Recensione dello spettacolo Atto di Passione, in scena al Mattatoio/teatro2 all'interno della rassegna Roma Europa Festival dal 21 al 24 ottobre 2021
Immaginate di entrare nello spazio Teatro 2 al Mattatoio, nella Pelanda, una delle architetture industriali più suggestive di Roma; spazio adibito in passato al macello delle carni. Nel passare il corridoio blu che vi porta all’ ingresso del teatro, se alzate , o girate lo sguardo, potete vedere carrucole, o ganci dove le bestie venivano appese a testa in giù. Ora immaginate di entrare in uno spazio scenico già allestito e di prendere posto. Nello spazio scenico sono già presenti due corpi, quello di un uomo nudo e quello di una donna vestita da un costume e da un copricostume; dietro di loro, fuori dalla scena, ma di poco, un altro uomo dietro una consolle, mixer e strumenti. Ora immaginate di prendere posto, tra il vociare di chi sta compiendo la stessa azione insieme a voi. Il corpo nudo dell’uomo immobile crea già un senso di straneità. Il compiere gesti abituali, come sedersi, togliersi il soprabito, asciuga completamente qualsiasi imbarazzo, qualora ci fosse, nel trovarsi dinanzi un corpo nudo d’uomo. Ancora carne, non si sa ancora se “da macello“ anch’essa. Ora immaginate che l’inizio della performance sia dato semplicemente da una luce che si abbassa e le voci del pubblico si tacciono subito a quel richiamo.
Si inizia.
Questo l’incipit dello spettacolo «Atto di passione», di Dante Antonelli, all’interno della rassegna REF (Romaeuropa festival). I posti del suggestivo spazio Teatro 2 sono tutti pieni, l’organizzazione ineccepibile, il pubblico è quello del Romaeuropa festival, un pubblico di quasi esperti di teatro, danza e musica contemporanea, che quest’anno ricomincia a muoversi in libertà e godendo al massimo dell’offerta della rassegna, nei luoghi diversi della città.
Atto di passione è il secondo capitolo della serie Quattro atti impuri ispirato alla produzione romanzesca di Yukio Mishima, da cui il regista Dante Antonelli viene stimolato, in particolar modo dai tre romanzi: La scuola della carne, Trastulli di animali e Colori Proibiti. La conoscenza di Antonelli di Mishima è evidente, tanto che ne risulta quasi un’opera “non scritta”, ma sicuramente pensata dal grande autore giapponese, che Antonelli riscatta e addolcisce.
La scena inizia a muoversi attraverso i due attori, Valentina Beotti e Claudio Larena , sempre loro in scena, i loro corpi, le loro parole, milioni di parole, dialoghi infiniti, accompagnati sempre da sonorità diverse. Sonorità gestite dal sapiente Mario Russo, che a volte prende in mano una tromba, altre un violino, poi le percussioni, danza su un mixer e un sintetizzatore e quant’altro ancora.
E fortunatamente c’è la musica in questo infinito bagno di parole, tanto che il personaggio femminile dirà a un certo punto: “mi sono fatta possedere dalle parole”. Lei è una scrittrice, quarantenne, lesbica che odia gli uomini, lo dichiara, lo sottolinea sempre. Lui un ragazzo ventenne, un gigolò omosessuale. Si incontrano e amano al di là della loro sessualità. Scavalcano apparentemente ogni paradigma per gettarsi in un “mare” di passione, per ritrovarsi ad annegare in una dipendenza d’amore, semplice, quotidiana, malata. Il mare è il luogo che accompagna la scena, i due vivono in un’isola. Il mare tanto caro a Mishima, che come nel suo romanzo Trastulli animali è fonte di ispirazione per Antonelli, che isola i due amanti in un luogo che è un paradiso, ma che li ingabbia come in un inferno.
Valentina e Claudio, questi i nomi dei due amanti, si parlano, si raccontano, ci raccontano mille volte il loro amore. Interessante il gioco della sceneggiatura che fa ripetere ai personaggi più di una volta il loro incontro, con successioni e dialoghi diversi. Finali possibili e molteplici tentativi di provare a capirsi. Che in fondo non è altro che ciò che succede spesso in una coppia. Riavvolgere, ricominciare, riprovare, seppure nello svolgimento del nastro la storia cambia, ma spesso l’epilogo rimane uguale.
Evidente il gioco costante del capovolgimento dei cliché sull’identità sessuale e un’analisi sugli stereotipi di genere. Il lui diventa lei, poi di nuovo lui. Valentina diventa il personaggio di un suo romanzo, Eleonora, che ama non più Claudio, ma Claudia. Ed è proprio attraverso i personaggi del romanzo e la costante affermazione della contraddizione in cui si trova la protagonista ad amare un uomo e non una donna, come lei vorrebbe, che si snocciola la tragedia.
Sì, perché di tragedia a un certo punto si tratta, imponente come quelle greche, con svelamenti e ferite profonde, valorizzata dalla recitazione classica di Valentina Beotti (discepola di Albertazzi e della Malina). Recitazione naturalizzata e sciolta spesso da Claudio Larena, attore di formazione contemporanea della scuola dello stesso Antonelli.
Tragedia che culminerà in una tragedia, con macchie di sangue che coloreranno le carni. Tragedia però già macchiata dal peso delle parole, continue, a volte assordanti; seppure mai urlate.
Atto di passione ci porta a una profonda riflessione sull’ amore, sulla difficoltà di accettare la propria sessualità, sulla ricerca costante dell’ equilibrio personale. E Dante Antonelli ci propone questo lavoro proprio in un momento in cui la fluidità dei generi sembra assorbita nella società. Eppure rimane il tormento, l’ indecisione l’ insicurezza che supera il genere e che probabilmente è insita dell’atto di amare.
“Ecco come posso definire in una sola frase il cosiddetto amore: è l'illusione di poter congiungere il fenomeno con la realtà”.
Yukio Mishima
Barbara Chiappa
24 ottobre 2021