Recensione dello spettacolo La Lezione di Eugène Ionesco, in scena il 22 luglio 2021 a I giardini della filarmonica all’interno della rassegna I solisti del teatro.
Sullo sfondo del suggestivo scenario all’interno de I giardini della filarmonica, in scena la prima nazionale de La lezione di Eugène Ionesco, regia di Luca Ferrini con Alberto Melone e Paolo Roca Rey. Di fronte ai giardini riempiti dal pubblico, ad accoglierci la scenografia di una salotto con scrivania nel disordine completo. Al momento della comparsa dei personaggi sulla scena, gli spettatori edotti sulla trama rimangono disorientati: al posto della studentessa che appartiene alla drammaturgia originaria di Ionesco, troviamo un ragazzo! Ma ad avere un effetto ancor più estraniante sul pubblico è la presenza del professore che imperterrito, utilizza l’appellativo “signorina”, non desistendo neanche dinanzi alle precisazioni sul proprio genere sessuale dello studente che, a quel punto, si arrende assecondando il bizzarro docente. Il dubbio se sia un uomo o una donna quasi si insinua anche tra chi assiste seduto nell’ampio spazio verde.
Questo “dramma comico”, così definito dallo stesso autore, ci pone di fronte ad un ulteriore assurdo, all’interno del Teatro dell’assurdo, a cui fa riferimento l’opera. Tale definizione racchiude il filone teatrale innovativo e sperimentale sviluppatosi in Europa negli anni Cinquanta. Ionesco compone La lezione nel 1951, un anno prima di Aspettando Godot di Samuel Beckett. Nell’atmosfera culturale che si respira in quegli anni, i fondatori del Teatro dell’assurdo rompono nettamente con la tradizione, ispirandosi alla corrente filosofica dell’Esistenzialismo secondo cui l’individuo viene concepito solo, alienato, gettato in un’esistenza senza senso. Gli autori del Teatro dell’assurdo, propongono un teatro che perde la sua funzione pedagogica e diventa una rappresentazione di eventi paradossali costruiti su dialoghi articolati sul nonsense. La lezione, tra le prime composizioni teatrali di Ionesco, incarna perfettamente tale atmosfera culturale e tale raffigurazione dell’essere umano. Dunque la trama, nota ai più, si snoda attorno ad atmosfere prive di logica e personaggi surreali, irrazionali, privi di spessore psicologico, simili a marionette che si muovono tra situazioni paradossali e intrise di nonsense. Nell’incontro tra il professore e l’allievo/a, la realtà inizialmente appare ordinaria, ma in crescendo si assiste ad una graduale esplosione di rabbia dell’insegnante di fronte alle mancate risposte del nuovo studente/essa a domande banali, sempre più banali, apparentemente insensate. Di contro, il discente diventa sempre più sofferente e vittima di quella che diventa vera violenza fisica. La disposizione sulla scena pone al centro il docente, spesso posto più in alto dell’allievo/a, mentre questi è più defilato e sovrastato dalla figura del professore. In termini di prossemica, questa costruzione scenica sembra rimandare alla lettura critica secondo cui nella figura del docente, si ravvisa un attacco all’istituzione scolastica in sé, come soggetto che opprimerebbe, fino a schiacciare totalmente, l’individuo, condizione che l’autore di origine rumena avrebbe sperimentato nel suo Paese dell’Europa orientale soggetta al controllo dei regimi totalitari comunisti. Questa critica alle ideologie totalitarie sembrerebbe suffragata da alcune scelte registiche: l’insegnante è ricoperto da abiti sovrapposti e durante lo spettacolo, ad intervalli, toglie uno strato di vistiti su cui di volta in volta sono presenti i simboli del totalitarismo, dalla svastica alla falce e martello.
Giudizio complessivamente positivo sull’impostazione del regista Luca Ferrini che sceglie di accentuare l’aspetto tragicomico della pièce inserendo l’elemento a sorpresa che crea ambiguità attorno al genere sessuale dello studente chiamato studentessa, esasperando così i paradossi già insiti nella rappresentazione originaria. Inoltre, grazie all’interpretazione ben riuscita e a tratti esilarante di Paolo Roca Rey che rende il suo personaggio una simpatica vittima della follia del suo carnefice, gli spettatori presenti appaiono partecipi e divertiti. Pienamente riuscita anche la prova attoriale di Alberto Melone che, grazie ad una mimica, una gestualità e toni sovraccarichi, evidenzia gli aspetti di follia e di irrazionalità che contraddistinguono il suo personaggio.
Mena Zarrelli
26 luglio 2021