Recensione dello spettacolo Settimo Cielo in scena al Teatro India dal 19 al 31 marzo 2019
La regista Giorgina Pi con la sua versione di Settimo Cielo, opera della drammaturga Caryl Churchill, fa compiere allo spettatore un salto temporale e culturale.
L'opera è ambientata in due periodi storici differenti, nettamente circoscritti in due atti. Nel primo ci troviamo nell'Africa coloniale del 1879, mentre con il secondo ci trasferiamo a Londra nel 1979, periodo in cui è primo ministro la lady di ferro Margaret Thatcher.
Attraverso le vicende di una famiglia inglese, vengono affrontati il tema della sessualità e dell'omosessualità, accentuando ed, in alcuni casi, esasperando tali concetti fino quasi a svilirne il significato profondo. D'altronde, i temi sociali sono elementi tipici del lavoro della Churchill, come anche la riflessione su questioni quali la famiglia, la società e le relazioni di potere che regolano le istituzioni.
Caryl Churchill, da sempre sostenitrice delle tematiche femminili, si serve del primo atto per delineare il ritratto del colonialismo inglese ai tempi dell'epoca vittoriana: la condizione di schiavitù e servilismo, le torbide relazioni, l'estremo rigore per chi si pone “diverso” dalla consuetudine dei costumi di allora. Nel secondo atto, invece, si ribella al rigore imposto in quel tempo dalla Tatcher, l'affermazione della donna e della sua indipendenza, il sesso vissuto liberamente dai legami sociali e dalle istituzioni che impongono determinati schemi.
Per accendere l'attenzione dello spettatore sui temi trattati, Settimo Cielo presenta volutamente delle estremizzazioni nella rappresentazione, riprese anche nella versione diretta da Giorgina Pi.
Gli attori in scena interpretano personaggi di sesso opposto al loro ed indossano abiti completamente avulsi dal contesto storico in cui è collocata l'opera, avvicinandosi piuttosto alla realtà circense, al grottesco.
Durante le due ore, interrotte solo da un intervallo necessario per i cambi scenografici, si assiste ad uno spettacolo dove l'eccesso è la parola chiave. Tuttavia, il rischio che si corre nell'estremizzare certi temi è che perdano di significato profondo, lasciando lo spettatore disorientato nell'interpretare ciò a cui sta assistendo. Non aiutano neanche i momenti musicali, realizzati live sul palco, che sicuramente rianimano l'attenzione, ma che risultano essere poco coinvolgenti.
Obiettivo dell'opera, scritta in un'epoca connotata dal rigore morale, vuole essere un'aperta denuncia alla libertà d'espressione della propria sfera sessuale e all'indipendenza femminile che ancora ai giorni nostri stenta ad affermarsi.
Oggi, portavoce di quella ribellione raccontata è Giorgina Pi che, in collaborazione con l'Angelo Mai, porta in scena uno spettacolo esagerato nei toni e nella mimica.
Carmen De Sena
23 marzo 2019