipocrisie che permeano la società, la religione, la politica traducendosi in una pièce irriverente, provocatoria, dissacrante ma terribilmente esilarante.
Mena Zarrelli
24 dicembre 2023