Recensione dello Spettacolo The Dead Dogs in scena al Teatro Argot Studio dal 26 al 31 marzo 2019
Thea Dellavalle e Irene Petris nel riadattamento di The Dead Dogs scelgono di restare fedeli all’autore. Nella traduzione della stessa Thea Dellavalle si evince un attento studio dell’idioma, degli effetti acustici e dei timbri che sono virtù della scrittura di Jon Fosse.
L’ambientazione è stasi torpida, inafferrabile. L’emozione viene respinta, contratta, disseccata.
La scena scarna – tre panche e una fila di palloncini colorati – è colmata da cinque personaggi: il giovane uomo (Giusto Cucchiarini), la madre (Federica Fabiani), l’amico (Alessandro Bay Rossi), la sorella (Irene Petris) e il cognato (Luca Mammoli). Tutti vestiti con abiti colorati, in lotta con la funerea atmosfera.
Il giovane uomo perde l’amato cane e si rifugia nell’inerzia in attesa del suo ritorno. Nonostante i tentativi della madre di spronare il figlio alla ricerca dell’amico fedele, niente accade e nulla si muove. Saranno intenti purtroppo inefficaci. Sebbene più rumorosa, anche lei in fondo è saturata dall’apatia. Né tanto meno la visita della sorella muterà alcunché. Tutto è anonimo, come sono anonimi e pallidi i legami tra i personaggi. Si guarda ma non si vede; si sente, ma non si ascolta; si parla di cambiamento, ma non si compie; si condivide, ma senza empatia.
Se la sostanza emotiva è impercettibile, tuttavia la disfatta che scaturisce dall’incomunicabilità è densa, atterrisce e strema.
Chi sono The Dead Dogs? Sono i legami che dobbiamo rompere per andare Avanti? Le persone stanno davvero bene quando dicono che stanno bene?
È un triangolo famigliare vanificante che non risparmia neppure l’amico d’infanzia e l’odiato cognato. Niente servirà a sovvertire l’inumana indolenza, se non la notizia della morte del cane per mano del ricco vicino di casa. Eppure, la violenza e la rabbia non esploderanno. L’ira non prenderà il sopravvento. Non sentiremo urla di dolore. Nel mutismo ostinato e notturno ci saranno solo occhi glaciali e terra, scavata a mani nude per seppellire l’unico legame autentico. E poi la vendetta silenziosa, lucida. Niente sarà inaudito. La brutalità sarà fagocitata, normalizzata.
La regia è misurata, scandita dall’abile interpretazione di tutti gli attori che riflettono il leitmotiv, ritmico e monocorde, dei loro personaggi. Foto di cani e didascalie perentorie, proiettate sul fondale nero, insieme al disegno luci di Paolo Pollo Rodighero e le musiche buie di Paolo Spaccamonti raggelano lo spettatore.
Tutto è imperturbabile nella poetica di Fosse, eppure tutto scuote e scorre. Il ritmo frammentario, il fraseggiare abulico, i versi intenzionalmente reiterati, le pause interminabili quasi intorpidiscono la platea. La sua scrittura è riservata allo spettatore, anch’esso sfibrato. Esige dall’atto teatrale i corpi, affinché rivelino il non detto, pregio della sua drammaturgia.
Caterina Matera
29 marzo 2019
Informazioni
Spettacolo vincitore del Forever Young 2017/2018- La corte Ospitale.
THE DEAD DOGS
di Jon Fosse
traduzione Thea Dellavalle
con Alessandro Bay Rossi, Giusto Cucchiarini, Federica Fabiani, Luca Mammoli, Irene Petris
progetto della compagnia DELLAVALLE/PETRIS
suono Claudio Tortorici con la partecipazione di GUP Alcaro
musiche Paolo Spaccamonti
luci Paolo Pollo Rodighiero
con il sostegno di Sementerie Artistiche
in collaborazione con Centro Teatrale MaMiMo’