Intensa edizione del capolavoro belliniano al Verdi
Recensione de I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Verdi di Trieste dal 24 febbraio al 5 marzo 2023
‘I Capuleti e i Montecchi’ era un titolo popolarissimo a Trieste a metà dell’Ottocento : venne allestito ben sette volte in poco più di venti anni, dal 1831 al 1853. Poi un lungo oblio, interrotto da una ripresa nel 1974 con un cast che vedeva una luminosissima Ricciarelli nel ruolo di Giulietta ed il troppo poco ricordato tenore Veriano Luchetti come Romeo, secondo un costume oggi abbandonato di affidare la parte ad una voce maschile invece che al registro mezzosopranile.
A quasi cinquanta’anni il titolo finalmente ritorna al Verdi, in un allestimento noto, che vede il coinvolgimento della fondazione Arena di Verona, il Teatro La Fenice e la Greek National Opera.
La regia di Arnaud Bernard presenta una lettura che potremmo definire metateatrale, piuttosto originale, anche se non del tutto inedita:l’opera viene ambientata in un Museo in ristrutturazione. I personaggi escono dai quadri, si muovono con movimenti forzati, plateali, che ripropongono i gesti delle figure che popolano i dipinti di Hayez, vere icone pittoriche ai tempi di Bellini.
Una idea portata avanti con innegabile coerenza, che spiega anche certe forzature nei movimenti, una gestualità da cartone animato, atteggiamenti da dive dei telefoni bianchi, personaggi che nei duetti non si guardano o lanciano invettive nel nulla, in una celebrazione dello stereotipo, che viene superato proprio attraverso la sua esasperazione.
Certo una scelta di questo tipo penalizza l’approfondimento, rende complesso cogliere lo spessore dei personaggi ed alle volte sfocia in situazioni nelle quali è difficile capire cosa sia cercato e cosa sia frutto di una certa maniera.
Forse alcuni passaggi particolarmente intensi avrebbero meritato, magari giocando in modo diverso con le luci, il superamento della posa a favore di una più autentica partecipazione, ma queste sono opinioni del tutto personali e per questo irrilevanti.
Suggestiva la chiusura, che riporta Capuleti e Montecchi dentro un gigantesco quadro, stigmatizzando la condanna per il padre di Giulietta e sublimando la scelta della metateatralità.
Funzionali allo spettacolo le piacevoli soluzioni sceniche di Alessandro Camera, molto suggestivi i bei costumi di Carla Ricotti e non sempre evidente la ragione di alcune scelte nell’impiego delle luci da parte di Paolo Mazzon, che comunque riesce a costruire dei momenti di grande suggestione.
Il coro, diretto da Paolo Longo, si muove con baldanza vocale e grande sicurezza scenica, confermandosi uno dei punti di forza del teatro.
Il direttore Enrico Calesso, raffinato conoscitore di Bellini, alla guida della sicura orchestra del Verdi, nella quale si facevano notare Paolo Rizzuto (corno), Marco Masini ( clarinetto) e Matteo Salizzoni (violoncello), ha proposto una suggestiva ed attenta lettura della partitura, dando prova di una apprezzata intesa con gli interpreti nei passaggi più complessi e riuscendo a tratteggiare una narrazione ricca di sfumature, con pagine di grande decisione che si alternano a momenti di forte intensità emotiva.
Veniamo quindi agli interpreti.
Diciamo subito che tutti sono all’altezza della situazione.
Emanuele Cordaro è Lorenzo. Vocalmente appropriato ed elegante in scena, riesce a dare il giusto peso drammaturgico a questo ruolo. Paolo Battaglia è Capellio, il padre di Giulietta. Professionale ed affidabile anche quando la voce appare un po’ affaticata, costruisce un personaggio credibile scenicamente e funzionale alla narrazione registica.
Marco Ciaponi interpreta Tebaldo. Parte sicuramente ingrata, perché breve ma complessa, con arie insidiose vocalmente ed impegnative dal punto di vista dell’interpretazione. Non bastasse, il tenore canta in entrambe le compagnie e di fatto quando lo abbiamo ascoltato era il quinto spettacolo in meno di una settimana.
Ne è uscita una prova elegante, di grande sentimento, con la giusta misura, come richiederebbe sempre Bellini, senza esibizionismi vocali fuori luogo, ma una solida tecnica posta al servizio dell’interprete, che esce a testa alta dalla prima aria ‘È serbata a questo acciaro’, ma anche dall’intenso duetto con Romeo della scena sesta del secondo atto, nel quale riesce a trovare sfumature struggenti ed intense.
Laura Verrecchia regala un Romeo di grandissimo spessore. Unica, impercettibile osservazione sul suo personaggio è che una barba posticcia od una forzatura del trucco avrebbero potuto nascondere l’avvenenza del volto del mezzosoprano, aiutando a rendere più credibile la figura en travesti.
Il suo Romeo è un giovane spavaldo e sicuro di sé, innamorato e determinato, pronto allo scontro, ma anche capace di momenti struggenti . Per riuscire a descrivere una simile varietà di situazioni, sono necessarie grandi capacità sceniche, una intensa capacità di calarsi drammaturgicamente nel ruolo, possedere una tecnica inossidabile che permetta di reggere anche la lunghezza della parte , acuti sicuri e smaglianti, fiati notevolissimi , un solido centro. Tutte qualità che la Verrecchia possiede ed utilizza con sicurezza, senza ostentazione, e con quel gusto che riesce a mettere in evidenza la grandezza della partitura belliniana.
Altrettanto di valore la prova di Caterina Sala. La sua è una Giulietta intensa, che non cade nella trappola dell’esibizione virtuosistica, nonostante le grandissime abilità vocali che le permettono di risolvere senza difficoltà le pagine più complesse. Quella che tratteggia, anche grazie ad un colore vocale di vibrante intensità, è una giovane donna combattuta negli affetti, che proclama il suo diritto ad esistere ed a decidere per la sua vita. Commuove nella supplica al padre, coinvolge nella passione amorosa , dimostra la modernità di una figura interessante e mai scontata. La sua sembra una sorta di narrazione parallela, ma perfettamente integrata, alla storia messa in scena da Bernard, quasi a liberare la fanciulla da maschere e stereotipi ed esaltare il senso profondo della storia personale rappresentata.
Uno spettacolo assolutamente riuscito, che pare sottolineare il tentativo del teatro di dare una svolta alla programmazione, osando titoli meno conosciuti ed allestimenti interessanti e coraggiosi, che riportino il Verdi sulla strada degli antichi fasti.
Il pubblico presente, decisamente numeroso, ha tributato applausi convinti sia a conclusione delle arie principali che a fine spettacolo, salutando tutti gli interpreti con innumerevoli chiamate in scena ed acclamazioni entusiastiche per le due magnifiche protagoniste.
Gianluca Macovez
27 febbraio 2023
informazioni
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022 23
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia lirica in due atti Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Personaggi e interpreti
Giulietta CATERINA SALA
Romeo LAURA VERRECCHIA
Tebaldo MARCO CIAPONI
Capellio PAOLO BATTAGLIA
Lorenzo EMANUELE CORDARO
Orchestra Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Maestro concertatore e direttore Enrico Calesso
Maestro del coro Paolo Longo
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Costumi Carla Ricotti
Luci Paolo Mazzon
ALLESTIMENTO DELLA FONDAZIONE ARENA DI VERONA IN COPRODUZIONE CON LA FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA E CON LA GREEK NATIONAL OPERA
Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, 26 febbraio 2023