Recensione dello spettacolo Amare Cannibale, in scena al Teatro Tor Bella Monaca dal 13 al 15 Maggio 2022
Si entra nell’atrio del Teatro Tor bella Monaca e pensando ad un allestimento casuale si passa davanti a un piccola nicchia entro la quale un’attrice fa dei vocalizzi, poi si continua a camminare per entrare in sala. Gli attori sono già in scena e dopo poco parte la “messa in scena”. Il palco è relativamente spoglio, un letto, una cassapanca e pochi oggetti, fondamentali per questo racconto crudo e autentico della gestazione, nove mesi in cui il corpo e l’anima di una donna e di un coppia si trasformano inequivocabilmente. Al di là della recitazione sul palco dei bravissimi Valentina Favella e Riccardo Pieretti, che compiono un’ intenso lavoro fisico e recitativo, compare in scena con un sapiente lavoro di videomapping anche il personaggio dell’ amica della futura madre, l’ attrice Francesca Diprima (quella che faceva vocalizzi in una nicchia dell’ atrio del teatro), che si inserisce nello spettacolo come fosse sul palco. L’ amica in questo caso è l’ alter ego della futura madre, è tutto ciò che non si può, o non si è potrà più fare quando si sceglie di essere madri, è l’altra via, quella che forse non si potrà più percorrere. Tecnicamente quindi, si è costruita all’ esterno del teatro una cabina dove è stata collocata una piccola macchina da presa che permette di riprendere l'attrice in azione e proiettare, con video mapping, in diretta streaming sulla scena, la stessa ma con sfondi che cambiano continuamente, raffigurandola in contesti urbani.
Lo spettacolo ideato e scritto da Mariagrazia Pompei nasce da una serie di interviste e opinioni avute con delle donne sulla condizione dell’ essere madre, questa indagine, ha dato vita a una ricerca e a una messa in scena assolutamente efficacie nella sua crudezza. “Ho scoperto e conosciuto derive, scelte e stravolgimenti profondi di molte donne: fisici ed emotivi”; questo dice la Pompei nel racconto della costruzione dello spettacolo e quelle derive, appaiono tutte buttate in faccia allo spettatore che seppur travolto, sembra quasi pacificato da un racconto di maternità finalmente reale e assoluto. Anche le frasi scelte che scorrono sullo schermo a funzione di intervallo tra capitoli, parole di autori famosi sul tema della maternità sono una sottolineatura ulteriore al tema.
Non viene tralasciato l’ aspetto del padre, che però sembra essere quasi colui che insegue costantemente un piano di realtà e che è uno spartiacque in una comunicazione onirica tra due donne quella in scena e quella in video, l’amica, l’alter ego libera dalla prigione di quella casa in cui la coppia vive la sua “tragedia” della maternità.
“Amare Cannibale” è davvero uno spettacolo ben costruito, moderno, eppure canonico, nella recitazione e nella messa in scena, nulla è trascurato e denota il grande lavoro di ricerca che sottende; una sorta di indagine sociologica che chiarisce e schiarisce gli orizzonti su un tema ancor oggi quasi intoccabile.
E chi ve ne parla e racconta è sollevata da questa “voce” che inizia finalmente a parlare, senza utilizzare metafore, o personaggi archetipici risalenti alla tragedia greca, in modo contemporaneo e vivo dell’ esperienza magnifica e feroce della maternità.
Barbara Chiappa
15 maggio 2022