Recensione dello spettacolo Giulio Cesare in scena al Globe Theatre fino al 6 ottobre 2019
Al centro della scena c’è Roma, la Roma delle Idi di marzo, la Roma di Cesare. Non ci sono sfarzi che ne ricordano le glorie e luci che ne evidenziano la bellezza; solo qualche arazzo, poche fiaccole e un paio di bracieri che illuminano il passaggio di soldati, senatori e indovini. È una Roma buia e macabra quella del 44 d.C. e di queste sere al Globe, squarciata da lampi e temporali improvvisi, lamenti e grida di dolore, incubi e cattivi presagi.
Il bel canto di Melania Giglio inquieta, atterrisce e, come un gemito lungo quasi tre ore, preannuncia e sancisce il noto e triste finale. Del resto, la congiura s’ha da fare. Eppure, non è tutto detto; come accade con i grandi classici e con le opere del Bardo in particolare, c’è sempre qualcosa “di nuovo” su cui riflettere. In Giulio Cesare c’è un filo, quello a cui Daniele Salvo, regista e adattatore del testo shakespeariano, tiene di più. Il filo che lega la Roma imperiale alla Roma moderna e, dalla capitale d’Italia fa il giro del mondo per raccontare gli effetti del potere sull’uomo di oggi e di ieri.
Cesare (Massimo Nicolini) è un dittatore, uno dei più grandi della storia. Con lui si inaugura la fine dell’era repubblicana e l’inizio di quella imperiale. La sua figura è somma espressione del potere cieco e assoluto, del culto della personalità, della manipolazione delle masse attraverso l’uso della retorica e dell’immagine pubblica. In lui l’umanità si dissolve, al punto che ne perdiamo le tracce (una maschera in lattice ne camuffa i tratti). In lui non c’è spazio per la pietà, come ricorda Cassio a Bruto; tuttavia, “l’uomo dai pieni poteri” non esisterebbe neppure, se non incontrasse dall’altra parte un’umanità fragile e manipolabile, pronta a cambiare fazione al primo esercizio di ars oratoria ben riuscito. Ed è proprio attorno al rapporto tra massa e potere che ruota l’adattamento di Salvo; un rapporto in cui ha la meglio solo chi è più forte con le parole, chi, come Marc’Antonio (Graziano Piazza) al funerale di Cesare, non solo trasforma il carnefice in vittima, ma ne sancisce anche l’immortalità.
In realtà, l’elogio di Marc’Atonio non è che la sublimazione del potere (della parola). A ben guardare, ritroviamo questa stessa dinamica in tutti i dialoghi più importanti della pièce: ad esempio, quando Cassio (Giacinto Palmarini) invita Bruto a ribellarsi; quando Portia (Melania Giglio) convince il marito a rivelarle il suo segreto. Il dialogo tra Bruto e Portia è un esempio di esercizio dialettico magistrale, ma è anche l’unico confronto dettato dalla fragilità del cuore e non della mente, oltre che uno dei momenti meglio riusciti e più toccanti dello spettacolo.
Potremmo continuare con il tentativo di Calpurnia (Flavia Mancinelli) di convincere Cesare a restare a casa; o con il discorso con cui Bruto (Gianluigi Fogacci) invoglia Cesare ad andare in Senato e incontro al suo destino.
Il Giulio Cesare di Salvo non è, dunque, la cronaca delle battaglie sul campo, eccezion fatta per la “cinematografica” battaglia di Filippi, ma un viaggio introspettivo nelle menti e nei sogni dei suoi personaggi. È un invito a riflettere sui tempi moderni, su quanto l’istinto a prevalere sull’altro e il desiderio di disporre delle vite altrui si tramandino di padre in figlio, di generazione in generazione, di epoca in epoca, connaturati come sono nella natura dell’uomo. Non è un caso che un solo attore interpreti sia Cesare che Ottaviano; così come non sono casuali i rimandi (della scenografia e dei costumi) a un’altra parentesi buia della storia contemporanea: il fascismo. Segno di quei corsi e ricorsi storici tanto cari a Vico.
Concetta Prencipe
25 settembre 2019
informazioni
Cast artistico
FRANCESCO BISCIONE
SIMONE BOBINI
SIMONE CIAMPI
GIANLUIGI FOGACCI
MELANIA GIGLIO
ALESSANDRO GUERRA
FLAVIA MANCINELLI
ALBERTO MARIOTTI
MASSIMO NICOLINI
GIUSEPPE NITTI
GIACINTO PALMARINI
GRAZIANO PIAZZA
ANDREA ROMERO
CARLO VALLI
Massimiliano Auci, Antonio Bandiera, Andrea Carpiceci, Micol Damilano, Matteo Magazzù, Alessandro Marmorini, Dimitrios Ioannis Papavasileiou, Riccardo Parravicini, Daniele Ronco, Roberta Russo, Giorgia Serrao, Giovanni Tacchella, Luca Viola, Francesca Visicaro
Cast tecnico
Daniele Salvo
Alessandro Gorgoni, Alessandro Guerra
Daniele Salvo
Marco Podda
Daniele Gelsi
Stefano Cianfichi
Umile Vainieri
Franco Patimo, Daniele Patriarca
Michele Guaschino e Makinarium di Leonardo Cruciano
Antonio Bertusi
Melania Giglio
Fabiana Di Marco