Recensione dello Spettacolo Abracadown in scena al Teatro Brancaccio di Roma il 3 il 4 ottobre 2023
Abracadown, in scena al Teatro Brancaccio di Roma il 3 e il 4 ottobre, comincia dai saluti: a sipario ancora chiuso, una carrellata di volti noti nel mondo dello spettacolo rivolge affettuosi e sinceri messaggi di incoraggiamento, proiettati su un grande schermo, a un cast d’eccezione, anzi eccezionale, al primo debutto su un palcoscenico di prestigio. Trentaquattro giovani attrici e attori, ballerine e ballerini e appassionati di canto, di magia e illusionismo, nati con una copia in più del cromosoma 21, una patologia comunemente conosciuta come sindrome di down, appena dietro le quinte, attendono trepidanti. L’effervescenza dei protagonisti, la stessa del gremito pubblico in sala, per lo più familiari, amici e rappresentanti del mondo dello spettacolo, delle associazioni e delle istituzioni (una menzione speciale va alla Ministra per le disabilità Alessandra Locatelli), è udibile e palpabile e sembra far già parte della messa in scena, preludendo sin dall’inizio la volontà di accogliere la platea in un grande abbraccio che abbatte il muro invisibile tra spettatore e opera. Il pretesto narrativo è l’esperienza realmente vissuta e condivisa che questi trentaquattro giovani, che interpretano in maniera autentica loro stessi durante tutto lo spettacolo, vivono nell’arco di sette mesi, accomunati dal sogno di esibirsi in un grande teatro.
La messa in scena, attraverso una serie di gag esilaranti e l’amichevole partecipazione di Alessandro Battista, è un susseguirsi di performance di recitazione e intrattenimento, di ballo e prove di magia e illusionismo. Al pubblico mostrano il percorso e non la meta finale, non la perfezione ma il perfezionamento, accompagnandolo attraverso un viaggio, quello delle prove che, dopo mesi di fatiche e impegno, ma anche di fiducia, condivisione ed entusiasmo, ha portato tutti e trentaquattro i protagonisti proprio nel qui ed ora, dove volevano arrivare, ad esibirsi su un palco autorevole come il Brancaccio, in un doppio appuntamento serale.
A introdurre la loro storia, ancora prima di uscire allo scoperto, una voce fuori campo, sulle evocative note di "Superman (It's Not Easy)" parla di sofferenze e di indifferenza ma anche di lotta e di volontà di una sana rivalsa. Una lettera scritta a quattro mani che è un invito ad andare oltre la paura dell’ignoranza, ad avvicinarsi agli altri individui e coglierne la loro irripetibile unicità e singolarità, oltre ogni stigma di diversità. Ancora prima che una pièce teatrale Abracadown è, quindi, innanzitutto un progetto di sensibilizzazione con l’intento di abbattere i pregiudizi di una società ancora troppo impreparata e arrogante. Fortemente promosso da Francesco Leardini, manager nel mondo dell’intrattenimento, anche lui sul palco per accompagnare l’avventura dei suoi allievi, mentore generoso e sempre (fin troppo) presente, il progetto ha ricevuto il prezioso supporto di Danilo Melandri e Giancarlo Giambarresi della AIPD Roma Onlus e di tanti altri sostenitori. Il drappo rosso finalmente cala e, con la scenografia di Federico Rossini, lo spazio è (quasi) tutto per loro: senza trucco e maschere di scena, con indosso solamente la maglietta bianca di Abracadown che rappresenta l’urlo di gioia e di affettuosa rivalsa che vogliono gridare al mondo all’unisono, eccoli, tutti e trentaquattro svelarsi alla platea ed esibirsi con generosità, spontaneità, energia e abilità di improvvisazione, ma soprattutto con un grande e inaspettato spirito di autoironia e un contagioso divertimento. Ogni giudizio di merito è momentaneamente sospeso per uno spettacolo certamente non convenzionale ma di grande impatto emotivo, che abbatte ogni pretesa di rigore del ritmo scenico e di eccellenza nella rappresentazione.
Una prima teatrale che rappresenta un volano di lancio per un progetto che si prefigura ambizioso con l’apertura di un’Accademia dello spettacolo dedicata e l’auspicio che in un prossimo futuro Francesco Leardini passi il testimone di mentore a uno dei ragazzi senior del progetto, almeno sul palcoscenico. Le premesse sono valide e l’atmosfera di festa che, sulle note dei Village People, anima la sala durante le conclusioni, abbattendo definitivamente il quarto muro e includendo tutti gli astanti, attori e pubblico insieme, in un grande unico abbraccio, ne rappresenta una più che convincente conferma.
Francesca Sposaro
8 ottobre 2023