Recensione dello spettacolo "Troiane", tragedia greca di Euripide, regia Andrea Chiodi, adattamento e traduzione di Angela Demattè, in scena al Teatro Quirino dal 18 al 23 gennaio 2022
Il debutto della straordinaria tragedia di Euripide, risale 415 a.C. e nasce dall’idea dell’autore di raccontare una sorta di sequel dell’Iliade, immaginando i momenti successivi alla guerra di Troia tramandataci da Omero. Un elemento estremamente moderno della tragedia che colpisce nell’immediato, riguarda la scelta di protagoniste quasi esclusivamente femminili. Euripide in diverse opere preferisce indagare la realtà da una prospettiva alternativa per l’epoca, dando voce a personaggi come Elettra, Medea, Ecuba. Nell’opera Troiane s’impone la figura ieratica e tragica di Ecuba, vedova di Priamo e madre di 50 figli, tra cui Paride, Ettore, Cassandra, Polissena. La componente maschile della famiglia è stata interamente distrutta nella guerra di Troia e sono, ora, rimaste là ad attendere il proprio destino: lei, Cassandra, Polissena e la nuora Andromaca.
Nell’VIII secolo a.C., periodo in cui è ambientata la guerra di Troia, era consuetudine da parte dei vincitori ridurre in condizione di schiavitù le donne appartenenti al popolo sconfitto, per cui le protagoniste dell’opera di Euripide vengono rappresentate nell’attesa di ricevere la loro sentenza da Taltìbio, inviato dagli Achei a riferire le decisioni dei capi. In questi attimi di dramma, il fulcro della rappresentazione è incentrato su Ecuba che si trova a gestire come una roccia, come un saldo punto di riferimento, i drammi incombenti su tutte loro. Nonostante il contenuto a carattere mitologico, siamo di fronte a vicende inscenate dal punto di vista di chi è stato sconfitto, filtrato dalla sensibilità, dalla percezione, dal coraggio, dalla dignità, dall’eroismo di tali donne rimaste completamente abbandonate da tutti e in balìa di nemici spietati. Gli Achei non risparmieranno loro nessuna atrocità: Polissena verrà sacrificata sulla tomba di Achille, Ecuba sarà destinata al servizio di Odisseo, Cassandra diverrà l’amante di Agamennone e Andromaca andrà al servizio del figlio di Achille, a lei la sorte più atroce.
Il piccolo Astianatte, infatti, sarà ucciso per ciò che rappresenta: il coraggio, il valore, la dedizione al popolo troiano del padre Ettore, non possono sopravvivere nel suo erede, per cui bisogna estirparli adesso e per sempre. Odisseo nella visione euripidea, non è tratteggiato come il personaggio scaltro, intraprendente, assettato di esperienze e conoscenza, bensì come il più spietato dei vincitori, che non risparmia donne e bambini, assetato di vendetta. La tragedia, in questo caso, può assumere un afflato universale, riconducendoci a tutti i conflitti ingiusti visti dalla prospettiva dei vinti. Le donne troiane incarnano la resistenza di chi continua a vivere in condizioni disumane, ognuna con una propria risposta personale al dramma vissuto. La figura più indomita appare Cassandra: i suoi monologhi deliranti in cui rivela il futuro dei loro aguzzini, costituiscono tentativi estremi di ribellione alle imposizioni greche, considerati follia da Taltibio. Nell’adattamento di Andrea Chiodi, sulla scena rimane in disparte per quasi tutto il tempo, un personaggio apparentemente decontestualizzato: una donna che si specchia in un video che viene proiettato sullo sfondo.
Non è chiaro chi sia, ha un cappuccio in testa e assume atteggiamenti del viso seducenti, in completa opposizione con l’atmosfera drammatica che alleggia. Sul finale, mostra una fisicità curvy e dà voce ad un scontro fatto di accuse reciproche con Ecuba riguardo alla responsabilità del conflitto greco-troiano. Da questo momento risulta chiaro che si tratta di una versione inconsueta di Elena, che dà vita ad un monologo sul significato della bellezza, sull’utilizzo mistificatorio che se ne fa sui social e su quanto essa scateni drammi e malesseri nell’umanità. Il personaggio di Elena interpretato in chiave insolita, risulta l’aggancio con la realtà contemporanea, immettendoci in uno spaccato delle odierne società in cui, grazie alla diffusione dei social, l’immagine è diventata un elemento preponderante delle nostre esistenze, a scapito di significati più profondi. Inoltre ad attualizzare le vicende, la decisione del regista…di vestire i personaggi con abiti odierni, rendendo universali e attuali i vissuti dei protagonisti in scena, in cui possono identificarsi le società umane che subiscono ingiustizie, sofferenze, drammi immeritati scaturiti dalla legge del più forte. Anche la recitazione è modulata sul mondo contemporaneo, vicina alla nostra sensibilità, che, pur essendo carica di tensione e pathos, abbandona interpretazioni altisonanti e pose impostate a cui avrebbe potuto condurre la tragedia classica. Lo spettacolo coinvolge e commuove il pubblico in sala, avvicinato di più alle vicende grazie alle scelte registiche.
Mena Zarrelli
22 gennaio 2022