Recensione dello spettacolo La teoria del rospo, da un’idea di Monica Maffei e Emiliano De Magistris. Con Emiliano De Magistris, Patrizio Recchioni, Mauro Tiberi. In scena al Teatro Trastevere dal 16 aprile 2019 al 20 aprile 2019
Quando la realtà ci delude e impone di diventare ciò che non vogliamo essere, imbrigliandoci in una fitta trama di doveri senza diritti e in uno spietato paragone con il passato, ci rifugiamo nelle poche certezze acquisite chiedendo loro di nasconderci a noi stessi e al mondo esterno. A volte ci proteggono, altre ci anestetizzano e ci coccolano: le amicizie vere, quelle storiche, sembrano, infatti avere la funzione di disorientarci, di addormentare il tempo, il nostro tempo, dandoci la sensazione di essere infiniti, all’interno di una società attuale che annebbia i traguardi e disperde gli obiettivi.
Chi saremmo dovuti diventare e cosa siamo, sembra essere la domanda implicita che accomuna i tre amici di sempre, alle soglie dei trentanni che condividono da dieci lo stesso appartamento, dove la complicità dell’amicizia sembra fondersi con il senso di incompiuto che caratterizza, con differenti sfumature, i tre ragazzi. Mauro (Mauro Tiberi) vorrebbe scrivere un libro ma sono anni che è fermo a pagina ventisette, Andrea ( Emiliano De Magistris) aspira ad essere un cuoco e nel frattempo è “momentaneamente” disoccupato e si limita a preparare i pasti per i suoi due amici, mentre Carlo (Patrizio Recchioni), autista di autobus, l’unico ad avere un impiego reale, sembra essere l’eterno adolescente in continua ricerca dell’avventura serale, forse per sfuggire ad un presente che impone riflessioni e introspezioni. La complicità e la leggerezza della loro amicizia diviene una difesa per non guardarsi dentro, e nemmeno intorno: ognuno giustifica e dimentica a suo modo la propria insoddisfazione e la mancata autorealizzazione. Ma quando il padrone di casa comunica inaspettatamente di voler vendere l’appartamento che ospita i tre amici, viene a mancare quella sicurezza di accudimento che si pensava ormai acquisita, e nella frenesia di cercare un nuovo alloggio ci si sente disarmati di fronte a uno dei tanti imprevisti della vita.
Emergono le differenze individuali di ciascuno, quelle che in momenti tranquilli vengono sacrificate e compresse in favore dell’armonia di gruppo; ma soprattutto affiorano, forse per la prima volta, domande sulla propria identità in relazione alle aspettative e agli obiettivi iniziali. La tenuta del gruppo vacilla di fronte all’evento critico che costringe ognuno a riconoscersi come individualità separata dall’altro. Ci si ritrova d’improvviso incapaci, inetti, persino ad accendere il pc ed avviare una ricerca per un nuovo appartamento, e ci si accusa a vicenda su ciò che si voleva essere e non si è mai stati.
La regia ad opera della compagnia Versus ha impartito un buon ritmo alla commedia, alimentato e sostenuto da una recitazione complessiva decisamente credibile e di buon livello espressivo. La drammaturgia, ideata da Emiliano De Magistris e Monica Maffei, benchè priva di quella scintilla narrativa che restituisse pienezza e senso di finito alla pièce, ha delineato efficacemente i tratti caratteriali dei tre amici, resi realistici da un accurato intervento sul personaggio atto a contattarne i diversi cromatismi di personalità, offrendo numerosi spunti di riflessione. La vera sfida dei tre ragazzi sembra essere quella di affrontare il mondo, attraverso la differenziazione e l’affrancamento dalla confluenza del gruppo, affermando la propria individualità anche attraverso lo scontro, momento imprescindibile per un incontro nuovo e vero. È necessario differenziarsi per potersi incontrare.
La casa quindi, nell’intenzione degli autori, sembra essere anche metafora di resistenza al cambiamento, come luogo sicuro che ripara dalle incursioni della vita. Cambiare casa vuol dire cambiare se stessi, fronteggiare una novità che trova impreparati. Per tale motivo i tre personaggi sono alla ricerca di un appartamento simile a quello che lasceranno, per non sentire la responsabilità e il dolore del cambiamento che raggiunge il suo apice nel comportamento nevrotico e ossessivo di Mauro, forse il meno attrezzato a sostenere certi abbandoni. Il processo di maturazione dei ragazzi inizia quando cominciano a sentire la loro abitazione velenosa, perchè di fatto ha impedito di percepire il trascorrere del tempo, un tempo scandito dal gracidio di un rospo e da vecchie foto loro all’inizio dell’avventura, diversi negli aspetti, ma tremendamente simili a come sono adesso.
La partecipazione entusiasta di un nutrito numero di spettatori è l’ulteriore riprova che con buone idee si può essere semplici ed efficaci.
Simone Marcari
18 aprile 2019