Recensione dello spettacolo: Eravamo tre amici al bar, con Gianfranco D’Angelo, Sergio Vastano e Tonino Scala. Regia di Mario Scaletta. In scena al teatro Roma dal 12 marzo 2019 al 24 marzo 2019
Da sorseggiare come un buon caffè, lo spettacolo vede in un tavolo del “solito” bar il ritrovo di tre amici di vecchia data che, in un’attesa Beckettiana, aspettano Giuseppe, il quarto amico e loro impresario: “vecchia sola” ed eterno debitore. Gianfranco D’Angelo e Sergio Vastano, entrambi romani, nei panni di se stessi, oltre ai loro percorsi professionali al Drive In ricordano con ironia e comicità episodi tipici della loro città, sempre meno riconoscibile e al contempo uguale a se stessa nei suoi paradossi. I due, ironicamente provocati dal terzo amico, il musicista siciliano Tonino Scala che fatica a comprendere la Città, cercano di raccontare i mille colori della Roma attuale comparandoli ad un passato più prevedibile e logico. Ma il bar, si sa, è luogo in cui il pensiero vola libero e sarebbe improprio trovare una logica o causalità nella concatenazione degli argomenti che sembrano materializzarsi da un mondo altro.
Così, in mezzo ad una battuta ed una risata emerge, apparentemente dal nulla, una riflessione seria, di sofferenza, frutto di risonanze personali, che si contrappunta con la leggerezza dell’istante precedente, anch’essa fotografia fedele dei mille risvolti dell’umana essenza. Con la stessa repentinità con cui nasce la gag, emerge d’improvviso anche l’altra faccia della comicità, quella che ci invita alla riflessione, facendoci assaporare il retrogusto della battuta, mai troppo avulsa dalla realtà quotidiana. Lo stile dei dialoghi ricalca quello della tradizione comica romanesca, che ha nell’immediatezza dissacratoria della battuta la sua essenza, dotando lo spettacolo di un buon ritmo che, privo di passaggi interlocutori, rimane costante per tutta la durata dello stesso. A diversificare lo spettacolo, Tonino Scala, nella doppia veste di attore e cantante, arricchisce con note musicali il bel clima di complicità tra lui e i suoi due amici, accompagnandosi con le tastiere e non rinunciando a duettare con Sergio Vastano.
Ciò che emerge è la genuinità dell’atmosfera confidenziale che circola tra i tre artisti che, ben diretti da Mario Scaletta, autore anche dei dialoghi, hanno saputo trasmettere, anche con il non verbale, quella sensazione di amicizia consolidata che permette di capirsi senza troppe parole e di esprimersi senza filtri, certi della comprensione dell’altro. La pièce infatti è per prima cosa una storia relazionale tra amici di sempre che mettono in compartecipazione le loro prerogative e diversità, divenendo prototipo della piccola comitiva nella quale è sempre presente l’amico che canta e suona, quello con più parlantina e quello più bersagliato da scherzi e battute.
Apprezzabile quindi la presumibile scelta registica di definire a matita i tratti caratteriali dei singoli artisti, lasciando che poi fossero gli stessi ad armonizzarsi reciprocamente. Le caratteristiche della partitura scritta sembrano diversificate e personalizzate: infatti, mentre Vastano e Scala recitano parti più dense di elementi relazionali e preparatori alla gag, D’Angelo ha il compito di amplificare e commentare comicamente quanto allestito in precedenza dai due, come in un rapporto tra attore e spalla.
La statura artistica di Gianfranco D’Angelo e la sua recitazione maiuscola, in termini di naturalezza, tempi comici e mimica, hanno aggiunto spessore ad una rappresentazione già per natura gradevole. Inoltre, l’attore ha saputo nascondere con maestria alcune friabilità del suo copione comico che, con alcune battute riprese da vecchie barzellette, è sembrato in alcuni passaggi più adatto ad un ruolo da “solista”. Intensa ed efficace, invece, la scrittura quando diviene esistenzialista ed introspettiva. Questa, sostenuta da un’alternanza di gradazioni luminose che ben assecondano il cambio della tonalità emotiva, seppur affidata prevalentemente a D’Angelo, coinvolge efficacemente anche Sergio Vastano in un’ alternanza di chiaro scuri tipici dell’animo umano.
L’appagamento del pubblico, in termini di divertimento e spunti di riflessione, testimonia come si possa allestire uno spettacolo valido rimanedo nella semplicità.
Simone Marcari
21 marzo 2019