Recensione dello spettacolo Scapezzo in scena al teatro Vascello dal 19 al 21 maggio 2017
Non è semplice recensire Scapezzo. In realtà, neanche volevamo recensire Scapezzo, me semplicemente perché, molto probabilmente a Scapezzo nulla importa di essere recensito. Leggendo qua e là vi sarà già caduto l’occhio su titoli come “Quando l’umorismo nasce dal caos”, onestamente, è parso più un ribaltamento di questo assunto: quando dall’umorismo nasce il caos.
Nicola Vicidomini, artista napoletano apprezzato per le sue comparsate radiofoniche con Nino Frassica e per le sue performance in tv (vedasi la voce Colorado, o anche non vedasi, dipende dai gusti), “sa il fatto suo” e delle volte riesce a raccontarlo per bene, altre… meno. Di materiale ne porta in scena – sul palco del Teatro Vascello che ha registrato i sold out nelle giornate di venerdì e sabato 19 e 20 maggio e una discreta affluenza domenica pomeriggio – a iosa proponendo una vasta gamma di maschere contemporanee che fuggono dal rigor di logica, stravolgono la logica del rigore, ricorrono agli stratagemmi dello sketch “a braccio” lì dove il verbo lascia spazio al verso. Si danna l’anima, il corpo, il cervello e lo spirito Vicidomini sul palco e questo è il maggior merito di Scapezzo che svaria da una canzone da lui scritta e interpretata, oltre che musicata ed ideata ad una battuta costruita per essere decostruita. Frantumata in mille pezzi la gag, messo alle corde l’umorismo, ribaltato il concetto causa-effetto della comicità, quello che arriva agli spettatori sono…sputi: e agli spettatori piace!
Ricorda Rezza? A tratti (spunto gli sputi dal “mi ricorda Rezza” e vado avanti…). Tracce di Lillo e Greg? Ben vengano. Assoli di assurdità alla Frassica? Innegabile. Spruzzate di Albanese qua e là (più per il rimando guttural-vocale del celebre “Frengo”, s’intende) e tanto, ma tanto, made in trash costruito a suon di Colorado e b-movie dell’italiota commedia tutta “spaghetti” e macchiette con le improvvisate del caratterista Italo Vegliante (detto la Pantera Rosa) che con la sua chitarra e il suo stravagante rockabily ce lo ricorda.
La maschera di Scapezzo è l’alter ego di Vicidomini o una parodia dell’ego altro di una società che è proprio quella che l’attore porta in scena? La sbeffeggia? No. Ci si mescola dal basso, talmente sguazzandoci a proprio agio che, una volta ambientato non può più fare a meno di inoltrarvisi, decidendo, sua sponte, di scandagliare sempre più a fondo.
«Il più grande comico morente», si dice di lui. «io in quanto uomo vado contro me stesso, in quanto animale faccio la cacca in miezzo alla via (...)» ci dice, lui. Un corto circuito poetico del fallimento, senza alcun approdo, in bilico tra pièce e show ci dicono per lui. Al pubblico piace. A Scapezzo il suo pubblico piace. Problema matematico, risolto: d’altronde Scapezzo non è un’opinione. D’altronde Scapezzo o faceva teatro o faceva “Scapezzo”: ha fatto Scapezzo a teatro.
Federico Cirillo
24 maggio 2017