Recensione dello spettacolo Due donne in fuga in scena al Teatro Manzoni di Roma dal 28 marzo al 21 aprile 2019
Semplice e leggero. È così che può definirsi il testo di Pierre Palmade e Cristophe Duthuron, Due donne in fuga, portato in scena da Marisa Laurito e Fioretta Mari al Teatro Manzoni di Roma. La prima interpreta Margherita, casalinga da trent’anni e la seconda Clorinda detta Clo. Ambedue fuggono da una vita che si sono ritrovate a vivere senza volerlo, e così unica ancora di salvezza resta la fuga.
Margherita fugge da trent’anni di vita in cui è stata moglie e madre, sacrificando tutta se stessa per la famiglia (in realtà, il suo è stato un matrimonio per allontanarsi dalla madre con la quale non ha mai avuto un buon rapporto) mentre Clo fugge dalla casa di riposo dove il figlio e la nuora l’hanno sistemata dopo la morte del marito. Le due donne si incontrano per la prima volta di notte su una strada statale mentre fanno l’autostop. Margherita indossa un cappotto rosso sopra un vestito nero tempestato di paillettes e ha con sé due valigie al seguito, Clo un cappotto verde scuro sopra una camicia da notte e una piccola borsa. Da questo momento in poi parte uno scambio di battute – anche equivoche – tra le due donne che fa promettere bene la serata, almeno per quanto riguarda la prima parte dell’esibizione. Sul palco abbiamo solo le due interpreti, il cambio delle scene, scarne ma essenziali per immaginare i luoghi e le atmosfere, mutano davanti agli occhi del pubblico tra uno stacco e l’altro. Trattandosi infatti di una commedia che vede le due protagoniste vivere un’avventura, bisogna che la scenografia si trasformi passo passo; l’escamotage di modificarla durante la rappresentazione ha permesso così di raccontare la storia dall’inizio alla fine senza interruzioni e senza intervallo, e senza l’ausilio di calare il sipario. Ciò ha consentito di rendere e vivere appieno il senso della commedia, sentito in primo luogo dalle attrici che sembrava non seguissero neanche il copione, ma che stessero inventando le battute proprio in quel momento; non a caso più volte tra loro è scappata qualche risata, suscitandone altre tra il pubblico.
Ma se, come dicevamo, lo spettacolo parte bene, a metà viaggio/percorso l’attenzione va scemando. L’idea di ambientare l’avventura di Margherita e Clo in diverse zone, paesi e paesaggi è molto carina – in questo senso la scenografia contribuisce molto, come pure il cambio degli abiti – difatti assistiamo a Margherita e Clo dapprima mentre fanno l’autostop, poi arrivano in una fattoria, poi in un cimitero, poi in una casa di altri proprietari e, infine in una cella; solo che alla fin fine lo scambio delle battute diventa sempre uguale, persino prevedibili, come a dire che una volta entrati nel “sistema”, nel “meccanismo” o per meglio dire nella commedia, il plot resta quello senza tanti colpi di scena.
I pregi di questo spettacolo sono quindi le due grandi attrici, i cui nomi, da soli, sono già una garanzia per la sua riuscita, fossero state due interpreti sconosciute dubitiamo che avrebbero sortito gli stessi effetti visto il poco ritmo che caratterizza la commedia, e la scenografia curata da Daniele Cupini che riesce a dare un minimo di movimento e di ritmica al contesto.
Spezziamo un’altra lancia a favore della Laurito e della Mari: il testo, per come si presenta nel suo adattamento, sembra sia cucito davvero addosso alle due attrici che hanno saputo farlo loro e lo hanno ben interpretato.
Nel complesso, una commedia gradevole per chi ha voglia di trascorrere una serata senza troppi pensieri.
Costanza Carla Iannacone
31 marzo 2019