Recensione dello spettacolo Se fossi fico in scena al Teatro de’ Servi dal 4 al 23 Aprile 2017
“Fossi figo frequenterei il locale giusto,/ fossi figo conoscerei la gente giusta/ fossi figo indosserei vestiti trendy,/ certe volte son dei capi orrendi/ che a nessuno li rivendi.” Si apre così, sulle note della canzone di Elio e le storie tese, l’ultimo lavoro della compagnia teatrale Rubba Galline Se fossi fico. E no, non è una coincidenza: il tema della “ficaggine”, che renderebbe tutto più semplice, a partire dalla conquista della bella di turno, è il leitmotiv dell’intera pièce o meglio il punto di partenza per riflettere su una serie di questioni con cui siamo chiamati a fare i conti giorno dopo giorno. Perché, sì, uno dei motivi della buona riuscita di questa commedia è senz’altro, oltre alla bravura degli attori sul palcoscenico, la forte aderenza alla realtà che il testo (di D’Ostuni, Locci e Trombetti) così come la scenografia (di Ferruccio Caridi) e la regia (di Daniele Trombetti) riescono a rappresentare.
Mimmo (Clelio D’Ostuni), Walter (Daniele Locci) e Fabio (Daniele Trombetti) sono tre coinquilini romani, chiamati a fare i conti con affitto e bollette da pagare, turni di lavoro estenuanti e regole di civile convivenza non sempre facili da mandare giù. Ma sono anche e soprattutto tre amici, che sanno farsi coraggio e aiutarsi nel momento del bisogno. E il momento del bisogno non tarda ad arrivare.
Fabio, senza lavoro, sogni ed obiettivi (almeno in apparenza) è il “bamboccione” di casa. Spesato e mantenuto dai suoi coinquilini, passa le giornate a giocare alla play station, finché, costretto a consegnare una lettera alla perfida avvocatessa Amelia Bonomo (Roberta Marcucci), si invaghisce della giovane e attraente segretaria Beatrice (Sara Baccarini). Ma come può uno come lui, senza né arte, né parte (fosse almeno bello), piacere ad una come Bea, molto desiderata dagli uomini (e dal suo collega Maurizio, interpretato da Ilario Crudetti) e con un lavoro rispettabile?
Con una ripulita, un pizzico di fantasia e una manciata di amici, quelli veri. Gli ingredienti giusti per far partire la storia: quella, inventata, di un conte e del suo “curioso” entourage alle prese con finti investimenti finanziari; e quella, romantica e reale, di Fabio, un ragazzo semplice e di gran cuore, pronto a sfidare se stesso e il suo passato per conquistare la donna di cui è innamorato.
Così tra escamotage e figuracce varie, battute in romanesco e humor da borgata, prende avvio, si sviluppa e conclude una storia coinvolgente, che strappa risate, regala buon umore e soprattutto invita all’azione. Per vincere le cattive abitudini e l’abitudine stessa; per superare la paura di raccontare a se stessi e agli altri chi si è veramente e l’incapacità di manifestare i propri sentimenti.
Potremmo definirla una fiaba ambientata nel presente, che riesce nell’intento di rappresentare i mutamenti e le paure dei tempi moderni, in cui i ruoli si confondono, a volte alternano e le famiglie si scelgono, mentre l’affetto sincero di un’amicizia consolidata si rivela l’unica vera arma vincente nelle mani dell’(anti)eroe odierno.
Concetta Prencipe
24 aprile 2017