Recensione dello spettacolo Pene d’Amor Perdute di William Shakespeare in scena al Gigi Proietti Globe Theathe dal 10 al 19 giugno 2022
“L’amor mio è di un immacolato color bianco e rosso.
Maculatissimi pensieri, padrone, si celano sotto tali colori”.
Shakespeare non è nuovo alla rivisitazione delle sue opere, ma prendere un’opera del Bardo e trasformarla in una “fiaba musicale” è una scommessa ardita. Ci provano, riuscendo, i giovani provenienti dall’Accademia “Silvio d’Amico”, con la regia di Danilo Capezzani, con cui si apre la nuova stagione del Globe, sotto la direzione di Nicola Piovani.
Pene d’amor perdute ha una storia molto semplice. Ferdinando il re di Navarra e i suoi amici, spavaldi e sicuri, firmano un giuramento: per tre anni si dedicheranno esclusivamente allo studio e non conosceranno le gioie e le pene dell’amore. In un tempo imprecisato, giunge, però, un’imprevista visita dell’affascinante principessa di Francia, accompagnata dalle sue damigelle, che renderà molto arduo mantenere il patto. I quattro perderanno la testa e faranno di tutto per conquistare le donne: lettere, regali, travestimenti, con un effetto comico assicurato.
Una satira nei confronti di quegli intellettuali che per brama di cultura esagerata si astraggono dalle gioie terrene, con l’effetto di rendersi ridicoli alle prime avvisaglie di innamoramento.
Pochi i dettagli di cui si compone la scenografia (due lavagne con delle scritte in gessetto a caratteri cubitali che sottolineano il succedersi rapido degli eventi: Letteratura, Cupido, una cattedra e delle sedie), lo squillo di una campanella, e il giuramento di sobrietà pronunciato dai personaggi della prima scena si trasforma nella fondazione di una rigida scuola privata da parte del re di Navarra, che in apertura cala la sua amata chitarra in una botola, e smette i panni di musicista per indossare quelli di rigido preside dell’istituzione.
Il regista Capezzani rilegge l’opera e riesce a mescolare gli ingredienti in un riuscitissimo cocktail di versi immortali, commedia romantica e musica nostalgica. Il testo è perfetto per una compagnia di ragazzi: chi più di loro può interpretare il vortice dell’amore? Si perde la trebisonda, ci si innamora a prima vista una volta e poi un’altra e un’altra ancora. Gli attori sono bravi, hanno i giusti tempi e mettono in scena quella energia vitale, dinamica, quasi atletica: i giovani amanti sono alle prese con acrobazie per calmare le proprie pulsioni, rincorrendo damigelle. Gli aspetti comici dell’opera vengono enfatizzati, e per fare questo la regia interviene in maniera innovativa in diversi punti del testo, eliminando personaggi della trama originale e le loro relative battute e modernizzando il loro linguaggio con diversi apporti dallo slang giovanile. L’adattamento prevede che gli interpreti recitino ognuno con un dialetto diverso, dal napoletano del gendarme Intronato, al romano dell’incolto Zucca, dal russo maccheronico imitato dal Re e Biron, fino all’irresistibile inflessione spagnola di Don Armado. Questa recitazione caricaturale risulta di grande effetto farsesco, nella parte iniziale. Man mano che si sviluppa, però, si nota qualche pecca: scene apparentemente disconnesse dalla trama principale, che appaiono più sketch eccessivi, che parte di una stessa commedia. Non mancano, infine, alcuni momenti di improvvisazione e interazione con il pubblico in sala, alimentando il clima festoso della serata.
Azzeccata la scelta delle musiche: dalla melodia di Summertime, di Quizas, Quizas, Quizas di Nat King Cole fino al più recente Tous les Mêmes di Stromae, tutti perfettamente inseriti per sottolineare la complessità del sentimento amoroso.
Una menzione meritano, infine, le scene e i costumi: dall’abito lungo primo-novecentesco sfoggiato dalla principessa di Francia e dal suo corteo si unisce l’outfit total black ben più moderno di Jaquinette, una smaliziata femme fatale piuttosto che un’umile lattaia nel testo originale.
La pièce non dimentica il messaggio di fondo, sotteso a tutta la trama: l’incertezza. Passioni che fanno agire istintivamente, a volte in modo sconsiderato: ma esiste una forza superiore che equilibra tutto. Il finale rovescia d’un colpo l’allegria: “Your father …” viene annunciato alla Principessa. “Dead, for my life!”, esclama la Principessa, quasi senza voce. Da civettuola manipolatrice nel gioco degli equivoci si trasforma in un altro personaggio. Triste. La morte entra nella commedia come un regista che sovverte i ruoli. Shakespeare si rende conto di scrivere un finale inusuale: senza le felici nozze a concludere amori contrastati. Tuttavia gli amanti si rivedranno (forse) dopo il periodo di lutto…quindi il finale non appare così amaro.
Un improvviso tuffo nella realtà, nella vita vera, in quella adulta, che trasla la commedia verso una dimensione semi-tragica, tramutandola, appunto, in pena d’amor perduto. Un finale aperto che sottolinea l’essenza stessa della vita fatta di sogni, delusioni e attese.
Alessandra Perrone Fodaro
13 giugno 2022
Informazioni
Pene d’Amor Perdute di William Shakespeare
al Gigi Proietti Globe Theatre
Regia e adattamento: Danilo Capezzani
Supervisione artistica: Luca De Fusco
Zucca: Leonardo Cesaroni
Boyet: Davide Fasano
Re: Gabriele Fusco
Intronato: Paolo Madonna
Jaquinette: Sara Mancuso
Caterina: Adele Masciello
Don Armado: Michele Enrico Montesano
Principessa: Sofia Panizzi
Dumain: Riccardo Rampazzo
Biron: Francesco Russo
Bruscolino: Samuele Teneggi
Rosalina: Sara Younes
Scene e Costumi: Marta Crisolini Malatesta
Assistente Scene e Costumi: Laura Giannisi
Drammaturgia musicale: Paolo Coletta
Assistente alla regia: Valentina Rota
Direzione tecnica: Stefano Cianfichi
Light Designer: Umile Vainieri
Sound Engineer: Daniele Patriarca
Produzione: Politeama s.r.l. e Accademia Nazionale d’Arte Drammatica
“Silvio d’Amico”
In scena dal 10 al 19 giugno 2022