Recensione dello spettacolo Santo piacere, in scena al Teatro Sala Umberto dal 8 al 27 Ottobre 2019
Giovanni Scifoni, noto ai più come personaggio televisivo, è un bravo attore. La sua solida formazione appare evidente al pubblico di Santo piacere, lo spettacolo che si è cucito addosso e che in questi giorni è in cartellone al Teatro Sala Umberto. Oltre a possedere una tecnica con cui padroneggia voce e corpo, calca il palcoscenico con personalità da mattatore e, in più, ha quell’inafferrabile dono che è il carisma, il magnetismo che attrae invincibilmente l’occhio dello spettatore. Giovanni Scifoni è anche un autore dalla penna sicura, di cui si percepiscono la fluidità, la consistenza ed il guizzo mordace.
Da tanto talento ci si potrebbe attendere qualcosa di sorprendente. Ma Scifoni preferisce giocare sul sicuro e costruisce uno spettacolo con carte facilmente vincenti: la sua bravura, una comicità accessibile e un tema buono per tutte le stagioni: il sesso (neanche a dirlo).
Più precisamente Santo piacere affronta il disturbato rapporto con il piacere erotico della generazione di mezz’età. E allora giù, in discesa, con gag sull’irresistibile richiamo ancestrale della gnocca (e mostrarne un po’ non guasta), sull’inadeguata educazione sessuale degli anni ’80 e sui suoi improbabili testimonial (Lupo Alberto), sul ruolo disfunzionale della religione cattolica e dei preti veneti e tante altre amenità, che, ahimè, conoscevamo già sin troppo bene, anche prima di sederci sulla poltrona della Sala Umberto. Fino alla chiosa finale, con l’atteso momento di leggera riflessione e l’assoluzione (meno male) per chi vuole ancora godere dei piaceri della carne.
Il monologo però scioglie la sua unitarietà narrativa in uno zibaldone di riflessioni in rapida sequenza, denunciando quello che più verosimilmente vuol essere: il pretesto per un one man show del suo autore, più attento all’esibizione delle sue capacità (e, perché no, della sua prestanza), che ad una approfondita speculazione sul tema, sia pur in chiave comica.
Nel testo non mancano, in verità, punte più acute. Scifoni gratta, ma purtroppo tiene i piedi ben piantati sulla superficie e non scava. I lampi di ingegno gettano luce sulle sue potenzialità, destando però solamente il rimpianto di, come chi vi scrive, dovrà attendere un’altra occasione per applaudirle.
Santo piacere rimane quindi in una indefinibile terra di nessuno. Scifoni, lo ripetiamo, è un attore, non un cabarettista, ma il suo spettacolo, che magari non è una puntata di Zelig, non è certo A me gli occhi please. Le qualità dell’autore non possono tuttavia nascondersi e, per quello che vuol essere, Santo piacere è comunque ben confezionato e raggiunge il risultato atteso: il consenso. Nella sala gremita, il pubblico di Giovanni Scifoni, fra cui numerosi volti noti, ride ininterrottamente e di gusto (noi un po’ meno) ed applaude a scena aperta il suo beniamino televisivo. Il quale, pur calcando più che degnamente un nobile palcoscenico, non ha dimenticato la lezione televisiva: il successo si misura sui numeri.
Valter Chiappa
11 Ottobre 2019