Recensione dello spettacolo Museo Pasolini, in scena all'Auditorium Parco della musica, Sala Sinopoli il 1 e 2 novembre 2021 all'interno della rassegna Roma Europa Festival 2021
Qualche anno fa, nella ricorrenza del 25 aprile, Ascanio Celestini citò le parole di Alessandro Portelli: queste: “La memoria è in movimento perenne, in continua trasformazione e quindi, più che a un oggetto che chiamo memoria, a me piace pensare a un’attività e a un processo che chiamo ricordare”. E continua: “La questione fondamentale è nel bisogno che oggi abbiamo di ricordare, il bisogno e l’interesse che alcuni hanno di “non” ricordare”.
E’ la memoria il centro del teatro di Ascanio Celestini, ed è grazie alla sua “ossessione” del ricordo che ci regala l’ennesimo spettacolo fatto di memorie, utilizzate sapientemente con lo stratagemma del museo; “Museo Pasolini” appunto.
E’ il 2 novembre del 1975, quando sul lido di Ostia viene ammazzato Pier Paolo Pasolini e quasi cinquant’anni dopo il Romaeuropa Festival, proprio nella giornate dell’ 1 e 2 novembre ci regala l’omaggio di Ascanio Celestini al grande artista, poeta, sceneggiatore, regista, drammaturgo.
Ma soprattutto poeta, secondo il racconto di Celestini, che utilizzerà la parola poesia fin dall’inizio della sua narrazione, “una poesia inconsumabile”, come un bene che perdura nel tempo, non si consuma appunto; che logora forse, ma che mai si logora.
Ed è pura poesia questo nuovo spettacolo di Celestini, la poesia della narrazione, della ricerca accurata di una storia di questo autore così atipico nel panorama teatrale italiano contemporaneo. Un teatro di narrazione quello che abbiamo avuto la fortuna di vedere in una “sala Sinopoli” dell’ Auditorium romano gremita di pubblico, una ricerca quasi ossessiva di una storia, raccontata minuziosamente e senza mai un attimo di pausa per quasi due ore e mezza.
Immaginate di raccontare una vita in due ore e mezza senza mai far perdere l’interesse del pubblico, accennando a fatti, azioni, dialetti, senza troppe forzature, ma con la maestria di chi vuole solo raccontare una vicenda. La storia di Pasolini scorre attraverso le parole con tratti di drammaticità che non cadono mai in un inutile vittimismo (Pier Paolo avrebbe voluto proprio così).
Celestini, peraltro, non è nuovo all’esplorazione di Pasolini. All’inizio della sua carriera, a fine anni ’90, scrisse e portò in scena il testo “Cicoria. In fondo al mondo, Pasolini”, che raccontava di un padre e un figlio in viaggio attraverso mezza Italia e che rimandava all'immaginario pasoliniano.
In questo caso Celestini utilizza la vita del poeta per raccontare la storia di un paese che ha rigettato uno dei suoi figli più illustri per anni, per poi riabbracciarlo dopo la sua morte come un eroe.
Il "teatro di narrazione" di Ascanio Celestini in questo lavoro è assolutamente pervasivo, catalizzante, la parola evoca immagini, a volte sembra nascere spontanea e improvvisa come in un racconto di anziani; altre ancora sembra studiata pedissequamente, fino all’ultima virgola. A volte sembra di avere dinanzi un cantastorie, altre, un uomo davanti a un flusso di coscienza irrefrenabile.
Lo stratagemma del museo, apparentemente banale, ma che riempie il titolo di quest’ opera e la valorizza, è visto nel pieno del suo significato: il museo come luogo di raccolta di reperti, catalogazione, conservazione, esposizione.
Pier Paolo Pasolini viene trattato esattamente così, ne vengono raccolti i reperti, catalogati, conservati (o meglio dire curati) ed esposti al pubblico.
Il racconto del padre Carlo Alberto Pasolini, tenente di fanteria, del fratello Giovanni, partigiano, trucidato da altri partigiani, quelli con il fazzoletto rosso, l’amore per la pittura mai espressa, una tesi in proposito mai data. E ancora; un successivo amore per Pascoli (con questa tesi invece si laureerà). Il diniego del partito comunista che non ha mai accettato una figlio così “diverso” nel suo fare politica, eppure l’unico vero politico che abbia mai rappresentato fino in fondo gli ideali di sinistra. Ma anche tutta la storia “scandalosa” del poeta, il delitto di Pelosi, la politica e i giochi di quel Palazzo che a Pier Paolo non è mai piaciuto.
Li vediamo tutti lì questi ricordi, esposti in questo museo, illuminato da due vecchie lampade su una scenografia scarna. Illuminati dall’immenso lavoro di ricerca e riflessione di Ascanio Celestini, davvero bravo!
Barbara Chiappa
4 novembre 2021