Recensione dello spettacolo I mille pezzi, in scena al al teatro Studio Uno dal 14 al 31 marzo 2019
Domani non saremo migliori, saremo solo più complicati
(I mille pezzi di Marco Andreoli)
Alla prima dello spettacolo “I mille pezzi” di Marco Andreoli ci si attende un palcoscenico affollato per raccontare i mille frammenti dell' Io di Massimo Cantera, andato in frantumi dopo essere stato abbandonato dalla moglie.
Eppure, in scena troviamo solo tre attori che, destreggiandosi con pochi elementi scenici - due sedie, un tavolo ed una panca - cercano di raccontare quello che accade quando si viene colpiti da un grande dolore, quale appunto l'abbandono da parte della persona amata.
I mille pezzi è un'opera rimasta nel cassetto per circa otto anni e chiude una trilogia iniziata nel 2006, quando Andreoli ha portato in scena Compendio Generale con la sua compagnia Circo Bordeaux. Tre anni dopo, viene realizzata Singapore.
Come afferma l'autore stesso, lo spettacolo porta in scena la storia di un uomo e della sua persona: spezzettata, frantumata come un vaso caduto in mille pezzi.
Ogni frammento rappresenta l'addendo di una somma. Tuttavia, ci si chiede se il risultato di tale addizione sia effettivamente la personalità del protagonista o qualcosa di più complesso. Di diverso.
Si tratta della storia di un'identità che, cedendo al dolore, si rompe in mille parti di sé.
Lo spettacolo idealizza la memoria connessa all'abbandono, dove esaltare il passato fa parte di quel processo che segna l'esistenza dopo un addio sofferto e che rappresenta lo spartiacque tra ciò che è stato e ciò che resta.
Benchè l'argomento trattato nello spettacolo imponga una certa serietà e drammaticità, I mille pezzi ha offerto anche momenti leggeri, dando un po' di respiro allo spettatore che è riuscito, in alcuni momenti, a sorridere insieme al protagionista del suo dramma. In modo particolare, quando si alternano le mille identità, rese in modo magistrale dai cambi espressivi di Alessandro Porcu e grazie anche alla complicità del buio che ha scandito i tempi e i passaggi di tutta la rappresentazione, abituando lo spettatore ad attendersi, al suo sopraggiungere, ad un cambio di registro o a qualche colpo di scena che non è mancato durante lo spettacolo.
Con le loro interpretazioni gli attori hanno saputo rendere personalità decisamente diverse tra loro: le varie identità di Massimo Cantera (Alessandro Porcu); lo schivo e sfuggente Mino (Gabriele Linari) e la comprensiva dottoressa (Susanna Valtucci). Tasselli di un racconto di cui lo spettatore è invitato, al termine, a ricomporne il significato profondo.
I mille pezzi è un'opera che lascia il segno soprattutto perchè ci chiama ad interrogarci sulla complessità dell'animo umano, su quanto un dolore possa incidere sull'esistenza di ciascuno di noi e sull'inevitabile smarrimento del nostro Io.
Carmen De Sena
16 marzo 2019