Recensione dello spettacolo: Il guaritore, di Brian Friel. Con Angela Sajeva, Emilio Dino Conti, Riccardo de Torrebruna. Regia di Riccardo de Torrebruna. In scena al Teatro Lo Spazio dal 7 novembre 2019 al 10 novembre 2019
Nel buio della propria notte i contorni della realtà oggettiva sono vaghi e sfumati...le nostre emozioni e i nostri orrori necessitano di essere protetti attraverso un racconto interiore di cui abbiamo cambiato il finale e strappato alcune pagine dal contenuto per noi doloroso e indigesto. Ma le vibrazioni emotive, anche se distorte, chiedono di essere raccontate, come se cercassero aiuto, protezione e perdòno fuori di noi. Si parlerà di Francis Malone come un guaritore con il vizio dell'alcool, ma egli fu soprattutto un uomo prigioniero di se stesso, imbrigliato e soggiogato dalle sue doti miracolose che non riuscì a gestire, rendendo intermittenti ed imprevedibili il suo successo e la sua esistenza. Egli non smise mai di cercare se stesso nei meandri di una sbornia o dietro le quinte di una vita allo sbando.
Diveniva sempre più stretta quella morsa nella quale il personaggio non coincise con la persona, tormentata quest'ultima da domande esistenziali che non trovarono mai risposta e, come qualcosa che non si chiude e grida degna sepoltura, si riproposero per una vita intera in cerca di risoluzione. Il racconto della sua storia, rivolto apparentemente all'esterno, è in realtà una confessione interiore che non prevede interlocutori: la sua voce sembra sussurrata come per trattenere un contenuto intimo e ancora appartenente al regno del non dicibile. Condannato dagli altri ad essere un guaritore anche quando sapeva che non sarebbe accaduto proprio niente: è stata questa la sua peggior punizione che lo rese un uomo controverso, a volte geniale, più spesso mediocre. Durante le sue esibizioni iniziate nei mille paesini della Scozia e finite in Irlanda, egli imparò a disprezzare la folla di malati che, a suo dire, sembravano accorrere non per essere guariti ma per avere la dimostrazione tangibile di essere casi disperati e inguaribili. Sua moglie Grace, considerata da Frank semplicemente amante in senso dispregiativo, non riuscì mai a cogliere il talento del marito: ad essere in evidenza erano la solitudine, disperazione e normalità di questi.. Il vissuto di Grace sembra essere diverso da quello che Frank pensava di aver colto in essa. La donna che egli dipingeva come sostegno sicuro e tollerante dei suoi eccessi, in realtà era una persona che urlava in silenzio la propria disperazione, anche lei alla ricerca eterna di una risposta su cosa la spingesse a perpetuare quella vita in cui veniva annullata e umiliata dal marito. All'opposto, l' impresario Teddy fu l'uomo che credeva realmente in Frank, sempre convinto che qualcosa di straordinario sarebbe successo, anche negli anni difficili costellati da insuccessi e guarigioni mancate.
Lo spettacolo non è solo il racconto della vita artistica del guaritore Francis Malone, raccontata dal guaritore stesso e dalle due persone a lui più vicine coinvolte nel medesimo percorso, ma è la discreta narrazione, quasi confidenziale e pudica, dei vissuti di ciascuno dei tre protagonisti, caratterizzati dalle cicatrici delle proprie storie personali dalle quali non troveranno mai riscatto. Ed è proprio per salvarci dalla eccessiva sofferenza, che a volte raccontiamo a noi stessi una “storia” più accettabile, perché la verità a volte è soggettiva e non può trascendere dal vissuto di chi la esprime. I tre personaggi racconteranno le stesse vicende, ognuno con l'irripetibilità e unicità delle loro emozioni, difese e negazioni, a tal punto da trasformare lo stesso racconto in tre storie differenti. La drammaturgia di Brian Friel trova la propria tridimensionalità e corporeità nell'allestimento registico di Riccardo de Torrebruna che riesce a creare un'ambientazione densa di significato ed emotività attraverso un'alternanza di luci, ombre ed oscurità. Ognuno dei tre personaggi emerge a turno dalla propria notte per raccontare la sua storia.
Molto di più e di diverso di un monologo a tre voci alternate: i tre personaggi a termine del proprio racconto ritornano poi nella loro penombra senza scomparire dalla scena, quasi per assistere da una dimensione altra alla altrui confessione. Apprezzabile anche l'intervento sui personaggi da cui sono scaturite tre personalità ben definite. Lo stesso de Torrebruna, nei panni di Francis Malone, incarna in modo credibile l'anima umana e tormentata del guaritore, attraverso una recitazione che alterna sofferenza e anaffettività, come chi, per non sentire troppo, si dissocia parzialmente dall'emotività dei contenuti raccontati. Angela Sajeva comunica autenticamente il dramma interiore della “sua” Grace attraverso una recitazione partecipata, mentre densa di sentimenti contrastanti, caratterizzati da divertito stupore e rancori mai sopiti, l'interpretazione di Emilio Dino Conti nei panni dell'impresario Teddy. La pièce tuttavia, apparsa eccessivamente dilatata, ha rischiato di costringere il nutrito e partecipe pubblico ad uno sforzo attentivo supplementare, sfiorando la dispersione delle sue indiscusse qualità.
Simone Marcari
9 novembre 2019