Recensione dello spettacolo Don Carlo andato in scena all’Opera di Firenze per l’80° Maggio Musicle Fiorentino
Giancarlo Del Monaco, figlio del famosissimo tenore, dopo aver messo in scena diverse versioni del Don Carlo verdiano, ha presentato durante l’80° Maggio Musicale Fiorentino questo nuovo allestimento dell’opera.
Per l’occasione l’Orchestra del Maggio è stata diretta, per l’ultima volta dopo trentadue anni, dal maestro Zubin Mehta che con la sua “bacchetta” ha fatto rivivere le arie più famose di questo melodramma con una grande eleganza e facendo sentire il suo inconfondibile tocco.
Del Monaco ha “fatto centro” per la scelta del cast, molto numeroso, tra cui hanno spiccato diversi cantati: Eric Halfvarson (Il Grande Inquisitore) buono nelle note più basse ma eccessivo da un punto di vista interpretativo, Massimo Cavalletti (Rodrigo) e Dimitry Beloselskiy (Filippo II) dal loro bel timbro vocale, Julianna Di Giacomo (Elisabetta) con il suo forte accento incisivo e drammatico. Purtroppo, il pubblico della pomeridiana, ha visto un doppio personaggio di Don Carlo: hanno dovuto infatti interrompere l’esecuzione durante la seconda scena del secondo atto per una indisposizione del tenore Roberto Aronica, che però è stato immediatamente sostituito dal preparato Sergio Escobar. Infine, nel ruolo della principessa di Eboli, gli spettatori hanno lungamente applaudito ed elogiato con moltissimi “brava!” la famosissima Giovanna Casolla, che nelle ultime recite ha sostituito (sempre per una indisposizione) la collega Ekaterina Gubanova.
Sarebbe troppo lungo raccontare la complessa trama in maniera esauriente: siamo nel 1560 in Spagna e si intrecciano sia il filone politico, sia il filone classico fatto di amori e gelosie: Carlo è segretamente innamorato di Elisabetta, che però è diventata la sua matrigna sposando Filippo II.
Per quanto riguarda la messinscena, il regista segue molto fedelmente le didascalie del libretto prendendosi però una grande libertà e “tradendo” il finale dell’opera infatti, mentre quello di Verdi (rifacendosi a Shiller) prevede che Don Carlo venga rinchiuso nella tomba di Carlo V, Del Monaco opta per la morte del protagonista per mano del padre Filippo II, considerando che tra i due non c’è dialogo, ma anzi solo ed esclusivamente odio.
Jesus Ruiz, ha curato i costumi, tutti di gusto classico rifacendosi all’epoca, grazie allo studio della storia dell’arte ed in particolare ai ritratti dei protagonisti. La scenografia, realizzata da Carlo Centolavigna è come si può leggere nel programma di sala: “una “scatola scenica” […] che alle pareti ha una carta geografica, disegnata in oro su nero, che rappresenta l’immenso impero spagnolo, simbolo dunque della sua potenza, che si apre e si chiude, lasciando intravedere altri ambienti: un giardino, una statua di Carlo V, una tomba.” Molto suggestivo è stato il finale del secondo atto, con una grande riproduzione del Crocifisso di Cellini che invade la scena.
Al termine dello spettacolo, dopo lunghissimi applausi per la riuscita dell’opera, il pubblico, l’orchestra, i cantanti ed il coro hanno “salutato” Mehta con lanci di fiori e uno striscione con scritto “Grazie Maestro”.
Gabriele Isetto
15 maggio 2017