Recensione dello spettacolo Vite di Ginius in scena al Teatro Sala Umberto il 17 gennaio 2022
Il tema dell’Anima e i quesiti a essa legati hanno alimentato per secoli il dibattito culturale occidentale e orientale. Secondo alcune correnti filosofiche e religiose l’anima deve intraprendere un percorso di purificazione per riuscire a elevarsi e a realizzare il proprio destino. Di questo parla Vite di Ginius, il nuovo lavoro di Max Mazzotta che ha debuttato la scorsa estate all’interno del Campania Teatro Festival ed è andato in scena per un’unica e affollatissima data romana presso il Teatro Sala Umberto.
Al centro del palco c’è una specie di consolle da dj al cui interno trova posto Ginius (Max Mazzotta): parafrasando l’incipit della Divina Commedia, il protagonista si ritrova ad attraversare i meandri del labirinto delle proprie esistenze passate accompagnato da un’entità misteriosa - un po’ Caronte un po’ Virgilio - a fargli da guida e coscienza. Non è, infatti, per caso che Ginius si ritrova su questo mezzo di trasporto a metà tra la barchetta e l’astronave: dovrà, infatti, superare i confini del Tempo e della Storia. Non si tratterà, tuttavia, di un semplice ricordare: Ginius non solo rivivrà le proprie vicende ma, al tempo stesso, potrà osservarle in terza persona. Avrà, così, occasione di tornare a essere quella vecchia ottocentesca precocemente avvizzita a causa della sua codardia, un pavido commesso di un negozio di scarpe nella Roma degli anni ’60, un fratricida contemporaneo e il responsabile di un corpo militare in un inquietante futuro distopico. Riuscirà a compiere la propria missione individuale?
Con Vite di Ginius, Max Mazzotta si dimostra attore versatile e di gran talento ma anche autore strabordante, capace di un enorme lavoro sulla parola scritta e parlata: basti pensare che tutta la parte poetica dello spettacolo è scritta e recitata in canti di versi in rima alternata e canti in terzine dantesche a catena. Senza contare i giochi di parole, l’alternanza dei dialetti, lo sciorinare modi di dire antichi e neologismi. Una serie di giochi d’artificio verbali che, però, rischiano di bruciare l’intero spettacolo: come dimostra un prologo eccessivamente lungo ed esplicativo, che toglie a chi guarda gran parte del gusto della scoperta. Un altro difetto è il continuo appoggiarsi del protagonista al testo, posizionato su un leggio che fa parte della navicella: senza un adeguato escamotage drammaturgico che giustifichi la presenza di pagine consultate e voltate quel distogliere gli occhi dal pubblico da parte di Ginius per posarli sul copione non fa che rompere l’incantesimo di cui ogni messinscena ha necessariamente bisogno per divenire reale. Un vero peccato perché sarebbe bello credere sul serio, anche per la sola durata di uno spettacolo, di poter imparare da tutti gli errori fatti.
Cristian Pandolfino
23 gennaio 2022
Informazioni
Teatro Sala Umberto
Vite di Ginius
Scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta
Assistente alla regia Angela Candreva
Responsabile tecnico e struttura scenica Gennaro Dolce
Costumi Giada Falcone/Moema Academy
Consolle luci e video Serafino Sprovieri
Consolle audio Francesco Malizia
Produttore esecutivo/amministrazione Gianluigi Fabiano
Organizzazione Iris Balzano
Produzione Libero Teatro