Recensione dello spettacolo “Uno, nessuno e centomila” in scena al teatro Sala Umberto dal 20 al 30 aprile 2017
In occasione del 150° anniversario dalla nascita dello scrittore Premio Nobel, Enrico Lo Verso prende uno dei romanzi più letti e conosciuti di Pirandello e, grazie anche a un sapiente adattamento del testo letterario a opera di Alessandra Pizzi, qui anche regista, lo porta in scena al teatro Sala Umberto in maniera superbamente contemporanea e profonda.
È solo sul palco Lo Verso quando si apre il sipario: si presenta al pubblico come Vitangelo ‘Gengè’ Moscarda, un uomo che ha avuto la fortuna di ereditare dal padre quella banca che permette a lui e alla moglie Dida di vivere nell’agiatezza e nella tranquillità fino a quando, in seguito a un commento della moglie sul suo aspetto fisico, Vitangelo inizia ad avere una crisi di identità. Si rende conto che l’immagine che gli altri hanno di lui non coincide con quella che lui ha di se stesso: diventa pian piano consapevole che non esiste un solo Vitangelo, unico per tutti, ma ne esistono centomila diversi. Questa improvvisa crisi d’identità lo porterà inevitabilmente alla pazzia completa e finirà abbandonato da tutti in un ospizio.
Mai testo fu più attuale di questo: con la sua prosa, a distanza di cent’anni, Pirandello continua a insinuare nel pubblico dubbi, domande e perplessità che l’essere umano si pone da sempre in quell’assidua ricerca dell’IO, che lo stesso Freud aveva scomposto in tre entità e che Pirandello già sapeva essere non facile da trovare. Scava dentro di sè, quindi, e al di fuori di sè il Vitangelo interpretato da Enrico Lo Verso che, rendendo forse proprio omaggio al testo, diventa sul palco quell’ “Uno, nessuno e centomila”: nelle vesti di Vitangelo, infatti, narra la storia principale pronto a trasformarsi all’occorrenza e con una facilità sorprendente negli altri personaggi del romanzo, diventando ora la pressante moglie del protagonista, ora la bella Anna Rosa e ora i due amministratori della banca, Quartorzo e Firbo che lo faranno internare. Lo spettatore non può fare a meno di notare la maestria con cui Lo Verso affronta questo sdoppiamento continuo, attribuendo a ogni personaggio movenze, inflessioni e carattere propri al punto che diventa facile ‘vederli’ quasi fossero lì sul palco in carne e ossa.
I dieci anni di assenza dal teatro non hanno in alcun modo minato la bravura di Lo Verso, la cui interpretazione si distingue per efficacia, genuinità e modernità: l’attore palermitano riesce, fin dalla prima battuta, a catturare l’attenzione del pubblico e a ipnotizzarlo trasportandolo nel mondo di Vitangelo a tal punto da tenerlo incollato alla poltrona per quasi un’ora e mezza di spettacolo.
Tra le inflessioni tipiche della lingua di Pirandello, la follia e l’umorismo del testo, Lo Verso esprime appieno il conflitto che il suo personaggio ingaggia tra sè e sè e tra sè e gli altri dimostrando che, nonostante tutto, è ancora possibile essere se stessi e distinguersi dalla massa, sottolineando come il tema della disgregazione dell’IO, che cerca di evadere dalla gabbia sociale per trovare una propria individualità, appaia oggi più di ieri enormemente attuale in un mondo che ci sta rendendo sempre più ‘massa informe’ imponendoci maschere che non ci appartengono.
Diana Della Mura
24 aprile 2017