Recensione dello spettacolo La Spallata in scena al Teatro Tirso de Molina in scena dal giorno 8 al 12 giugno 2022
Siamo nel 1963 in un quartiere popolare di Roma, dove ci si esprime prevalentemente nel linguaggio dialettale. Entriamo nella vita di una famiglia numerosa che riporta nomi di discendenza fascista, allargata anche alla presenza di zii e amici, come era consueto nelle famiglie del tempo. La componente femminile è prioritaria ed è delineata nelle sue varie sfumature di personalità: da subito cogliamo la dicotomia tra Eddarella e la zia rimasta vedova. La prima, giovane, piena di sogni e di aspettative sul futuro, ha rinunciato al guadagno sicuro che le procurava occuparsi di unghie e capelli per inseguire quello di fare carriera nel cinema e per questo intraprenderà delle frequentazioni che nel lungo tempo si riveleranno nocive. All’opposto, la zia, vive radicata nel passato al punto tale che i suoi interlocutori sono le foto del marito e del cognato, scomparsi prematuramente qualche anno prima. Non riesce più a guardare al futuro con interesse e ripropone esclusivamente il vissuto che emerge dai ricordi. Intanto Lucia, la sorella, rimasta vedova anche lei, è colei che si occupa concretamente di tutte le incombenze di casa ma è perennemente angustiata dai comportamenti preoccupanti dei figli: Eddarella, Benito detto Tito e Claretta. Anche i fratelli di Eddarella hanno intrapreso percorsi instabili in ambito lavorativo.
Tito passa da un’attività ad un’altra senza ingranare e ha speso tutta la liquidazione per costruire il bagno in casa. Claretta si è affiancata ai movimenti di estrema sinistra che sfociano, spesso, in episodi violenti e ha rischiato più volte di essere arrestata. Assistiamo alle vicissitudini che coinvolgono questa famiglia: è delineato uno spaccato di vita degli anni Sessanta di cui avvertiamo le atmosfere della Guerra fredda e del boom economico, ma ciononostante ancora le abitazioni non sono dotate del bagno e si rivela tortuosa la ricerca del lavoro, come ci spiega il personaggio di Tito. La frequentazione del parroco e della parrocchia, sono considerati efficienti escamotage per “rimediare il posto”, come suggerisce Lucia ai figli. Agli antipodi, inizia a infuriare la contestazione giovanile di quegli anni impregnata del sapore dell’estrema sinistra in radicale rottura con tale mentalità comune, come invece manifesta il personaggio di Claretta. Il finale inaspettato, a sorpresa, sconvolgerà gli equilibri su cui si era retto fino ad allora il nucleo familiare. Ma è proprio in chiusura che arriva il messaggio fondamentale di tutta la pièce: quando finalmente ci si allinea ai costumi sociali e si smette di ribellarsi e di sognare, allora avviene il vero dramma nell’esistenza dell’essere umano che corrisponde alla morte delle passioni.
L’adattamento e la regia di Vincenzo M. Battista, si rivela vincente per le convincenti scelte registiche. La scenografia ripropone fedelmente il contesto di quel momento storico, ma con una particolarità: i toni di fondo sono il bianco e il nero. Ne scaturisce sulla scena, l’immagine evocatica e suggestiva di una cartolina antichizzata. Le musiche selezionate con estrema cura, ripropongono i principali successi internazionali del 1963. Anche i costumi e le pettinature sono frutto di accurate decisioni che coniugano la bellezza e la moda del tempo. Ma l’ingrediente migliore di questa ricetta, è proprio l’interpretazione: i personaggi risultano caratterizzati in modo credibile e trainano il pubblico nel vortice degli eventi di cui si ci si sente partecipe. Teresita Carmelliti nelle vesti di Lucia, Agnese Piccolomini che presta il volto a Eddarella, Rosi Di Donato nei panni della zia e la giovanissima Claudia Veneziani che veste il ruolo di Claretta, tra tutti i bravissimi attori in scena, si sono imposte per la mimica, la voce, l’uso del corpo, l’interpretazione convincente che non ha nulla da invidiare a nomi più blasonati.
La Spallata: uno spettacolo accattivante al Teatro Tirso de Molina
Mena Zarrelli
11 giugno 2022