Recensione dello spettacolo Le leggi della gravità. Con Gabriele Lavia, Federica Di Martino e Enrico Torzillo. Adattamento e regia di Gabriele Lavia. In scena al Teatro Quirino dal 2 al 14 Novembre 2021
Ancor più dell' antica ferita da arma da fuoco, a render claudicante e trascinante il suo passo è la stanchezza di una vita ridondante, prevedibile e abitudinaria. A poche ore dal suo pensionamento, cosa rimane ancora, in quell' ultima piovosa nottata normanna, all'anziano commissario (Gabriele Lavia), se non consumare stancamente i soliti rituali, cianciare contro il giovane poliziotto Antoine (Enrico Torzillo) e bere gli ultimi caffè amari?
Sarebbe trascorsa così la nottata se in commissariato non fosse entrata una donna (Federica Di Martino) chiedendo di essere arrestata perchè autrice dell' omicidio del marito, avvenuto dieci anni prima ed erroneamente archiviato come suicidio. La gamba fa troppo male al commissario e quel maledetto termosifone non ne vuol sapere di scaldarsi. Poi domani sarà in riposo e subito dopo in pensione. Non è proprio il caso di occuparsi di una questione spinosa che lo avrebbe rigettato dentro una serie infinita di pratiche burocratiche, propedeutiche alla riapertura del caso. Meglio se la donna ritorna domani: troverà il nuovo commissario. No, non è possibile: a pochi minuti dalla prescrizione della pratica la donna esige di essere riconosciuta colpevole, facendo appello ai doveri inprocrastinabili a cui deve attenersi il commissario.
Quando la voce della gravità ci chiama non possiamo ignorarla: è una voce stonata che disturba e stride da dentro e a noi non rimane che riconoscerla, accettarla e abbandonarci in essa. Metafora dell'umana e personale essenza, la gravità gorgoglia dalla profondità dei nostri abissi, esplorando i quali ritroviamo il nostro nucleo e le leggi che ci governano. Perchè le mani con le quali rimaniamo ostinatamente aggrappati ad un cornicione, per opporci all'attrazione dal basso, prima o poi cederanno.
Per troppo tempo la donna è rimasta ancorata a una versione illusoria e fittizia della realtà, finchè le sue mani non hanno ceduto e nel suo lasciarsi andare ha trovato la sua pace nell'autodenunciarsi. Quella pace che invece non trova il commissario, recalcitrante al cedere alla "sua" gravità, ostinatamente aggrappato alle proprie nevrosi. Il rituale diviene così, per l'anziano commissario, strumento per non sentire nè sentirsi: egli disperde energie in false priorità, dentro un girare a vuoto tra corse alla finestra per inveire contro i passeggeri dei treni notturni e ossessivi controlli a un termosifone che non si accende.
L'attenzione registica di Lavia si sostanzia nella modulazione del linguaggio espressivo del corpo dei personaggi: la stanchezza e ruvidità somatica del "suo"commissario si fondono e richiamano ad una stanchezza e indifferenza emotiva. Egli non sembra più provare vibrazioni per la vita, attorcigliato attorno ai suoi contrappesi trascura il dramma altrui che spesso diviene intralcio alla sua non vita. Ma nel girare intorno a se stessi senza raggiungersi ci si smarrisce. Particolarmente denso il momento in cui il commissario chiede al giovane Antoine rassicurazioni sulla propria esistenza.
Anche la donna, che arriva in punta di piedi, presenta una propria lentezza espositiva e corporea, ma è una lentezza diversa, centrata e ben dosata, di chi non corre a vuoto e chiede di essere lasciata "cadere".
Ad infrangere la ritmica dei due protagonisti è la leggerezza, quasi ingenua, della figura di Antoine, allegoria di un animo non ancora inasprito dalle vicissitudini della vita. Dalle convincenti prove attoriali complessive, emerge l'accuratezza recitativa di Lavia nell'incarnare l'anima e i tormenti di un uomo consumato da una vita in bianco e nero e ancora privo della propria centratura. La policromia interpretativa dello stesso Lavia ha permesso, inoltre, di alleggerire alcune ridondanze drammaturgiche rintracciabili nel suo personaggio. Semplice ma evocativo l'allestimento scenico di Alessandro Camera rappresentante l'asettico interno di un commissariato, stipato di dossier e fascicoli maleodoranti di burocrazia.
Accettabile riscontro di pubblico considerando l'orario pomeridiano infrasettimanale, per un lavoro teatrale convincente e prezioso.
Simone Marcari
6 novembre 2021
Informazioni
Le leggi della gravità
Atto unico dal romanzo: "Les Lois de la gravitè" di Jean Teulè
Con:
Gabriele Lavia
Federica Di Martino
e con Enrico Torzillo
Scene di Alessandro Camera
Costumi: Andrea Viotti
Musiche: Antonio di Pofi
Luci: Giuseppe Filipponio
Adattamento e regia: Gabriele Lavia