Recensione dello spettacolo Papà perché lo hai fatto? con Maurizio Battista scritto da Alessandra Moretti con la collaborazione di Mariano D’Angelo. In scena al Teatro Olimpico dal 5 al 31 marzo 2019
I paradossi e l’asetticità dei tempi attuali fanno rimpiangere la poesia e la semplicità di quelli passati, dove l’unico rammarico è quello di scoprire di essere stati felici senza saperlo. È questo uno dei temi impliciti attorno a cui ruota il divertente spettacolo di Maurizio Battista, attore solista ma al contempo spettatore che, con un sorriso agrodolce, commenta gli eccessi e le inutilità del mondo attuale che spesso ci costringono a guardarci indietro per ritrovarci. Il titolo dello spettacolo riprende la domanda che la figlia dell’attore ha realmente posto a lui sulla necessità di partecipare al Grande Fratello, ma a ben guardare è metafora che riguarda tutti noi, artefici, a volte, di scelte errate che hanno contribuito alla deriva della società attuale.
La struttura dello spettacolo è quella già collaudata negli anni, con il povero pubblico delle prime file preso sin da subito di mira per non essere particolarmente reattivo, e divertenti commenti sui rapporti di coppia dove è sempre l’uomo a soccombere, spesso anche fisicamente. La brillante comicità di Battista si muove per opposti, contrapponendo la profondità alla leggerezza e il passato al presente, esasperando, fino al paradosso, le incongruenze della vita quotidiana. Queste raggiungono il loro apice nel delirio, per esempio, delle chat di gruppo di scuola, oppure nel sopravvento massiccio di Amazon che ha creato un tale via vai di pacchi, che pur di non sentire il suono del citofono, conviene direttamente dare le chiavi di casa al corriere. Che nostalgia per quelle madri italiane di una volta che, tenendoli due in una sola mano, accompagnavano a piedi i figli a scuola! E che asetticità quelle di oggi, sopra enormi Suv tanto più grandi quanto più piccoli sono i figli da accompagnare. In un’epoca passata, in cui non esisteva ricchezza, era vivo il senso dello stare insieme: al mare ci si andava con tutta la famiglia su una ansimante Fiat Cinquecento, anch’essa fiaccata dal caldo, con un borsone frigo che conservava il cibo preparato rigorosamente a casa. Ora invece si è preda di rapporti liquidi e di mancanza di condivisione: in una attualità in cui anche la temperatura dell’aria condizionata delle macchine è personalizzabile, ognuno è una realtà a sè stante. La scenografia, con luci brillanti e schermi al plasma, su cui si alternano prevalentemente immagini eteree, dona spessore e luminosità alle gag di Battista realmente intenzionato a condividere il proprio pensiero e sgomento, quasi a cercare nel pubblico una soluzione all’attuale stato di cose. Non è casuale, infatti, che alcune sequenze comiche, benchè datate, vengano riproposte ad ogni esibizione, perchè nuclei di un tema nostalgico molto caro allo stesso attore.
Molto gradita l’elegante incursione della moglie del comico, Alessandra Moretti che, in veste di cantante, ha duettato con il marito in una canzone riguardante l’amore nella coppia. Nella seconda parte dello spettacolo, all’insegna dell’improvvisazione e della ricerca di contatto, l’attore ha riproposto vecchie gag assecondando le numerose richieste del pubblico. Lo stile comico di Maurizio Battista improntato sull’immediatezza della battuta, riflesso della genuinità della persona e veicolo per raggiungere tutti, contiene diversi registri cromatici che vanno dalla trovata geniale e profonda alla battuta più terrena sfiorante il greve. Ma è proprio tale dissonanza tra le diverse anime della comicità a speziare la performance di brillantezza ed imprevedibilità, sorprendendo il pubblico decisamente entusiasta e divertito. Le tematiche proposte da Battista hanno un sapore semplice e veritiero allorchè riflettono esperienze realmente vissute dall’attore, a volte caratterizzate da sofferenza e difficoltà. Per tale ragione, spesso anche le battute più leggere hanno comunque una loro corporeità e un motivo di essere, rintracciabile in quel retrogusto malinconico che solo un’esperienza vissuta può realmente restituire.
Lo spettacolo, decisamente riuscito, pur arricchendosi di nuove e convincenti trovate, è risultato, nel complesso, ancora eccessivamente affezionato e sorretto da gag oltremodo riproposte nel corso degli anni dallo stesso Battista che, grazie alla sua bravura, ha solo rischiato di restituire nel pubblico quella sensazione del già visto. È sembrata mancare, a volte, quell’audacia necessaria per creare un prodotto nuovo senza per questo snaturarsi.
Commovente, profondo e delicato l’ultimo momento dello spettacolo in cui Battista dedica una poesia alla madre Anna, scomparsa nel 1980, per la quale il dolore dell’artista sembra essere rimasto immutato negli anni. Incredibile la coincidenza di come il mese e il giorno e l’ora della morte della madre corrispondano a quelle della nascita della figlia, Anna, appunto.
Simone Marcari
15 marzo 2019