Recensione dello spettacolo Rumori fuori scena in scena al Teatro San Luca di Roma dal 6 all’ 8, dal 13 al 15 e dal 20 al 22 maggio 2022
Inizia tutto con un piatto di sardine che non dev’essere portato via dalla scena prima del previsto. È la notte precedente alla prima di uno spettacolo teatrale, e il cast è ancora convinto di prendere parte alle prove generali. Il regista è allo stremo, eppure, battute e movimenti vengono ancora sbagliati o ricordati male, e quel piatto di sardine viene portato via sempre quando deve, invece, restare in scena. Gli animi di tutti sono evidentemente agitati e le prove prima del debutto procedono tra alti e bassi: c’è chi dimentica le battute, chi è troppo sensibile e accusa malori, chi si diverte pensando che sia un grande spettacolo quello a cui partecipa, e chi è disperato perché poco fiducioso del risultato finale.
Ciò che veramente interessa al pubblico del Teatro San Luca di Roma è capire gli intrecci e le relazioni che sussistono nel dietro le quinte, laddove prendono vita le storie dei personaggi della commedia, interpretati dalla Compagnia Teatro Stabile di Helsingor.
Fin da subito, infatti, lo spettacolo permette al pubblico di capire che si è protagonisti della vicenda insieme agli stessi attori: quando Barbara fa la sua prima apparizione si rivolge al regista Giancarlo, seduto tra il pubblico, per chiedergli delucidazioni sulla sua scena ma sembra quasi che si rivolga a tutta la platea. È qui che il teatro diventa metateatro ed è questo il momento stesso in cui la compagnia teatrale, e in fondo l’opera stessa, richiede al pubblico la sospensione dell’incredulità, poiché si evince bene che non sta assistendo a delle reali prove teatrali. Da questo momento, quindi, ci si accorge che gli spettacoli cui assistere sono due, quello ufficiale, e quello del backstage, che quasi supera l’altro.
I rumori fuori scena sono, quindi, quelli che gli attori/personaggi fanno, nemmeno tanto silenziosamente, mentre sono o sarebbero sul palco. Si consumano dietro il sipario i veri drammi di cui ognuno di loro è unico protagonista: il regista che ha una tresca con due componenti del cast, le due donne all’inizio ignare e che poi si fanno la guerra, gli attori di lunga data che mostrano le proprie insicurezze, le gelosie tra attrici, e gli altri in preda a deformazioni personali e tic. Tutti insieme hanno il merito di rendere verosimile tutta la commedia degli equivoci che si gioca fuori e dentro al palco.
Interessante è notare come la confusione che domina in scena rientri all’interno di una sorta di geometria perfetta della struttura dello spettacolo: ogni pezzo/personaggio combacia esattamente con l’altro e il disordine, creato dalla ripetizione degli eventi che vengono osservati da punti di vista differenti nel corso dei tre atti, è ben modellato dagli attori. Il ritmo forsennato, tipico della commedia, viene puntualmente rispettato e le risate in sala sono garantite grazie non solo al testo di Michael Frayn, ma soprattutto all’alchimia creatasi tra gli attori della Compagnia, che permette loro di fare scintille.
Tra alcune scelte nei ruoli non siano state troppo felici, ma probabilmente necessarie, e l’adattamento del testo originale che ha trasformato la tournée americana in italiana con tappe improbabili come Piombino, la commedia può dirsi ben riuscita e sicuramente è da vedere per trascorrere una serata imprevedibile ricordandosi che “Quando la vita non offre che dolori e incertezze non esiste niente di meglio che un bel piatto di sardine!”
Diana Della Mura
20 maggio 2022
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