Recensione dello spettacolo Fiori d’acciaio in scena al Teatro Sala Umberto dal 3 a 20 febbraio 2022. Regia di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado.
Siamo nella radiosa e calorosa Sorrento all’inizio degli anni Novanta: sullo sfondo immagini di piante di limone e mattonelle in ceramica, all’interno di un gazebo, ampiamente diffusi nella realtà locale; in primo piano un salone di bellezza in cui quotidianamente si riuniscono un gruppo di amiche dalle personalità più disparate. Interno ed esterno s’incastrano diventando un unicum. Confidenze, commenti di varia natura sulle loro vite e sugli eventi del posto, animano le ordinarie discussioni delle protagoniste: Tamara la proprietaria del salone, Marilù e la giovane figlia che sta per sposarsi, Clara la moglie dell’ex sindaco, Luisa che dopo aver seppellito due mariti è un’agguerrita single, infine la new entry della compagnia, Ana che dopo essere stata picchiata e lasciata dal marito si ritrova in cerca di lavoro e Tamara le dà una possibilità.
La vita scorre e nei loro incontri emergono le loro personalità divergenti. Tamara è di origine romana, ma innamoratasi del luogo in cui si è sposata, non vuole più andar via. Marilù e la figlia Stella ripropongono la tipica relazione madre-figlia scandita dall’iperprotettività di una madre meridionale e dalle contestazioni di una figlia che vuole emanciparsi dal controllo genitoriale. Luisa è il personaggio più imponente della scena: parla con l’accento siciliano e col suo temperamento scontroso, facilmente irritabile, entra facilmente in conflitto con le persone del posto e con le amiche che però la conoscono e si divertono del suo perenne malumore. Clara è la più colta ed elegante, consumata dai rimpianti della vita precedente da first lady accanto ad un uomo che amava, mentre ora è sola. Infine sempre in atteggiamento defilato e dedito alla preghiera c’è la giovanissima straniera Ana, di cui si prendono cura le signore. Marilù è perennemente preoccupata per Stella, sofferente di una grave forma di diabete, mentre la figlia respinge le eccessive attenzioni materne e alla fine decide, in barba ai consigli della madre e dei medici, di provare ad avere un bambino. Passano gli anni e nonostante la gioia dell’arrivo del bellissimo bambino di Stella, le sue condizioni di salute si aggravano. È allora che questi “fiori d’acciaio” mostrano tutta la loro forza, il loro calore, la loro vicinanza all’amica Marilù, riuscendo a creare situazioni in cui si fondono perfettamente dramma e ironia. A salvare Marilù dalla disperazione, è proprio l’umorismo delle sue amiche, che si manifesta nella scena più alta dell’opera, quando Marilù, interpretata da un’emozionante e coinvolgente Tosca d’Aquino, non riesce a contenere la rabbia per la prematura e ingiusta scomparsa della figlia e un colpo di scena sdrammatizza e getta il pubblico in una fragorosa risata.
La pièce teatrale nasce dall’adattamento italiano di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado che hanno attinto dall’opera originaria di Robert Herling, nata come un racconto, trasformatosi in testo teatrale e diventato poi il successo cinematografico dal titolo originario Steel Magnolias, soprannome delle donne del Sud degli U.S.A. Felice e riuscita l’idea di ambientare la versione nostrana a Sorrento: nessun luogo poteva essere più adeguato a supportare l’espressione del calore, dell’accoglienza, di solidarietà femminile, veri protagonisti della storia. Tali donne sono fiori per l’amore, l’affetto e la complicità quotidiana, ma d’acciaio per la resilienza attuata dinanzi alla tragedia narrata ma realmente avvenuta nella vita dell’autore. La sorella di Herling, infatti, perse tragicamente la vita nelle circostanze riportate nella drammaturgia e forse il teatro è stato lo strumento per affrontare un lutto così traumatico e per dare un messaggio di coraggio e resistenza alle tempeste dell’esistenza umana. Brillanti le interpretazioni delle attrici Tosca d’Aquino, Rocio Munoz Morales, Emanuela Muni, Emy Bergamo, Martina Difonte e Giulia Webwr: personaggi ben tratteggiati e ben caratterizzati assumono una loro originalità e autonomia rispetto al corrispettivo americano, risultando ben impersonati e ben diretti dai due registi in tutte le sfumature dei loro ruoli. Anche i costumi sono curati e adattati alle singole personalità, aiutando la caratterizzazione dei personaggi. Il pubblico in sala, partecipe e divertito, alterna lacrime e risate fragorose, perfettamente in linea con l’intento dell’opera.
Mena Zarrelli
8 febbraio 2022