Recensione dello spettacolo I signori Barbablu di Gerald Verner con Miriam Mesturino e Luca Negroni e con Lucia Ricalzone, Maria Cristina Gionta e Pierfrancesco Mazzoni. Regia di Silvio Giordani. In scena al Teatro Roma dal 26 Marzo 2019 al 14 Aprile 2019
Che non fosse esattamente una coppia di sposi tradizionale lo avevamo subito capito da alcuni comportamenti atipici e frasi equivoche e poco rassicuranti che si scambiavano reciprocamente. D’altronde non sarebbe stata la prima nè l’ultima coppia che si sposa per convenienza...eppure al telefono sono stati così carini, e ad incontrarli dal vivo sembrava stessero talmente bene insieme, da fugare ogni dubbio sul loro amore. Stiamo parlando del sign. Roger Wentworth e di sua moglie Catherine Wentworth (Miriam Mesturino), novella coppia di sposi quarantenni conosciutasi in Svizzera e dopo sei settimane già sposi, limpido esempio del classico colpo di fulmine. Quella che si apprestano a trascorrere in questo delizioso casale della campagna inglese, gestito dalla simpatica e altrettanto invadente vedova, signora Wellington -James, è la loro luna di miele, alla ricerca di silenzio e intimità.
Tuttavia, la relazione della coppia sembra assumere gli aspetti di una convivenza forzata piuttosto che espressione di complicità tra innamorati: i due, in realtà, sono mossi prevalentemente da un interesse altro, quello di ereditare i soldi delle reciproche assicurazioni nell’ augurato caso di decesso, ovviamente accidentale, dell’improvvisato e semi sconosciuto coniuge. È necessario quindi, incoraggiare e favorire la morte di questi per ereditare tutto: azione di cui entrambi si scoprono essere professionisti, vantando un curriculum di sei matrimoni ciascuno, con sistematico decesso del partner di turno. Peraltro ad Elsie, la domestica della signora Wellington - James, persona semplice ma non ottusa, quelle facce non le sono mai piaciute, avendo inoltre identificato il sign. Wentworth con la foto di un famoso pluri omicida presente sul suo giornale, Anche il medico del paese, il dott. Mc Wraith, vecchio amico dell’anziana vedova, ha proprio l’impressione, nonostante lei neghi, di aver già visto la signora Wentwort in Scozia, sospettata di omicidio all’epoca della morte di un suo marito. Solamente l’anziana padrona di casa non riesce a cogliere l’insidia dei suoi ospiti, preferendo invece rimanere con la bellezza della loro apparenza, e non rinunciando mai ad una tazza di tè in loro compagnia. Tra sospetti, timori e ingenuità dei personaggi orbitanti attorno ai signori Wentworth, questi sono intenti ad eliminarsi tra di loro attraverso trappole mortali, spesso raffinate, che per pura casualità non raggiungono mai l’obiettivo prefissato, deviando su altri malcapitati, animali compresi. A volte però succede che ritenerci migliori degli altri ci fa rimanere vittime delle nostra stessa superficialità e presunzione: due elementi umani che, annebbiandoci la percezione oggettiva della realtà, diventano armi mortali scagliate contro noi stessi.
Dimostrazione che la leggerezza non esclude la qualità, la pièce si avvale della drammaturgia dello scrittore inglese Gerald Verner, caratterizzata da uno sviluppo narrativo fluido, scevro di ridondanze e prevedibilità, sostenuta da puntuali ed eleganti interventi registici da parte di Silvio Giordani, atti ad esaltare la ritmica del testo di cui esiste anche una versione televisiva italiana datata 1973, interpretata da Aroldo Tieri e Giuliana Lojodice.
Ben rappresentato il crescente rancore reciproco della coppia che, se dapprima si serve di eleganti e simpatiche metafore per augurare la morte al partner, diviene ben presto preda della frustrazione per la sistematica e fortunata scampata morte di questi. Brava Miriam Mesturino nel trasferire nel corpo e nella parola il crescendo di ironia, rabbia e tensione, a cui si contrappunta il carattere del sign.Wentworth, impersonato efficacemente da Luca Negroni, contraddistinto da una certa calma e paciosità, sicuro che arriverà il...momento giusto. Lucia Ricalzone coglie l’essenza della signora Wellington - James caratterizzandola con simpatiche tinte di ingenua curiosità e moderata invadenza, mentre appare in crescendo l’interpretazione di Pierfancesco Mazzoni, inizialmente sembrato troppo ingessato, per poi restituire la giusta anima al suo dott. Mc Wraith. Simpatica e ben caratterizzata la Elsie di Maria Cristina Gionta, anche se forse poco modulta e troppo stereotipata nelle sue reazioni, sfiorando la prevedibilità.
Di ottima qualità le scenografie, curate da LolloZolloArt, che per l’accuratezza dei dettagli e rifiniture impreziosiscono la pièce restituendo la giusta ambientazione ai dialoghi stessi. L’arredamento sobrio, caratterizzato da mobili e tavoli in scuro legno massello, ed un’ampia finestra da cui si intravede la parte rocciosa del giardino, sembrano accogliere non solo gli attori, ma anche gli spettatori, all’interno di una casa di campagna degli anni ‘50. L’ottima fattura dei costumi, da parte di Lucia Mariani, ben integrati con la scenografia, conferiscono qualità e spessore ad una rappresentazione riuscita. Da sottolineare il grande impegno, ben ripagato, da parte dell’attore Luca Negroni, che in soli quattro giorni è riuscito a dare vita al suo personaggio, originariamente destinato a Pietro Longhi momentaneamente indisponibile.
Simone Marcari
5 aprile 2019