Recensione dello spettacolo Wasted, in scena al Teatro India dal 14 al 26 gennaio 2020
Tre ragazzi, non più ragazzi, si incontrano in una sala prove, attorno ad una batteria vuota. Lo strumento di Tony, l’amico che li ha lasciati. Sono lì per commemorare, ma finiscono per tirare le somme delle loro esistenze. A partire dalla adolescenza, fatta di musica, droghe e senso di onnipotenza, fino alla condizione attuale, grave di perenne insoddisfazione e della insostenibile sensazione di aver sprecato (Wasted) la vita.
Partiti insieme dalla fine del loro mondo (all’inizio, in un video, interpretano The end of the world di Skeeter Davis, interrotta da un pianto irrefrenabile), i tre hanno seguito percorsi contrapposti. Ted (Gabriele Portoghese) ha scelto una vita comune: un lavoro stabile e una moglie. Danny (Xhulio Petushi) continua, senza talento e senza successo, a coltivare i suoi sogni di rock and roll. Charlie (Sylvia De Fanti) è un’insegnante insoddisfatta e ha deciso di partire, cambiare vita. Un’ultima notte da trascorrere insieme, fra birra, fumo e canzoni. Una notte per confidarsi. Una notte per vincere il rimpianto per le decisioni che non si ha avuto il coraggio di prendere: se salire su un aereo o dar vita a un amore che non si è stati capaci di coltivare.
Lunghe digressioni, confessioni, scambi dialettici: una notte per scoprire che, qualunque scelta sia stata fatta, non risolve l’equazione; che con l’insoddisfazione, con l’imperfetto, con l’irrisolto si convive necessariamente. La sola Charlie trova la risposta che soffia nel vento, ma pare irraggiungibile: la conquista della consapevolezza, che traccia un cammino da percorrere decisi e a testa alta, se non si vuole sprecare quest’unica vita.
L’opera di Kate Tempest, rapper, poetessa, scrittrice, drammaturga londinese, classe 1985 è l’affresco di un’epoca e di una società. Non solo quella dei suburbs londinesi dove l’autrice è cresciuta. Destinataria di Wasted è una intera generazione sperduta, senza riferimenti, senza linee tracciate da seguire e che è costretta a trovare in sé stessa la stella polare. Bene fa quindi la regista Giorgina Pi a decontestualizzare il testo e la scena, togliendo limiti alla riflessione. Wasted diventa così il racconto universale della disillusione, del rimpianto, dello spaesamento, dell’incertezza, dell’instabilità.
La scrittura della Tempest, che beneficia dei suoi molteplici talenti, riunisce dialoghi serrati e monologhi come flussi di coscienza, incursioni nel lirismo, video, musica. La disponibilità di molteplici strumenti conduce ad una forma di spettacolo moderna ed innovativa, che Giorgina Pi sa riportare sul palcoscenico del Teatro India.
Bene gli attori. Gabriele Portoghese rappresenta efficacemente la drammatica tensione di un uomo che difende pervicacemente le sue scelte, pur riconoscendone la fallacità. Xhulio Petushi, con una impostazione monocorde, descrive l'ignavia di chi si lascia trascinare dalla vita, rimanendo aggrappato al tronco dei ricordi. Ancora meglio Sylvia De Fanti, che dà lacrime al dolore (e al pubblico) e voce forte alla voglia di riscatto.
Hanno ragione i tre protagonisti nel monologo iniziale. Non c’è nessuna verità da scoprire. Nessuna certezza. Tutto è precario, discutibile, confutabile. Si può restare ancorati in porto o intraprendere una rotta qualunque con il timone bloccato. Oppure, come poveri naviganti incerti e sballottati dalle onde, correggere continuamente l’andatura, senza certezza di un approdo, semplicemente andando avanti. Nessuna fede che può essere smentita, nessuna speranza che può essere delusa, nessun punto fermo. Solo andare avanti. Questo è forse il senso della vita. Solo così – forse - potrà non essere sprecata.
Valter Chiappa
18 Gennaio 2020
informazioni
Wasted
di Kate Tempest
traduzione Riccardo Duranti
uno spettacolo di Bluemotion
ideazione e regia Giorgina Pi
con Sylvia De Fanti, Xhulio Petushi, Gabriele Portoghese
orari spettacolo
ore 21.00
mercoledì ore 19.00
domenica ore 18.00
lunedì riposo
durata 80'